The Dead Daisies a Milano: foto e commenti dal concerto al Fabrique, 2 Luglio 2022
Glenn Hughes ha salvato la serata dei Dead Daisies, che si sono trovati a suonare in 3 per il pubblico di Milano.
I Dead Daisies sono un supergruppo australiano, nato dalla mente di David Lowy. Nei loro 10 anni di storia hanno cambiato tantissime lineup con stelle sempre diverse del firmamento hard rock mondiale, ma Lowy è sempre rimasto un punto fisso. Fa quindi strano quando, a sorpresa, per il concerto di Milano la band si è presentata come “power trio” senza David – verrà poi spiegato che il chitarrista australiano è dovuto tornare a New York per una emergenza medica, ma che i Daisies hanno voluto proseguire con il tour, perché tenevano troppo al pubblico europeo.
Questo, vale per i fan dei Dead Daisies (e per spiegare perché nelle foto si vedono 3 musicisti e non 4 o 5), ma c’è un’altra cosa che è sembrata essere chiara al concerto di Milano: probabilmente ben più della metà del pubblico era composta da persone che volevano godersi da vicino una esibizione della “Voice of Rock”, ovvero il signor Glenn Hughes, il nuovo cantante dei Dead Daisies, la cui fama e personalità rischia di eclissare l’intero supergruppo.
Per i passati concerti italiani dei Dead Daisies c’erano sicuramente i curiosi che volevano vedere i musicisti originali dei Guns N’Roses o dei Whitesnake, o la voce dei Motley Crue rivalutata dalla saggezza degli anni, ma ora sembra chiaro che il pubblico si divida fra chi magari è rimasto deluso dall’uscita di John Corabi e Marco Mendoza, e chi invece ha iniziato ad ascoltare la band proprio grazie all’uomo che li ha sostituiti, ovvero Hughes. La band sembra esserne consapevole: infatti se in passato non erano mai proposte cover dei cantanti o musicisti in lineup, questa sera si sono potute ascoltare ben due pezzi dei Deep Purple Mark III.
E’ un bene? E’ un male? Questo sta alla band (e a Lowy) deciderlo, ma di sicuro a livello di concerto, è stata una cosa decisamente piacevole ascoltare Glenn alzare i vocalizzi di Mistreated e Burn.
Il suo carisma si estende anche alle altre canzoni nel repertorio della band, anche se ovviamente l’attenzione è puntata sul nuovo disco Holy Ground, penalizzando gravemente le perle estratte da Revoluciòn e Make Some Noise.
Alchimia con Doug Aldrich ce n’è parecchia, anche se si sente la mancanza di una seconda chitarra, e a tenere unito tutto c’è il ritmo di Brian Tichy alla batteria, anch’egli veterano degno di nota.
E’ stato un concerto piacevole, come sempre lo sono quelli dei Dead Daisies, ottimo per un buon sabato sera al fresco di un club mentre fuori fa un caldo infernale.
Una menzione la meritano gli opener della serata, Sandness: il trio italiano ha il look giusto, il carisma giusto, la giusta alchimia, l’aria di chi ha passato molto tempo in studio a raffinare tutti riff e il modo di muoversi sul palco, e anche le canzoni giuste. Fossero nati all’estero, dopo 10 anni di attività e buona musica sarebbero headliner sul palco rock di qualche mega-fest. Ma almeno, anche loro ci hanno allietato il sabato sera, e saran rimasti nei cuori e nelle orecchie dei presenti.
The Dead Daisies a Milano: la scaletta del concerto
Long Way to Go
Unspoken
Rise Up
Dead and Gone
Radiance
Mexico
Bustle and Flow
Fortunate Son (Creedence Clearwater Revival cover)
Drum Solo
Mistreated (Deep Purple cover)
Shine on
My Fate
Like No Other
Holy Ground
—–
Midnight Moses (The Sensational Alex Harvey Band cover)
Burn (Deep Purple cover)