Vampire Weekend, Modern Vampires Of the City: la recensione
Un ascolto attento ad un disco dalla doppia natura: la recensione di Soundsblog del terzo lavoro della band newyorkese, tra interrogativi esistenziali e carezze melodiche.
Una settimana: tanto è bastato ai Vampire Weekend per conquistare il primo posto nella classifica americana con il loro ultimo disco, Modern Vampires Of the City, edito dalla XL Recordings. Il quartetto indie newyorchese ha rilasciato questo terzo lavoro, di cui Soundsblog vi aveva svelato copertina a tracklist già a febbraio, come ultima parte di una trilogia, iniziata con Vampire Weekend del 2008 e proseguita con Contra del 2010, che ha decretato il successo della band come una delle realtà più solide e concrete dell’indie rock americano.
Non è facile parlare di Modern Vampires Of The City. E non è facile perché gli argomenti trattati nel disco non sono proprio leggeri: le tematiche che corrono lungo i testi dell’album sono la morte, le difficoltà dell’esistenza, la disillusione della crescita. La splendida copertina, una foto nebulosa e nebbiosa della loro città, New York, scattata negli anni Sessanta, non è una scelta casuale: siamo dalle parti dell’esistenzialismo à-la-Sartre, con l’uomo nel pieno della sua crisi.
Non c’è niente di felice nelle parole di Ezra Koenig, il cantante e paroliere della band; mentre la musica dona speranza, basti pensare alla morbidezza positiva di Obvious Bicycle che apre il disco o al ritmo allegro in levare di Unbelievers, già presentata dal vivo a novembre scorso, i testi hanno un che di postmoderno e apocalittico: non c’è più nulla da fare.
Non inganni l’allegria rock elettrica di Diane Young, il singolo promozionale del disco che gioca sulla somiglianza tra la pronuncia del nome Diane e il verbo dyin’, costruito su divertenti effetti vocali, un drumming potente e un sintetizzatore frenetico: in realtà la canzone parla di quanto sia difficile crescere da soli, senza sapere cosa riserverà il futuro. La tenerezza di Don’t Lie introduce verso il brano emotivamente più potente del disco, Hannah Hunt, che riassume perfettamente l’approccio tematico-stilistico che i Vampire Weekend hanno dato a questo disco: una dolcezza diffusa che si tramuta in un urlo, l’equilibrio tra il rock-pop leggero e l’elettronica che lo sostiene, testi finalmente interessanti e profondi che non parlino solo di divertimento e sesso.
Quando in Everlasting Arms Ezra Koenig canta di abbracciarlo nelle braccia infinite, il tono è tenero ma implorante: la ricerca di un rifugio sicuro, un porto che conceda un attimo di tregua. Finger Back inizia con una batteria simile agli U2 e risolleva l’umore del disco con un ritmo sostenuto, suoni sintetici dei migliori anni 80 e un cantato acidissimo e acuto, seguita da una Worship You che ha una melodia quasi da pezzo dei Beatles (I’ve just seen a face, nello specifico) e sembra una marcia velocizzata, più allegra ma comunque inquieta.
Ya Hey è un mid tempo intossicato che parla della dualità che può rendere difficile una scelta, mentre Hudson viene impreziosita da un canto quasi declamatorio su una base che richiama qualcosa dei Radiohead, meno intensa e cupa ma comunque oscura ed inquietante. La chiusura del disco è affidata alla ballad Young Lion, piano e contrabbasso in effetto lo-fi che sembrano richiamare qualche melodia di musica classica tipo Beethoven e voci armonizzate che ripetono all’infinito “you take your time young lion”.
Nel complesso, Modern Vampires Of The City è un disco da ascoltare con cura per cogliere tutte le sincere e sottili sfumature presenti. Dinamiche, silenzi, temi trattati, tutto si pone dolcemente all’attenzione dell’ascoltatore, senza travolgerlo anzi, accompagnandolo per mano -e per orecchio- verso la comprensione totale della complessità del disco, quasi scisso tra i ritmi invitanti e gli argomenti pesanti. I Vampire Weekend sono maturati e lo dimostrano così: cantando dei versi di innegabile età adulta che si adegua amaramente ad una realtà difficile e ad un futuro impossibile.
Nobody knows what the future holds
And it’s bad enough just getting old
Live my life in self-defense
You know I love the past, ’cause I hate suspense…
(Diane Young)
Tracklist
01. Obvious Bicycle
02. Unbelievers
03. Step
04. Diane Young
05. Don’t Lie
06. Hannah Hunt
07. Everlasting Arms
08. Finger Back
09. Worship You
10. Ya Hey
11. Hudson
12. Young Lion