Home Ultimo Colpa delle favole, Ultimo si racconta, in un emozionante diario di vita con il cuore assoluto protagonista (recensione)

Colpa delle favole, Ultimo si racconta, in un emozionante diario di vita con il cuore assoluto protagonista (recensione)

Ultimo, Colpa delle favole: la recensione del disco.

pubblicato 5 Aprile 2019 aggiornato 16 Ottobre 2020 14:12

E’ uscito “Colpa delle favole“, il nuovo album di Ultimo che contiene i primi tre singoli rilasciati in questi mesi: la sanremese “I tuoi particolari”, l’inno “Fateme cantà” e la recentissima “Rondini al guinzaglio”. E fin dal primo ascolto, quello che è confermato è il talento assoluto di un giovane cantautore col dono di emozionare grazie a voce e parole. Il disco fornisce, attraverso le tracce inserite, le chiavi di lettura migliori per poter avere un quadro di questo giovane ragazzo travolto, nei mesi scorsi, da alcune polemiche. Ma non è quello di cui vogliamo parlare qui. Perché il disco, parla di tutte le sfumature di un artista, arrivato al successo, intimista, desideroso di raccontarsi, esporsi ma senza la voglia di essere travolto da tutto il resto. Ed è legittimo, no?

Ultimo parla del suo passato, di quanto era ragazzo, delle uscite con i suoi amici, del rientro a casa con la madre, degli amori finiti e mai dimenticati, dei ricordi che bruciano e marchiano. Lo fa, si espone, si apre e sceglie di farlo probabilmente nel modo migliore: attraverso la musica e le sue canzoni.

Descrive il desiderio di voler parlare della gente, alla gente, senza esserne però dipendente e alla mercé. Anche questo un diritto sacrosanto. Da un lato, quindi, l’impellente desiderio di raccontarsi, di cantarsi, di esporsi e dall’altro la scelta e la preghiera di poterlo fare a modo suo. Il contrasto, presente in molte canzoni del disco, tra passato e presente, tra la semplicità di una vita “precedente” e i “cazzotti” di un presente con cui si sta cercando di venire a patti, poco per volta.

Un diario emozionante, cuore in mano (e per il pubblico) che permette al cantautore di vestire sound diversi senza mai apparire fuori luogo. Colpa delle favole è un disco onesto, aperto, c’è più Ultimo qua di quanto si possa mai aver letto in qualsiasi altra intervista. E se ci sono risultati come questi, ben venga. Gioiellini come questi servono sempre.

Ultimo, Colpa delle favole, Recensione disco

Colpa delle favole è la titletrack del disco e affronta il tema delle illusioni e delle regole. Il cantautore fa un bilancio della sua vita, legato in maniera ‘dannosa’ con i sogni che popolano le fiabe e creano aspettative nel quotidiano di ognuno di noi. Un canto energico, rock, in crescendo, che addossa i comportamenti a quello che le favole hanno provocato ai nostri caratteri e modi di vivere (“Se sorrido senza un senso, se guardando il cielo vedo una faccia e poi ti penso”).

Seconda traccia è “I tuoi particolari“, portata in gara al Festival di Sanremo e classificatasi seconda. Un pezzo romantico, incentrato su un amore finito che non si riesce a lasciare alle spalle. E proprio quei particolari mancano, oggi, in qualsiasi ora della giornata e in ogni azione che un tempo era banale ma che, da solo, provoca dolore e nostalgia.

E’ sempre colpa delle favole “che mi hanno sempre illuso un po’”: inizia così la terza traccia, Quando fuori piove. Il ricordo verso una persona amata, l’impossibilità di poter ricreare quella magia speciale che aveva caratterizzato un rapporto e che oggi sembra impossibile riprovare. Il perché dipende proprio anche -assurdo ma reale- da quel tempo che si è passato insieme (troppo?) e che, oggi, appare così lontano.

Ci cambia registra con “Ipocondria” dove Ultimo racconta il fare la pace con se stesso e con i propri cambiamenti (“Sì lo so, lo dici spesso, m’ha cambiato sto successo e che quelli come me buttano l’oro dentro al cesso…”). L’ipocondria è proprio anche ammette le proprie colpe e capire “che il mondo lo vivo così”. L’altra persona ha il ruolo di cura, di specchio di se stesso, sempre e comunque. Vicini e distanti, comunque uniti.

In Fateme cantà, brano in romano, si ritorna a quella difficoltà di essere in mezzo alla gente “che mi chiede ‘na foto” quando lui, proprio di quella gente, vorrebbe parlare, raccontare e cantare. Una sorta di desiderio di alienazione dalle spire intorno per poter restare da solo, nel proprio diritto di essere (come si vuole).

Rondini al guinzaglio, il nuovo singolo che accompagna la pubblicazione dell’album, torna al sound/ballad dei primi pezzi. Un’evocazione ad essere portato via dalla persona giusta, la voglia di evader, di lasciare alle spalle qualcosa con quel “Portami” gridato e pregato. Un pezzo che esplode col passare dei minuti.

In Amati sempre ritorna quel corto circuito di voler andare lontano unito all’impossibilità di riuscire a farle (e volerlo fino in fondo). E’ un invito ad amarsi, sempre e comunque, anche quando il cammino insieme è finito ed è un insieme di ricordi ormai distanti.

Quella casa che avevamo in mente inizia con un sound quasi onirico e parla delle contraddizioni, “Ti vorrei ti vorrei ti vorrei ma ti prego come eri prima”. Un progetto, una casa in comune, un freddo in comune tra ammissioni e omissioni. Un amore infranto, qualcosa che ora è irriconoscibile.

Piccola stella, altro gioiellino della tracklist, ha il sound che ricorda una ninna nanna. Una dichiarazione d’amore, pura, assoluta e totale “Sei la piccola stella che porto nei momenti in cui non ho luce”. Poesia. Pura poesia.

Sterzata totale di sound con Aperitivo grezzo è un racconto di un incontro tra amici, l’essere felici con il drink in compagnia, il ricordo di serate con persone fidate (nominate) e mamma a casa che lo aspettava. Il ricordo degli anni prima del boom, del successo (“Ho gli stessi amici, non mi fido del resto”). Oggi VS ieri.

Fermo canta la preghiera di poter restare immobile, fermo, in una sorta di pausa dalla frenesia, dai cambiamenti e anticipa la penultima traccia del disco, Il tuo nome – Comunque vada con te. Un brano quasi sussurrato, all’inizio, per poi salire in una sorta di invocazione e grido verso la persona destinataria di un foglio bianco. Anche in questo caso, ritorna il sapore di un atmosfera sognante e fiabesca.

La stazione dei ricordi chiude, invece, questo album. Si apre con gli applausi e le urla di un pubblico, il pianoforte e la voce ferma del cantautore che si racconta (“Avessi gli occhi di mio padre proverei a ragionare”). La voglia di cambiare, il ricordo di notti nel parcheggio, conti non pagati e il cuore protagonista.

Come in tutto il disco.

Recensioni musicaliUltimo