Uscite discografiche Gennaio 2012 (1° parte): recensioni
Recensioni nuovi album di Cloud Nothings, Matt Elliott, Field Music, Maria Antonietta, Guided by Voices, Steve Aoki e tanti altri…
Cloud Nothings – Attack On Nothing : i Cloud Nothings hanno “buzzato” parecchio sul finire del 2010 e l’inizio del 2011 in vista dell’uscita dell’omonimo disco (che si beccò un 6 e mezzo). Ad un anno esatto di distanza da quello che in realtà non è l’album di debutto (esiste anche il raro “Turning On” del 2009), Dylan Baldi e compagni tornano con “Attack On Nothing” un disco che fin dalle prima battute dà l’impressione di essere un punto d’arrivo (e di partenza?), riuscendo a convogliare in modo più convincente le intuizioni precedenti. Sembra di tornare indietro di 20 anni, quando il rock veniva stravolto da diverse rivoluzioni qui ben sfiorate (post-hc, noise, grunge, indie e persino post-rock di prima manieraslowcore nella bella “No Future/No Past”). Troviamo (neanche tanto) lontani riferimenti alle stonature di scuola Pavement, alle chitarre dei Sonic Youh e ad un certo emo (quello buno..) alla Cap’n Jazz e The Van Pelt. Produce Steve Albini. Promossi. (z.) Voto: 7
The Weeknd – Echoes of Silence (2011) : 3 album/mixtape gratuiti nel giro di un anno per il grande nome del futuro del r&b. Con “House of Balloons” ha fatto innamorare tutti, con “Thursday” ha confermato il prorio talento e con “Echoes of Silence” dimostra di poter puntare realmente in alto (l’ottima cover, intitolata “D.D.”, di “Dirty Diana” di Michael Jackson è un chiaro segnale). Certo, l’atmosfera e l’impatto di “House of Balloons” rimangono per il momento ineguagliati e in alcuni passaggi sembra chiaro che in futuro il ragazzo dovrà sapere variare maggiormente il reparto melodico (impressione che può essere dovuta anche dalla quantità industriale di materiale proposto in così poco tempo), ma poche storie… 3 su 3. Ora non rimane che fare tre per tre e aspettare la prova del nove, quella del vero album di debutto. (z.) Voto: 7
Field Music – Plumb: l’album della “o la va, o la spacca” per i Field Music. Giunti alla quarta prova la band inglese raggiunge la maturazione definitiva e si gioca il tutto per tutto con un album non troppo dissimile da quanto già proposto ma cona maggiore propensione verso il contenuto “progressive”. Prog-pop caratterizzato da intrecci strumentali e da tempi ricercati (avvolti di tanto in tanto da eccessi barocchi) e da una durata media delle canzoni decisamente bassa (solo 1/3 dei brani supera i tre minuti). Tra gli episodi più riusciti la progroovy “A New Town”, il drumming ’70s di “Start The Day Right” e le sfumature tra Talking Heads e XTC di “I Keep Thinking About (A New Thing)”. (z.) Voto: 6+
Matt Elliott – The Broken Man : l’ex The Third Eye Foundation (progetto elettronico anni ’90 tra ambient e d&b) torna con l’ultimo album di una carriera piuttosto intensa e vagamente confusionaria: “The Broken Man”. Uno dei modi migliori per iniziare questo 2012, sette brani di cantautorato intimista che regala grande spazio ad introspettivi e lunghi arpeggi acustici, lasciando alla voce (comunque bella ed evocativa per quanto spesso sussurrata… addirittura ricorda De Andrè a tratti) un ruolo marginale. Bel disco. (z.) Voto: 7+
Guided by Voices – Let’s Go Eat the Factory : si dice che Robert Pollard abbia scritto più di 1000 canzoni… beh, c’è da crederci considerata la quantità di materiale (anche solista) pubblicata in quasi 30 anni di carriera. “Let’s Go Eat the Factory” è il sedicesimo disco dei Guided by Voices, il primo da lungo tempo a questa parte (2004). Come suonano i Guided by Voices del 2012?? Sicuramente meno lo-fi di quanto lo erano nel periodo d’oro di “Bee Thousand” e “Alien Lanes”, ma comunque ancora in forma. Un po’ mestieranti certo e su 21 velocissime tracce veramente poche sono quelle che finirebbero un una top50 dei brani migliori dei GBV. Però alla fine è bello che ci siano ancora… (z.) Voto: 6/7
The Big Pink – Future This: Usciti bene sulla scia dei Glasvegas con il debutto “A Brief History of Love”, anche per i The Big Pink è arrivato il momento cruciale del secondo album. Un passaggio che alcuni artisti decidono di affrontare con coraggio con album ambiziosi, i Big Pink invece con “Future This” fanno un grande tuffo in direzione pop music: fin dalla super-produzione sono chiare le velleità mainstream del gruppo londinese. Pop music dai ritornelli appicicosi e antemici da cantare in coro (e qui già la vecchia “Dominos” aveva tracciato la via) coadiuvati da sonorità synth-based di origine eighties (in “Lose Your Mind” volevano chiaramente imitare i Duran Duran… non si spiegherebbe altrimenti una tale somiglianza). A modo loro hanno osato: “Future This” è un disco che rischia di far pedere alla band parte del target di riferimento del primo disco (indie e hipsteriadi) e allo stesso tempo non è detto che riesca a fare breccia nei gusti della massa. O la va o la spacca. (z.) Voto: 6
Maria Antonietta – Maria Antonietta : Giorno dopo giorno l’hype attorno a Maria Antonietta è aumentato esponenzialmente (non prendete come riferimento i pochissimi fan su Facebook, all’interno di un certo ambiente nelle ultime settimane non si parla d’altro). Classe ’87 e dotata di una vocalità molto caratterizzante, tanto da poter essere confusa con una versione hipster di Giusy Ferreri (o nel migliore dei casi della Consoli), Maria Antonietta racconta le sue storie con convinzione ma allo stesso tempo con una naturale leggerezza. Nulla di veramente interessante, sia a livello di testi (siamo alle – ormai – solite menate esistenziali) che ad un livello musicale che viene messo in secondo piano a favore del personaggio della “tipina” (modello Cosentino), che obiettivamente mancava alla scena “indie” italiana post-Brondi. La cosa più preoccupante (non tanto per lei, ma per l’obsolescenza vagante del pop italiano) è che se andasse a Sanremo farebbe persino un figurone. (z.) Voto: 5/6
Tenhi – Saivo (2011) : capaci di trovare la propria e personalissima versione del neofolk (sicuramente diversa da quella maggiormente marziale di Death In June o Rome), i Tenhi continuano per la loro strada anche in Saivo, album che arriva a cinque anni di distanza dall’acclamato Maaäet. Qui entrano dosi di prog folk a particolareggiare i rituali finnici della band di Helsinki, donando al Tenhi-sound nuove sfumature alle oscure atmosfere a cui ci hanno abituati. Ancora una volta un disco destinato soprattutto agli amanti del genere (e a chi capisce la lingua), ma decisamente valido. (z.) Voto: 7
We Have Band – Ternion : il secondo album… una prova che prima o poi devono affrontare (quasi) tutti gli artisti. Una prova difficile, soprattutto se ti chiami We Have Band e arrivi da un debut (per qualche settimana) piuttosto chiacchierato lanciato da un viral video (“Divisive”). Con “Ternion” si mettono in gioco: seppur non distaccandosi troppo dalle sonorità dell’esordio, risaltano alcuni segni di maturazione (la simil-Foals secondo album “Shift” e la simil-Foals primo album “Where Are Your People?”, piuttosto contagiosa) ed in generale la band si muove comunque con agilità all’interno delle due estremità, eighties-electropop e indie rock ’06, lasciando però qualche dubbio sull’effettivo valore del progetto. (z.) Voto: 6+
The Internet – Purple Naked Ladies (2011) : c’era abbastanza hype attorno al debutto del progetto The Internet, se non altro per la curiosità di vedere uscire dal collettivo OFWGKTA (Tyler, The Creator & co) qualcosa di non propriamente rap. The Internet è un duo Syd Tha Kyd and Matt Martians che si muove su territori trip&b (“Fastlane”), smooth-black (“They Say”) e più in generale beat hip-hop anni ’90 sui quali si insinuano, spesso in modo vellutato e vagamente psichedelico, melodie soulful con le collaborazioni di artisti dello stesso giro (Left Brain, Mike G…). Non è un brutto esordio, ma sono troppi pochi gli episodi degni di nota. “Purple Naked Ladies” è un disco che nasce e muore ora e qui, ma apprezzo questa voglia di mettersi in gioco con proposte di questo tipo, alla loro età. (z.) Voto: 6+
Caroline & The Treats – Saturday Night Rock and Roll : va bene che il rock è anche divertimento, ma qui c’è esclusivamente quello (e solo se si ha meno di 20 anni). Powerpop/Punk-pop/Virgin-rock&roll senza nessuna pretesa sul quale starazza l’ex-porno star Caroline Andersen… utile solo se avete un figlio teenager che deve dare una festa in casa. (z.) Voto: 4
Steve Aoki – Wonderland : amo il Giappone (il padre di Steve Aoki era del sol levante) e non ho disprezzato la collaborazione con gli italiani Bloody Beetroots in “Warp”, ma in “Wonderland” non c’è ben poco da salvare. Il passaggio da personaggio di culto a personaggio super commerciale qui avviene tramite collaborazionicon gentaglia come i LMFAO. I passaggi hard-house o leggermente coraggiosi vanno cercati con la lente di ingrandimento, mentre prevale un’accozzaglia dance-pop che non porta da nessuna parte. (z.) Voto: 5
Clementino – I.E.N.A. (2011) : uscito sul finire del 2011 “I.E.N.A.” era uno degli album rap made in Italy più attesi (almeno per quanto mi riguarda) degli ultimi tempi. Dico “era” perchè ammetto di essere stato in minima parte deluso dal risultato finale. Aspettative troppo alte? Forse… ma dopo alcuni memorabili freestyle e un pezzo per certi versi clamoroso come “La Mia Musica” (qui presente), tutto era possibile. Clementino è un genio del flow, unico e personalissimo grazie anche alla cadenza che non nasconde l’origine partenopea, spesso utilizzata per realizzare metriche fuori dal comune piuttosto che come puro esercizio di stile, ma in “I.E.N.A.” (Io E Nessun Altro) non sempre tutto riesce a convincere al 100%, pur rafforzando ulteriormente il personaggio Clementino. Se dovesse raggiungere il successo di alcuni colleghi meno talentuosi che pasteggiano in classifica, sarebbe decisamente meritato. (z.) Voto: 6/7
Alcest – Les Voyages De l’âme: Francia come french touch, Francia come indie-idols come Phoenix e M83 ma anche Francia come blackgaze. Il sottogenere derivante dallo shoegaze e dal black metal più atmosferico infatti ha trovato i suoi alfieri nei francesi Amesoeurs, Les Discrets e soprattutto Alcest. “Les Voyages De l’âme”, caratterizzato come al solito da un artwork evocativo, segna una nuova svolta “clean” di Neige e compagni: growl praticamente assente e una maggiore concentrazione verso le melodie. Melodie dreamy intrappolate nel caratteristico, distorto e avvolgente soundscape della band, vanno a creare atmosfere oniriche di tutto rispetto. Ai puristi black forse non andrà giù e forse è leggermente monocorde, ma se sapessimo volare tra le nuvole, “Les Voyages De l’âme” sarebbe un ottimo compagno di viaggio. Bon voyage. (z.) Voto: 7
Howler – America Give Up : diciamoci la verità un certo tipo di “indie rock” ha rotto da almeno tre anni. Eppure puntualmente ogni tanto spunta fuori il gruppetto gggiovane di turno che prova a proporsi con le solite sonorità NME-friendly. Proviamo a guardare un attimo al futuro: magari l’azzeccatto singolo “Back Of Your Neck” passerà per un annetto nei locali indie di mezzo mondo, ma poi? Chi si ricorderà dell’ennesimo gruppo di questo tipo? Per ora facciamo finta di essere ingenui e lasciamo il beneficio del dubbio va… (z.) Voto: 6
Enter Shikari – A Flash Flood of Colour : unire metal(core) e truzzo-sound è sempre stata la prerogativa degli Enter Shikari, sin dal singolo “Sorry, You’re Not a Winner” (2006) che per qualche mese li aveva trasformati nei nuovi Arctic Monkeys a livello hype via Internet. Non sorprende quindi che il passo successivo (dopo il dimenticabile secondo disco) sia stato quello di andare a fare un salto all’interno della moda aggro-dubstep (“Arguing With Thermometers”) variando nel parentame drum&bass (“Sssnakepit”), in pseudo uk-rap (“Constellations”) e in soluzioni eleCtro-acustiche (“Slatemate”). Un disco con i suoi momementi belli esplosivi, ma difficile consigliarlo a qualcuno che ha superato i 20-25 anni….(z.) Voto: 5,5
Tribes – Baby : tutto, o quasi, ruota attorno al singolone “We Were Children”, vero e proprio anthem pop-rock che ci riporta indietro di almeno quindici anni. Il loro misto di brit-rock e alt rock da stadio è figlio diretto della stagione d’oro del movimento, una proposta che al giorno d’oggi può risultare “solamente” piacevole (e lo è… in almeno metà dei brani), regalando qualche sprazzo di nostalgia (a chi quegli anni li ha vissuti) e qualche inno giovanile per le nuove generazioni. Se questo vi può bastare, “Baby” può andare più che bene… (z.) Voto: 6,5
Trailer Trash Tracys – Ester : è passato un po’ di tempo dalla release del singolo “Candy Girl”/”You Wish You Were Red” (quest’ultimo un mix di Best Coast, Twin Peaks-mood sul giro di basso di Baba O’Riley), da allora si erano perse le tracce dei Trailer Trash Tracys. Nell’album di debutto “Ester”, fuori per la Double Six, gli inglesi sono alle prese con un alt-pop multicolor che riempono con un po’ di tutto: oltre ai due brani già presentati, troviamo il dream-gaze degli immancabili My Bloody Valentine in “Strangling Good Guys”, il freaky-prog nell’opener “Rolling – Kiss the Universe”, l’art-pop di “Starlatine” e la retro-psichedelia aggiornata in digitale di “Engelhardt’s Arizona”. Nel complesso sicuramente interessante… riuscito? Non del tutto. (z.) Voto: 6/7
M+A – Things.Yes (2011) : indietronica sognante made in Italy Voto: 7 (z.)
Raleigh Moncrief – Watered Lawn (2011) : sperimentazioni a-ritmiche tra psichedelia art e post-indie Voto: 6/7 (z.)
Common – The Dreamer/The Believer: ritorno su buoni livelli, dopo il disastroso “Universal Mind Control”, per uno dei pesi massimi del rap Voto: 6/7 (z.)
Ani DiFranco – Which Side Are You On? : sempre apprezzabile, ma presenziano un po’ di more of the same e un po’ di noia Voto: 6,5 (z.)
Rob St. John – Weald : se Editors o The Vaccines suonassero dimesso folk Voto: 7- (z.)
Subwave – Subwave: copertina in stile SBTRKT, ma qui siamo sul drum & bass Voto: 6+ (z.)
The Maccabees – Given To The World: meno diretti che in passato, ma al terzo giro il loro pop/rock difetta ancora di lampi di genio Voto: 6,5 (z.)
The New Law – The Fifty Year Storm: discreto tentativo di unire elettronica (trip-hop, downtempo) e spruzzi di world music Voto: 6,5 (z.)
ASAP Rocky – LiveLoveA (2011) : uno dei nomi hip hop da seguire attentamente in futuro Voto: 7 (z.)
The Little Willies – For The Good Times : secondo step per il side project country-americana di Norah Jones, mestiere puro Voto: 6 (z.)
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LEGENDA 2012
10: la perfezione… non esiste
9: capolavoro, fra i migliori di sempre
8: grandissimo disco, probabilmente destinato a rimanere nella storia
7: album di buon livello, manca solo quel qualcosa che lo renda veramente memorabile
6: discreto, passa abbastanza inosservato… innocuo
5: disco trascurabile, banale e poco degno di nota
4: album completamente inutile
3: disco dannoso, difficile trovare di peggio.
2: neanche Justin Bieber
1: …
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