Abbiamo sempre bisogno di “Un atto di rivoluzione” come quello di Diodato
In un mondo musicale con fanciulle desiderose di borse preziose, di “señorite” col lato B parlante e di dissing tra un elemento A e un elemento B, ascoltare “Un atto di rivoluzione” di Diodato è come aprire la finestra e respirare a pieni polmoni.
In questo tempo storico dove siamo circondati da pezzi che narrano di fanciulle desiderose di borse preziose, di “señorite” col lato B parlante e di dissing tra un elemento A e un elemento B, ascoltare “Un atto di rivoluzione” di Diodato è come aprire la finestra e respirare a pieni polmoni. Il cantautore ha pubblicato il nuovo singolo e ne ha parlato così:
“Perché siamo qui? La risposta è semplice e forse anche per questo così difficile da accettare. Vogliamo emozionarci, vogliamo continuare a sentire, vogliamo condividere, raccontarci, stringerci attorno al fuoco e riconoscerci per ciò che davvero siamo. È ciò che da sempre mi guida, è ciò che mi ha aiutato a capire chi fossi, a capire gli altri, a provare a mettermi nei loro panni, a rispettarli. Potrà sembrare banale ma, ancor di più oggi, è per me un atto di rivoluzione”
“Ma forse raccontarsi un’emozione è ancora un atto di rivoluzione” canta Diodato ed è proprio in queste poche parole che trova il fulcro e il senso il nuovo singolo del cantautore.
Premessa: questa non è una scontata critica ai pezzi rap/trap che sono ai primi posti delle classifiche. Ci sono, piaceranno, alcuni sono orecchiabili, molti sono tutti uguali nel significato, ma viva la libertà di ascolto e finché avranno successo, è giusto accettarlo e alzare le mani. Non può nemmeno essere un discorso da “boomer”, al massimo da uno della “generazione x” se proprio devo essere catalogato.
Ma “Un atto di rivoluzione” è un pezzo che, nel suo canto e nella sua costruzione musicale, davvero sembra rivoluzionario. Riflette su ciò che ci circonda (tra cronaca nera e internazionale) ma vuole rifuggire da retorica e pietismo. Lo dice apertamente: “Lo so sono soltanto altre parole, Disperse tra miliardi di persone”. Ma ascoltare queste parole e l’evidenziare l’importanza di cantare un’emozione, oggi, più che mai, appare quasi una ribellione.
Ai primi posti dei brani più ascoltati e venduti ci sono personaggi che vantano conti in banca invidiabili e ritmi e stili di vita hollywoodiani. Si gongolano nel sentirsi i migliori, raccontano i loro guai giudiziari come fossero medaglie al valore e prendono le distanza di una vita inizialmente difficile e oggi dorata. E chi ascolta si sente anche un po’ lo str0nzo di turno che fa i conti fra bollette e affitti/mutui. Ma tant’è.
Nella maggior parte dei casi – non sempre, non generalizziamo – parlano solo ed esclusivamente di loro stessi. Un perpetuo Onanismo di marche, lusso, macchine che sgasano e autotune che diventa megafono per il loro “cash”.
Per questo, raccontarsi, aprire lo sguardo al mondo che davvero è reale e ci circonda (e va ben oltre le risse e ronde da quartierini dei bad boyz) oggi assume il sapore di qualcosa di sovversivo. Basterebbe alzare gli occhi e porsi qualche domanda che vada oltre se stessi. Basterebbe, appunto, sapersi emozionare per altro da se stessi.
Per questo motivo, evviva la rivoluzioni e le ribellioni come quelle di Diodato.