“Who Killed Harry Houdini”, la recensione
Sicuramente gli I’m From Barcelona ce li ricorderemo come una delle cose migliori uscite da questi anni, perchè rappresentano la summa, un piccolo bignami della felice incoscienza indie pop che la Svezia ci ha regalato. Allegri, infantili, naif, capaci di trasformare un concerto in una stramba festa colorata, così la band si è fatta conoscere
Sicuramente gli I’m From Barcelona ce li ricorderemo come una delle cose migliori uscite da questi anni, perchè rappresentano la summa, un piccolo bignami della felice incoscienza indie pop che la Svezia ci ha regalato. Allegri, infantili, naif, capaci di trasformare un concerto in una stramba festa colorata, così la band si è fatta conoscere con il loro primo “Let me introduce my friends“.
Due anni dopo il supergruppo – parliamo di 29 elementi fissi – torna con l’ennesimo gioiellino, e con il coraggio di guardare oltre le melodie facili fatte da campanelle e ukulele. Il bambino sta crescendo, parecchio bene anche, ma comincia a farsi le prime domande o forse i primi piccoli dolori ne hanno smorzato l’infantile entusiasmo.
Certo, in questo “Who Killed Harry Houdini” non mancano gli inni alla felicità pop: brani come “Paper planes” , “Headphones” o “Mingus” ci riportano sul loro personale pianeta spensierato. Ma una lieve malinconia è calata sul gruppo di Emanuel Lundgren. E lo dimostra “Andy”, un dolcissimo brano corale che sinceramente non ti aspetti in apertura del disco.
Ma sono brani come “Music killed me”, “Gunhild” o “Little ghost” a farci comprendere appieno il cambiamento avvenuto nella band, come se Lundgren, dopo essersi costruito la sua casetta sull’albero, ci si fosse rifugiato a riflettere sul senso della sua vita e di quella dei suoi amici.
Non manca un episodio sorprendente come “Houdini”, una bellissima botta rock ennesima piacevole sorpresa di questo album che ormai adoro. Insomma, un disco molto più completo del precedente, più vario, più maturo. Un album che si prende un 8 e mezzo buono e che li vale tutti.
Certo, non è facile ascoltare questi ragazzi. E non perchè siano particolarmente complessi i loro brani, anzi! Ma perchè non tutti riescono a decifrare la loro particolare visione dei sentimenti, dell’amore e dell’amicizia. Bisogna essere un po’ dei bambini mai cresciuti e avere ancora un po’ di Peter Pan dentro, per gli altri sono solo musichette. Ma è un album che tutti dovrebbero ascoltare, fatelo e non ve ne pentirete.