Zucchero Fornaciari, album DOC: conferenza stampa in diretta
La conferenza del nuovo album di Zucchero, D.O.C., in diretta. Tutta le dichiarazioni.
Venerdì 8 novembre uscirà in tutto il mondo D.O.C., il nuovo album di Zucchero. Sugar Fornaciari torna a distanza di 3 anni e mezzo dal precedente disco, e lo fa con un album composto da 11 brani e 3 bonus track. D.O.C. è disponibile in tre versioni: DC, doppio vinile e doppio vinile speciale color arancio disponibile in esclusiva su Amazon.
-
Inizia la conferenza. Zucchero: “Vivo come tutti i tempi che stanno passando. Questa volta ho lasciato perdere un po’ i doppi sensi. Ce ne sono ancora nelle canzoni più up-tempo, ci sono delle boutade, però le usavo molto di più prima. I tempi non sono così goliardici e sereni come lo erano un tempo. Prima di decidere il titolo dell’album, che mi ha fatto un po’ penare: cercare un titolo che rispecchi questo album, apparentemente semplice ma complesso, che va dal blues al gospel, non era facile. Il primo titolo che mi era venuto era Tempi Sospettosi, ma anche Tempi Sospesi. Questi tempi sono sospesi e sospettosi. Non c’è trasparenza, c’è molta apparenza e poca sostanza. Sono un po’ preoccupato di questi tempi. La paura è che questi governi… è una pentola in ebollizione, che spero non scoppi mai. Bisogna stare attenti. Fortunatamente abbiamo dei politici non carismatici”.
-
Qual è il filo conduttore di queste canzoni? “Musicalmente, quando ho cominciato a scrivere, ho pensato a come non fare un album con suoni diversi dal precedente. C’è stata una grande ricerca di sonorità. Le cose cambiano così velocemente, anche per le cose che si sentono in radio. Ho messo in piedi una squadra di persone giovani e veloci. Con loro abbiamo usato un’elettronica calda per cercare di rinnovarmi restando me stesso, che è la cosa più difficile”.
-
I testi. “Sono partito pensando a questo mondo, alla mia vita, alla gente che mi circonda. Non solo in Italia ma anche girando il mondo. Rileggendo i testi, mi sono reso conto che in ogni canzone c’era una luce, uno spirito, quasi come se ci fosse un inizio di redenzione. Che per un ateo incallito come me, singifica cominciare a mettere in dubbio tante cose”.
-
C’è un avviicnamento a Dio? “Non necessariamente al Dio dei cristiani. A qualcosa si superiore e grande che non so neanche io cosa sia. Potrebbee anche essere lo spirito di mia nonna. Sottolineo i mali di questo tempo, sempre però con una luce in fondo al tunnel. Chiamala pure fede. Non è la prima volta che parlo anche di fede. La canzone Così Celeste, che molti pensano stia parlando della mia donna, invece sto parlando della fede”.
-
“Non per fare i drammi alla napoletana. Sono molto geloso di questo album perché ho toccato delle cose molto intime. Ero quasi geloso che uscisse, come se fosse un segreto che volevo tenere per me…”.
-
La parola Freedom. “E’ una parola usatissima, ma quando ho pensato alla libertà mi sono chiesto: siamo veramente liberi? La libertà, vedendo quello che succede, me la sono dimenticata. Non siamo liberi. E’ una finta libertà. Siamo controllati continuamente. Siamo guidati e condizionati continuamente: dai social, dai media. Io cerco di essere il più libero possibile, infatti me ne sono andato a vivere tra i monti e gli animali. Cerco di fare una vita di qualità con pochi amici nel paesello, dove mi proteggono invece di approfittarne. Ma quando esco da lì, non mi sento libero”.
-
Chi sono le vittime del cool? “Spero che qualcuno non ci faccia il doppio senso, sarebbe banlissimo. Mi sento contornato da gente che vuole essere cool. Se non sei cool, non sei nessuno. Non vuol dire che se la tira, ma che ha un atteggiamento da star. Lo vedi anche in televisione. C’è molta apparenza. Non so per quale motivo, non so perché c’è bisogno di essere cool a tutti i costi. Non ho questa necessità. Vorrei che la gente si manifestasse interamente nuda, com’è veramente. Molta gente ormai non sembra quello che è veramente. Vorrei vedere un mondo più genuino”.
-
Nella canzone Badamoon canta: “Ma che disastro sei”. “Noi lo chiamiamo giustamente Bel Paese, perché è un Bel Paese. O forse lo è stato. Lo hanno fatto quelli prima di noi: la cultura, l’arte, le radici, gli usi e i costumi. Ultimamente di Bel paese c’è rimasto quello che hanno fatto altri. Non si può chiudere gli occhi. Ma che disastro che sei lo dico quando vedi la corruzione, Roma Capitale, politici, coltellate alle spalle e via dicendo. Ma dove siamo arrivati? In televisione si mandano a fanculo, si parlano uno sopra all’altro. La pentola sta bollendo e, attenzione, potrebbe anche scoppiare. Parlo all’Italia come se fosse un’amico che alla fine perdono, ma solo se cambiano le cose”.
-
“Mi fa soffrire vedere ancora questi insulti a un calciatore, a uno di colore. Non ho mai avuto questi atteggiamenti discriminatori, sono sempre stati lontani da me. Ho sempre avuto musicisti di colore nella mia band, anche adesso. Questa roba per me è impensabile e ingiustificabile. Non so per quale motivo ci sia ancora questa necessità di offendere uno di un’altra provenienza. Per me è assurdo avere queste reminescenze naziste e fasciste. E’ una storia che dovrebbe essere sepolta e bruciata, invece ritorna ancora”.
-
“Quando sono sul palco il mio mestiere è trasmettere delle emozioni e delle vibrazioni. Non mi metto a parlare di politica. L’ho fatto in passato qualche volta, ma ho la sensazione che certi messaggi non vengano recepiti in concerti. Non risolvi niente così. Quante cose abbiamo fatto, dove ho partecipato anche io come il Mandela Day. E’ cambiato qualcosa? Il debito è stato azzerato? I presidenti ci hanno ascoltato? No. Con questo non dico che bisognerebbe ritirare le armi, ma il mio mestiere è un altro. Così come non sentirai mai da parte mia: ‘Grazie di esistere’. Sono tutte balle quelle. Ma quando mai? Ma non voglio neanche che lo dicano a me. Al massimo su un palco posso dire: ‘A buon rendere'”.
-
“Mi hanno buttato fuori dalla Rai per aver detto ‘abbiate cura di voi, usate sempre il preservativo’. Sono arrivate delle mail da famiglie di bigotti per aver sentito la parola preservavtivo in una trasmissione popolare della Rai. Ti rendi conto in che mondo viviamo?”.
-
“Sono malato delle mie radici, le ho messe anche nella mia copertina (c’è il campo di sorgo). Più vado avanti e più sono profonde. Mi piace ogni tanto usare delle parole in dialetto: è una lingua e dici un concetto che magari in italiano chiederebbe più metrica. Fa parte anche del fatto di essere genuino. Quando sono in giro per il mondo penso alla mia infanzia e sono felice. Anche il povero Pavarotti, che era grande universalmente, parlava con me in dialetto”.
-
“Parlo di questo bigottismo da carità. Tutto questo perbenismo è come avere un buco nell’anima, non fa per me. Lo condanno un po’. Quando questo mondo che mi ama, è solo questa soul mama. Che mi fa sentire vivo, che mi fa star bene”.
-
Il tour mondiale parte dall’Australia. “Ci hanno chiamato per fare questo festival blues, il più grande dell’Australia. Suoneremo per tre sere. Poi andremo in Nuova Zelanda, nord America e Canada (è uno spoiler, ndr) Il 22 settembre arriveremo all’Arena di Verona per 12 date”.
-
D.O.C. è il titolo. “Avevo già comunicato che questo album non avrebbe avuto il titolo. La casa discografica era già agitata. Invece D.O.C è venuto l’ultimo giorno, prima di andare in stampa. Giravo per la mia fattoria, parlavo con i contadini, e parlavamo di fare dei prodotti di origine controllata. D.O.C è venuto così. Ho visto che si dice in tutto il mondo e ha lo stesso significato. Poi ho visto che significa anche disturbo ossessivo compulsivo, ma va bene lo stesso perché mi rappresenta (ride, ndr)”.
-
Zucchero è l’unico a voler parlare italiano ma a confrontarsi con la musica internazionale. “All’inizio mi dicevano di cantare in inglese all’estero. Sembrava che non accettassero il fatto di non cantare in inglese. Ma io dopo un po’ mi sono rotto i coglioni: quando vengono loro in Italia, anche se non capiamo le parole, li amiamo senza chiedere di cantare in italiano. Anzi, quelle poche volte che hanno cantato in italiano, non ci piacevano molto. E perché non preferiscono l’originale, piuttosto che avere qualcuno che non avrà mai una pronuncia perfetta? Le traduzioni, poi, sono impossibili da fare per i miei brani. Se mi voglioono, mi accettano così”.
-
I cambiamenti climatici. “Meno male che c’è Greta. Grazie a Dio che i ragazzi la seguono, almeno si muove qualcosa. Da lungo tempi i ragazzi non vanno più in piazza, non si incazzano più. Non so chi c’è dietro e non voglio saperlo per adesso, ma perlomeno si smuove qualcosa”.
-
34 date all’Arena di Verona. Perché ancora all’Arena e non altrove in Italia? “Nel 2021 torneremo in Italia, ci sono altri progetti. Se la tua musica si sposa bene con la struttura, la bellezza, il suono di un posto… è un vantaggio sia per chi ascolta, sia per l’artista. Ci sono dei posti con una magia, dove si sente anche bene. Penso che qualcuno sarà dispiaciuto perché non vado a Napoli o altrove. Ci sono stato e ci andremo, per adesso mi piace suonare lì. Meglio essere stanziali, è anche una necessità logistica”.
-
La conferenza è terminata.