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Sanremo 2012: commenti sulla prima serata

Sanremo 2012: le opinioni sulle canzoni della 62esima edizione del festival

pubblicato 15 Febbraio 2012 aggiornato 30 Agosto 2020 16:52


“L’amore ci salverà” recita uno degli slogan di Sanremo 2012. A conti fatti, dopo aver assistito alla prima serata, viene facile replicare che niente e nessuno potrà salvarci da questo scempio (al massimo i Maya con la fine del mondo da loro predetta – eh si: fa sempre comodo citarli in caso di disastri). Vogliamo illuderci, vogliamo crederci, ogni anno speriamo che qualcosa possa cambiare, “stiamo uniti” (tanto per citare Gianni Morandi) restando incollati davanti alla tv giorno dopo giorno … ma nulla. La storia è sempre la stessa. Anzi, mi sbaglio quando dico che le cose sono sempre uguali. Sarebbe meglio dire “di male in peggio”.

Non c’è più speranza per la musica italiana e purtroppo, visto che Sanremo è pur sempre lo specchio del nostro sound, non possiamo nemmeno circoscrivere questa considerazione alla kermesse in se per se. Se prendiamo Eros, Tiziano o Laura, che pur dovrebbero portare alto il nostro nome all’estero, ci accorgiamo che nemmeno con loro la musica cambia: siamo tutti figli del Festival e, volenti o nolenti, ci facciamo tutti influenzare dal suo difetto più grande. Qual è? La non evoluzione, il campare di rendita, la cristallizzazione in schemi fortunati che, una volta consolidati, pretendono di campare sulle stesse caratteristiche non volgendosi all’evoluzione, al futuro.

E se magari c’è un X Factorino o un Amico a voler fare progredire le cose, intervengono subito le majors che mettono a tacere la spinta avanguardista per ricordare a tutti che siamo un popolo di vecchi. Tutta questa premessa per dire che le canzoni di Sanremo 2012 sono l’ennesimo buco nell’acqua, l’ennesima delusione, l’ennesima causa che ti far venir voglia di gettare la spugna e di convertirti definitivamente all’esterofilia.

E pensare che ancora non si è fatto riferimento alcuno alla categoria Sanremo Social, quella dei cosiddetti “giovani”, che più di tutte, viste le proposte di quest’anno, ti far venire voglia di appendere le scarpe al chiodo.

Perchè non si vuole osare, perchè non si ha coraggio? Perchè vogliamo farci ricordare esclusivamente per l’impero romano? Non sta a me fare considerazioni del genere ma anche in politica accade lo stesso effettivamente. Quindi se tanto mi da tanto non risulta difficile capire perchè la cultura tricolore, tra cui quella sonora, abbia queste caratteristiche.

Eppure la rabbia è tanta perchè di talenti evoluti, moderni e ricchi di appeal giovanile nel nostro territorio non mancano. Youtube, la “strada” ed i contest di paese sono pieni di artisti/professionisti che hanno qualcosa di nuovo da dire. Non si pretende nemmeno tanto: potremmo accontentarci anche di un andamento come quello degli inediti di quest’ultima edizione di X Factor per tirare un sospiro di sollievo. Questi però sono dei pochi lampi di luce che lasciano il tempo che trovano, purtroppo. Anche un andamento stile Eurofestival potrebbe starci bene. Ammesso il trash e la banalità electropop che molto spesso contraddistingue questa gara europea, non sarebbe ad ogni modo peggiore del “vecchiume” vigente nella nostra competizione nazionalpopolare.

E la cosa che fa più ridere è un Morandi che annuncia i Marlene Kuntz o un Eugenio Finardi come rocker all’avanguardia senza conoscere, probabilmente, nemmeno il nome dei Foo Fighters; fa ridere pure che una delle canzoni più belle, quella di Nina Zilli, abbia lo stile retrò proprio degli anni ’50; ed ancora … fa ridere il tentativo di unione di Gigi D’Alessio e Loredana Bertè che, a causa della cattiva amalgama vocale, nulla centrano l’uno con l’altro (questi esperimenti acchiappa pubblico nulla fanno guadagnare alla nostra musica); oppure, giusto per fare un altro esempio “sincero” e infelice, fa ridere vedere Arisa spersonalizzarsi per aderire alla norma sanremese.

Ma la cosa che più provoca sconcerto è la pigliata per i fondelli dei giovani big (i reduci dai talent). Ci aspettiamo qualcosa in più da loro, almeno per una questione anagrafica. Ed invece come ci ripagano? Considerando testi impegnati e perdendo completamente di vista l’aspetto sonoro. Quest’atteggiamento sottende un tentativo “paraculo” che serve solamente ad ingraziarsi la critica ed un pubblico più “colto” (non inteso in senso stretto) allontanando un audience più pop/popolare. E’ come se volessero fare i vecchi dimenticando di essere appena maggiorenni. Ma a pro di che? Pensano che siamo ciechi- sordi? Non si rendono conto che ci accorgiamo della loro poca credibilità?
Avremo anche una lunga tradizione di bravissimi parolieri (ed in questo si deve fare un plauso alla nostra cultura cantautorale che ancora continua) ma non ci si può dimenticare di considerare che una canzone è prima di tutto – questa è opinione personale – nota, suono, armonia. Se non si coltiva soprattutto questo aspetto col cavolo che possiamo andare avanti equiparandoci ai canoni internazionali che tanto sviluppo portano (poi vabbè, anche in questo caso potremmo aprire altre discussioni su cui avanzare perplessità e disappunti visti i recenti sviluppi copia/incolla).

Ho appena riguardato i voti da me elargiti durante il liveblogging e mi sono reso conto di alcune sufficienze regalate. Cosa mi è accaduto? Mah, non so. Forse la voglia di pensare che qualcosa potesse essere migliore di come si presentava, l’illusione che un first listen potesse non rendere giustizia. Dopo aver riascoltato i brani la consapevolezza è una sola: fa tutto (o quasi) schifo e la retorica è una delle cause principali. D’altronde anche il post che state leggendo non brilla per originalità concettuale (ed è pure prolisso). Io in questo caso me ne lavo le mani ed attribuisco la colpa ai pochi spunti di riflessione che la musica italiana contemporanea concede. Siamo tutti vittime di questo sistema.

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