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Nada Surf, la Luna che unisce tutti: intervista con Matthew Caws

Matthew Caws ai microfoni di Soundsblog parla non solo del nuovo disco dei Nada Surf, ma anche della relazione con suo padre e con suo figlio, e del suo attaccamento alla scena punk…

3 Dicembre 2024 13:13

I Nada Surf sono in giro da oltre trent’anni, rappresentando una crescita personale per il cantante Matthew Caws, le cui canzoni sono cresciute con il passare del tempo: partendo dai feeling estivo/adolescenziali di Popular nel 1996, si arriva alle composizioni più riflessive presenti su Moon Mirror, il nuovo disco uscito da poche settimane.
L’atmosfera è sempre allegra, ma i pensieri si fanno più profondi: abbiamo parlato proprio con Matthew, pochi giorni prima dell’arrivo dei Nada Surf in Italia, il 7 Dicembre alla Santeria Toscana di Milano.

Partiamo dal titolo del nuovo album: che cos’è un Moon Mirror, uno specchio lunare? Di cosa si tratta in realtà?

E’ un’idea che ho avuto nel cuore della notte durante una fase di insonnia, ho digitato le due parole sul mio telefono per ricordarmi questo concetto: la Luna è l’unico oggetto al mondo che tutti gli esseri umani hanno visto almeno una volta nella vita. In tutti questi secoli, in tutte le latitudini del mondo, la Luna è sempre lì, è sempre la stessa e tutti noi la vediamo nello stesso modo. E’ un oggetto che ci unisce.
Certo, potresti dire che anche il Sole ha quella funzione, ma in realtà non puoi guardare il Sole se non per pochi secondi, mentre la Luna puoi ammirarla per ore, ed è molto più romantica.
C’è un detto secondo il quale quando guardi l’acqua, vedi il tuo subconscio. Io penso che ci sia qualcosa del genere con la Luna. La vedo come uno specchio, la guardiamo di notte, quando siamo portati ad essere più riflessivi verso ciò che stiamo provando.

E’ una descrizione molto interessante, mi chiedo perché, allora, la copertina dell’album non mostri unicamente una enorme Luna piena come artwork? Nella copertina si vedono i riflessi della Luna, ma non il nostro satellite!

In realtà se guardi bene c’è. E’ piccola, ma c’è. Con la copertina volevo solo catturare quella sensazione malinconica di cui parlavo prima, la predisposizione ad usare la Luna come uno specchio quando la notte ci sentiamo soli e pensierosi.

Componi musica da oltre 30 anni, ti sei anche impegnato con qualche side-project. Cosa ti spinge a continuare a creare nuova musica?

È semplicemente una cosa che mi viene naturale quando ho tempo ed energia, ma devo anche ammettere che l’energia non sempre arriva. Ho avuto un po’ di alti e bassi, ma quando mi sento pieno di energie, le idee arrivano da sole.

Ritieni che il tuo processo creativo sia cambiato nel corso di tutti questi anni?

Posso dire che adesso sono un po’ più organizzato, ora che ho una famiglia. In realtà il processo è lo stesso: non ho realmente idea di cosa sto facendo, ma quando sento che arriva l’ispirazione mi limito a suonare qualcosa, di tanto in tanto mi emoziono davvero per una sequenza di note e inizio a inseguirla. Ma il fatto è che quando ero più giovane e non avevo una famiglia, potevo inseguirla tutta la notte, mentre adesso non posso farlo perché ho bisogno di alzarmi presto per i miei figli, il che rende il processo creativo un po’ più strutturato, mi concedo certi orari o spazi della giornata.

L’album precedente dei Nada Surf è uscito durante le prime fasi della pandemia di Covid, quindi era stato composto e registrato prima dei lockdown, ma alcuni dei testi erano perfetti per quel periodo. So che tutti leggono ciò che vogliono nei testi, ma in alcune canzoni si parlava di empatia, di stare insieme, cose del genere: sono stati testi molto utili, per chi li ascoltava stando chiuso in casa e sognando di tornare ad abbracciare i propri cari.
Questo nuovo Moon Mirror è stato influenzato direttamente dalla pandemia, invece?

Ho iniziato a scrivere nuove canzoni subito dopo la fine della prima ondata di lockdown, e forse sembrerà strano da dire, ma ero di buon umore: avevo trascorso tutto quel tempo con mio figlio molto piccolo. Era la prima volta in 25 anni che stavo a casa per un periodo così lungo, ed è coinciso con le prime fasi della crescita di mio figlio, così ho potuto seguirlo da vicino.
Ovviamente vorrei che il casino del Covid non fosse successo e vorrei che nessuno si fosse ammalato o che fosse morto, e le persone non avessero perso il proprio posto di lavoro, ma per me, segretamente, c’è stato un lato buono. Il cambiamento più grande nei testi per me negli ultimi anni è proprio che la mia vita personale diventa sempre più stabile e in realtà sempre più felice.

E’ bello sentir parlare della tua relazione con tuo figlio – da un certo punto di vista sembra rispecchiare quella che avevi con tuo padre: so che era un grande fan dei Nada Surf, che ascoltava in anteprima le vostre incisioni. Ma ti ha sempre incoraggiato con la carriera musicale, o agli inizi storceva un po’ il naso verso le tue passioni?

No, devo dire che i miei genitori mi hanno sempre sostenuto, anche se all’inizio trovavano un po’ difficile comprendere cosa facesse loro figlio con quella musica punk rock e le persone che frequentava. Ma con il passare degli anni sono arrivati ad accettare e anche incoraggiare la mia passione artistica.

Mi fa piacere che tu abbia utilizzato il termine “punk rock” per descrivere la vostra musica – spesso siete associati ad ambienti indie-rock o quello che in America è chiamato “radio rock”, ma io vi ho sempre visti bene nella scena punk.

Non mi sono mai curato molto delle etichette, ma comprendo quel che dici, e anche io mi sono sempre visto più come punk rocker, più che altro perché quelli erano i miei ascolti in gioventù. Ti dico una cosa: a volte quando qualcuno cerca di fare conversazione e scopre che sono un musicista, quando arriva il momento di chiedermi che musica suono io dico che siamo come dei Beatles meno bravi a suonare. Sembra umiltà, ma in realtà chiunque sia bravo a suonare sarà sempre meno bravo dei Beatles. E in ogni caso, è una descrizione che vuol dire tutto e niente.

Prima parlavi di quanto tu ti sia goduto il tempo a casa con tuo figlio e la famiglia: come affronterai l’imminente tour, che ti porterà anche in Italia il 7 Dicembre?

A livello concettuale, pensare di andare in tour sta diventando sempre più uno sforzo. Però poi non appena sono sul tourbus, e meglio ancora non appena metto piede sul palco, comprendo che questa è la cosa che mi piace fare di più al mondo. Suonare le mie canzoni, sentire il pubblico che le canta, l’atmosfera che si crea. Adoro la mia famiglia, ma adoro anche stare in tour. Adesso però prendiamo impegni per tour di 2-3 settimane, se facciamo il giro del mondo lo facciamo con lunghe pause in mezzo.
Abbiamo già suonato la parte americana del tour, il mese scorso, ed è stato bello perché la gente sta già apprezzando le nuove canzoni. Sono sicuro che anche in Italia ci sarà una bella atmosfera, ci siamo sempre divertiti con voi.

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