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Lykke Li, I Never Learn: recensioni del web e dei lettori

E’ uscito il nuovo album della cantautrice svedese: pollice su o pollice giù?

pubblicato 14 Maggio 2014 aggiornato 29 Agosto 2020 19:02

E’ stato pubblicato il 2 maggio, I never Learn, terzo disco di Lykke Li, affiancata anche da Björn Yttling e Greg Kurstin. In un’intervista rilasciata su NME, a pochi giorni dal rilascio del disco, la cantante ha descritto così il suo nuovo progetto:

“E’ sempre su di me, il senso di colpa e la vergogna e il dolore e l’orgoglio e la confusione di essere una donna. Mi sento sempre come se fossi stato un po’ fraintesa. Come una donna vieni giudicata per le apparenze o cose di cui non mi preoccupo. Se tutto quello che voglio è essere vista come una cantautrice piuttosto che un’artista pop. Mi sento come se avessi trovato la mia voce”

E qui sotto, le recensioni più importanti

Lykke Li, I never Learn – Recensioni

Pretty much Amazing: Sentito consecutivamente, queste canzoni suonano deludente come qualsiasi altre. Se il canto del dolore di un amore non corrisposto in un pezzo, è una benedizione, nove in fila risultano essere una vera rottura.

Drowned In Sound: I Never Learn non è affatto un fallimento – gli alti sono grandiosi quando arrivano – ma ha una tendenza alla magniloquenza e ad una superficiale autoindulgenza che vede scivolare pericolosamente vicino ai margini della mediocrità.

The Observer: O sei in vena di questa profondità o non lo sei affatto.

NME: I Never Learn è un album sull’amore ma non un disco da amare.

Rolling Stone: Accordi dell’album alla Spector, di spessore con voce multitraccia e strumenti densamente stratificate, non sempre aggiunge quanto dovrebbe.

Under the radar: E’ francamente un perfetto pop e, nonostante i suoi passi falsi occasionali, questa trilogia di Li lo ha sfoggiato in abbondanza.

PopMatters: Nonostante la finalità di quello che dovrebbe essere il terzo capitolo di una serie in tre parti, I never Learn promette di più in futuro, mentre Lykke Li continua a muoversi lungo il proprio percorso singolare, personale e artistico.

Paste Magazine: Una tesa, intensa raccolta di canzoni.

Uncut: Faresti fatica a trovare un ode più interessata all’egoismo d’amore di questo album.

This Is Fake DIY: Proprio come l’amore, è un album che ti conquisterà per dispetto (o anche a causa dei) dei suoi difetti e delle imperfezioni pari ai veri momenti di verità e bellezza che offre.

Clash Music: Anche se la sua tragedia personale è stata trasformata in un disco che colpisce per la bellezza, si spera veramente che il prossimo capitolo di Li non sia così straziante.

The New York Times: Questa è roba dura, inflessibile, e la maggior parte di questo album contiene spesso il medesimo tema. Sui suoi due album precedenti, Lykke Li è stato qualcosa simile ad una presenza galleggiante, ma tutto ciò che riguarda questo album è intensamente con i piedi per terra.

All Music Guide: Lei suona costantemente come una principessa ferita, non vuole permettere a nessuno di aiutarla a raccogliere i pezzi mentre lei offre queste belle, canzoni tristi da dietro il velo della sua creazione.

Boston Globe: Li rivela praticamente a se stessa che il pop non deve essere senz’anima e artificioso.

CMJ: traccia di questo album è facilmente riconoscibile e ci porta in un viaggio emozionale attraverso le fasi di una rottura, nell’interpretazione di Li per la frustrazione della situazione, il dolore e, infine, la solitudine.

Pitchfork: Siamo abituati agli album sulle rottura d’amore che pensino che tu voglia desiderare solo strisciare in un buco e morire, ma I Never Learn è per i tempi in cui il crepacuore è così un’affermazione della vita da desiderare di condividere il sentimento con il mondo intero.

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