Home Festival di Sanremo Sanremo 2020, intervista Fasma: “Mi fa abbastanza schifo pensare alle mie canzoni come un prodotto”

Sanremo 2020, intervista Fasma: “Mi fa abbastanza schifo pensare alle mie canzoni come un prodotto”

Sanremo 2020: Blogo intervista Fasma, in gara tra le nuove proposte con il brano Per sentirmi vivo.

pubblicato 5 Febbraio 2020 aggiornato 20 Febbraio 2021 13:23

Fasma partecipa al Festival di Sanremo 2020 nella categoria Nuove Proposte con il brano Per sentirmi vivo. Blogo l’ha intervistato per voi. Ecco cosa ci ha raccontato.

Siamo alla vigilia del tuo esordio. Sei pronto?

Bisogna essere pronti.

Facciamo un passo indietro: nel backstage di questa intervista abbiamo parlato di Sanremo Giovani e dei problemi audio che avevi avuto e di come te l’eri cavata. La seconda cosa che mi aveva colpito è che, rispetto a tutti gli altri, durante l’esibizione il pubblico ti aveva applaudito. Cosa hai pensato? Quello non è il tuo pubblico abituale…

Mi sono sentito capito. Quando canto esprimo di più di quando parlo. Credo che sia la mia condanna e la mia fortuna più grande. Perciò, in quel momento, quando ho sentito il calore delle persone, mi sono sentito di essere nel posto in cui dovevo stare. Le persone stavano capendo quello che stavo provando in quel momento. Ogni volta sto cercando di migliorarmi un po’, di abituarmi alla telecamera. Io sono il primo giudice di me stesso. Io non mi piaccio, non sono mai contento, perché dentro la mia testa vorrei veramente spaccare, vorrei poter dire:”Cavolo, ho fatto un’esibizione a livello di tutto quello che sto facendo”. C’è gente che fa il cantante da anni. Io non mi sento un cantante. Ci sono duemila fattori che non puoi controllare e che non ti devi far controllare da loro. Devi andare sul palco con la consapevolezza che qualsiasi cosa succeda sta uscendo perfetta nella tua testa. 

La tua canzone ha un messaggio che sembra molto semplice nella sua complessità e un ritornello che arriva subito, tant’è che la seconda volta che l’hai fatto la gente già lo sapeva e lo cantava.

Non faccio musica con la consapevolezza che il ritornello funziona. Non mi piace vederla in questa maniera. Mi fa abbastanza schifo pensare alle mie canzoni come un prodotto che deve essere perfetto come la gente se lo immagina. La canzone era così che doveva essere, perché era così che l’avevo dentro. Vedere che le persone la cantano e che arriva è una cosa in più, bella, ci mancherebbe, ma è nato tutto con molta naturalezza.

Tutta la giuria all’epoca ti promuove e ti arriva anche il commento di Gigi d’Alessio che ti dice che tu sei più bravo senza autotune e tu hai detto: “Vi sorprenderò”. Come ci sorprenderai?

Gigi d’Alessio è una di quelle persone da cui bisogna solamente imparare, perché è nel settore da molto più tempo di me. Io sono appena arrivato. Non mi sento di sapere. Bisogna ascoltare e portare a casa la critica, perché se una critica è costruttiva io sono il primo ad ascoltarla. Il suo commento mi ha fatto realizzare qualcosa di molto vero: in quella esibizione c’era un autotune molto molto presente. Abbiamo cercato di portare molta più naturalezza, abbiamo cercato di rendere questo autotune non “sopra” di me, ma una bella parentesi all’interno dell’esibizione…. si spera. Perché magari poi arrivo là…

E maledirai di non avere tutto quell’autotune…

No, spero di no. Anche a Capodanno (al concerto su Rai1 N.d.Sounds) abbiamo provato a fare quei piccoli accorgimenti ascoltando le critiche costruttive che sono state fatte.

A Capodanno in piazza, al freddo e al gelo…

Però è stato bello, perché cantare col freddo, quando stai sul palco ti sale il calore…

Arriviamo all’oggi: siamo alla vigilia. Cosa ti aspetti da Sanremo? A prescindere dalla vittoria o dalla sconfitta che cosa vuoi portarti a casa da questo Festival?

Mi vorrei portare più consapevolezza di me. Vorrei sentirmi una persona che riesce a fare un’esibizione e non che ogni volta sia un terno al lotto. Più consapevolezza di ciò che faccio e facciamo ogni giorno, che crediamo in qualcosa e che non è tutto nella nostra testa.

E’ la tua psicanalisi la musica?

Totalmente, perché mi ha fatto pensare molto di ogni cosa. Mi sento lo psicologo di me stesso. Ho riflettuto sul mio passato quasi come se lo dovessi studiare. Questa musica mi ha dato la possibilità di psicanalizzarmi, di vedermi in maniera oggettiva e soggettiva, riuscendo a farmi uscire delle parole che erano dentro di me e che magari io non accettavo.

Cosa deve fare un giovane oggi per sentirsi vivo e far sentire vivi gli altri intorno?

Secondo me deve vivere nel vero senso della parola. Viene descritto un futuro, ma anche un presente molto fermo, e la nostra generazione è descritta come radicata su finti valori. Uno per vivere deve iniziare a partire da se stesso, deve avere dei valori in cui crede e deve avere il coraggio di tirarli fuori ogni giorno. Perché non è per niente facile oggi giorno vivere con dei valori forti. Mi sento che nella vita con il mio team stiamo portando avanti valori importanti come l’amicizia, un valore importantissimo. I giovani devono credere in ciò che fanno, alzarsi a guardarsi allo specchio e trasformare quella rabbia che cova dentro loro per riuscire a spiccare, utilizzare quella rabbia che li tiene fermi per riuscire ad andare avanti. Un po’ come questa canzone per me.

Tu hai detto prima che sei il primo critico di te stesso. Come giudichi la realtà che hai intorno a te? Hai paura? Hai fiducia nei giovani?

Non avevo fiducia nella realtà perché me la descrivevano in una determinata maniera, ma da quando abbiamo iniziato a cambiarla mi fido, mi fido del fatto che questo mondo può essere ancora un trampolino per chiunque. Lo fa per dei sistemi senza valori, ma può farlo anche a dei sistemi con dei valori. Ritengo che la generazione di cui faccio parte possa veramente cambiare le cose. Riesco a vedere questa volontà anche negli occhi dei miei amici. Non ti nego che prima l’ho pensata totalmente in maniera opposta. Se non fosse stato per la musica credo che avrei perso. Perso nel senso che non avrei vissuto con i valori in cui credevo. La musica mi ha dato la possibilità anche di portare avanti tutto questo.

Ti faccio l’augurio di portare te stesso nel mondo e questa sera sul palco dell’Ariston e di stupire chi ti ascolterà da casa.

Spero che coloro che mi ascolteranno siano felici di quello che vedranno!

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