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Slayer: complimenti all’Italia (ma il tour ormai è un lavoro)

Kerry King loda Milano per il calore, ma sottolinea come ormai il tour sia quasi un peso

pubblicato 12 Agosto 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 14:43

Spesso le band, quando sono intervistate da riviste/webmagazine di una nazione, si sperticano in lodi dedicate a quella nazione – ma in questo caso i complimenti sono sinceri, visto che l’intervista è stata pubblicata direttamente dagli Slayer e tocca molti altri argomenti.
Quando (per l’ennesima volta) si chiede a Kerry King dei fan degli Slayer, conosciuti per essere i più focosi al mondo, il chitarrista ha risposto citando il recente concerto degli Slayer a Milano, lo scorso 4 Luglio:

“I nostri fan sono incredibili. Abbiamo suonato a Milano di recente, e Milano è nota per il calore dei fan, che addirittura cantano le note degli assoli di chitarra. Quando la nostra intro, “Delusions Of Saviour”, è partita, hanno iniziato a cantarla. E’ stata la prima volta che sentivo dei fan cantare la intro. Parte il riff, e ci sono due-tremila persone che cantano la melodia, ed è una cosa che ti carica. E’ come sentire un vecchio disco dei Black Sabbath, con quei cori quasi religiosi, da opera lrica. Ci ha fatto venire la pelle d’oca, perchè era una cosa incredibile. E’ divertente, soprattutto se poi arrivi sul palco suonando Repentless e si spacca tutto.”

Tutto divertente in tour, quindi?
Nemmeno per idea: nella stessa intervista Kerry dice che “Suonare dal vivo non è una ‘droga’ per me, è un lavoro. Per fortuna mi piace ancora il mio lavoro”, e Tom Araya aggiunge: “Qualsiasi cosa che abbia a che fare con il tour fa schifo. Ma quei 90 minuti in cui siamo sul palco, allora perdòno tutto. Non dimentico tutte le schifezze, ma perdòno”.

Questo si lega un po’ con quel che scrivevo nella recensione del concerto di Milano:
“Gli Slayer ormai sembrano macchine. Non c’è passione, non c’è rabbia… si spera ci sia la voglia di suonare, anche se lo si fa come macchine guidate dal pilota automatico. Comunque son macchine da guerra che funzionano, e la prossima volta saremo ancora lì a vederli, pronti ad una War Ensemble.”

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