Sanremo 2020 e il “non caso” Junior Cally: ecco perché i rapper non devono scusarsi di niente
Sanremo 2020, Junior Cally, il caso Skioffi ad Amici: ecco perché nel rap, non esiste il problema misoginia.
Si potrebbe usare una citazione sempreverde di un grande indimenticato del cinema italiano, Massimo Troisi: “Io sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci tu”.
La citazione calza a pennello con ciò che è accaduto negli ultimi mesi ad alcuni esponenti del rap italiano, una polemica che, ciclicamente, ritorna prepotente non solo per quanto riguarda il movimento rap di casa nostra ma anche per quanto concerne il rap a livello mondiale.
Negli ultimi mesi, tralasciando polemiche del medesimo tipo che hanno trovato spazio sui media negli anni passati, abbiamo assistito ad un tribunale televisivo dell’Inquisizione, che ha visto protagonista l’ormai ex concorrente di Amici 19, Skioffi, cantautore con un passato da rapper/trapper “trash”, come si è definito egli stesso durante i suoi tentativi di discolpa (riguardanti la canzone Yolandi, un brano paragonabile alla celebre Kim di Eminem) ai quali abbiamo assistito durante le prime puntate di quest’edizione del talent show di Maria De Filippi, e al “non caso” Junior Cally, tra i Big della prossima edizione del Festival di Sanremo, nel quale la lotta alla presunta misoginia di alcuni testi scritti in passato dal rapper romano (il riferimento principale è alla canzone Strega), in realtà, nasconde scontri di tipo politico interni alla Rai e nient’altro.
Facendo finta che il problema misoginia nel rap esista (poiché non esiste nel modo più assoluto), partiamo da un concetto chiaro e diretto: le persone di qualunque tipo, politici, attivisti, artisti, giornalisti o semplici ascoltatori, che accusano certi rapper di misoginia sono francamente insopportabili ma i rapper che avvertono il bisogno di doversi scusare, procedendo con le dichiarazioni di rito, rischiano di diventare ancora più insopportabili dei loro accusatori.
Le scuse a capo chino, il fatto di dover procedere con giustificazioni pubbliche implica due conseguenze non da poco: il rinnegamento della produzione musicale incriminata (non c’è nulla di male a disconoscere artisticamente alcuni prodotti realizzati in passato, come Skioffi ha sostanzialmente fatto con Yolandi durante l’ultima puntata di Non è l’Arena, a patto che il concetto venga espresso in maniera esplicita) ma soprattutto la legittimità delle accuse ricevute.
Il concetto è semplice: se un artista si scusa, allora, le accuse avevano ragione d’essere (quando, in realtà, non è così).
A questo punto, riprendiamo la citazione di Troisi con la quale abbiamo aperto il pezzo.
Nel rap, un certo tipo di testi va contestualizzato: esiste lo storytelling (come nei film o nelle serie tv), esiste l’interpretazione di un personaggio, esiste l’immedesimazione, esiste l’empatia ed esistono anche le iperboli, le allegorie, le metafore…
Spostando il medesimo discorso, e le medesime accuse, verso un altro registro artistico, è come dire che Gomorra – La Serie inneggia alla criminalità organizzata (un’accusa folle).
Si tratta semplicemente di testi di canzoni, di espressioni artistiche: il cantante, come l’attore, recita e la stesura di un testo non va interpretata obbligatoriamente come una seduta psicoanalitica o come una confessione religiosa.
Chi lo capisce, bene, chi non lo capisce, oltre a procedere con un tentativo naturale di argomentare le proprie ragioni (senza scusarsi) e di provare a far cambiare idea all’accusatore, semplicemente, amen.
Anche il conduttore Amadeus è cascato nella trappola con le dichiarazioni fraintese, e facilmente interpretabili, su Francesca Sofia Novello, fidanzata di Valentino Rossi: nonostante l’equivoco sia stato soddisfacentemente chiarito, gli accusatori hanno proseguito imperterriti con la loro opera.
Oltre a parlare strettamente di misoginia, occorre anche analizzare il rapporto, ancora non ben definito, tra rap e Sanremo.
Ci affidiamo alle parole di J-Ax che, ospite a Che tempo che fa, ha colto il problema alla perfezione:
A mio figlio farò ascoltare tutto il rap anni ’90 che piace a me, il gangsta rap. Dicono cose assurde, altro che le cose che fanno discutere ora a Sanremo. Ma gli spiegherò il background e il contesto in cui nasce questa musica, come bisognerebbe sempre fare con l’arte secondo me. L’arte nelle canzoni non può avere l’arroganza di educare. Non credo ci siano dei limiti e non credo che una manifestazione che abbia bisogno del rap per restare attuale si possa lamentare poi dei cliché del rap.
Il fatto, inoltre, che Junior Cally sia stato toccato dalla polemica e lo stesso non sia avvenuto con Marco Masini, che, in Bella St*onza, cantava “Mi verrebbe di strapparti quei vestiti da put*ana e tenerti a gambe aperte finché viene domattina” (per la cronaca e a scanso di equivoci, anche Masini non deve scusarsi assolutamente di nulla), fa giungere alla conclusione che, quella alla quale abbiamo assistito in questi giorni, è stata una polemica innescata in malafede che si rivelerà, o già si è rivelata, puntualmente una bolla di sapone.