Home Recensioni musicali Uscite discografiche Agosto 2010: recensioni

Uscite discografiche Agosto 2010: recensioni

Arcade Fire – The Suburbs: non avrà freschezza e l’importanza storica di “Funeral”, ma “The Suburbs” è la conferma definitiva della grandezza degli Arcade Fire. Un disco maturo, eterogeneo, che cresce con gli ascolti e curato nei minimi particolari ma che in alcuni frangenti (un po’ anonimi e blandi) fa rimpiangere la formula dei primi

pubblicato 2 Settembre 2010 aggiornato 31 Agosto 2020 00:20


Arcade Fire – The Suburbs: non avrà freschezza e l’importanza storica di “Funeral”, ma “The Suburbs” è la conferma definitiva della grandezza degli Arcade Fire. Un disco maturo, eterogeneo, che cresce con gli ascolti e curato nei minimi particolari ma che in alcuni frangenti (un po’ anonimi e blandi) fa rimpiangere la formula dei primi tempi, una formula riconducibile esclusivamente a loro, mentre qui alcuni brani potrebbero essere scritti da chiunque (“Month Of May”). Non sorprende quindi che i pezzi che rimangono maggiormente impressi siano quelli più vicini alle origini (“Ready To Start”, “Empty Room” e “We Used To Wait”), senza dimenticare l’inaspettato esperimento/gioco pop (fra Abba e Blondie) di “Sprawl II (Mountains Beyond Mount)”. (z.) Voto: 7/8

Iron Maiden – The Final Frontier: gli Iron Maiden la storia della musica l’hanno fatta… negli anni ’80. Che senso ha continuare a fare dischi dopo tanti anni e con l’età che inizia a farsi sentire? Un conto è se realizzi un disco valido come “Brave New World” (l’ultimo grande album della band), un conto è se vai avanti solamente per dare in pasto ai fan (che comprerebbero di tutto) album mediocri, per poi andare in tour sempre più sold out. Bruce Dickinson (probabilmente penalizzato da una produzione poco riuscita) sembra essere fuori fase in più di un brano. Escludendo i due dischi con Blaze alla voce, “The Final Frontier” è probabilmente il disco meno riuscito della band… e poteva andare anche peggio considerato i due brani presentati prima della release (la titletrack e “El Dorado”), invece qualcosa di salvabile c’è (“When the Wild Wind Blows”)… non abbastanza però. (z.) Voto: 5

Katy Perry – Teenage Dream: probabilmente Katy Perry è consapevole di proporre musica trash, ma se ne interessa poco, perchè è la prima a non prendersi troppo sul serio, con provocazioni talmente banali (ma allo stesso tempo furbe) da risultare quasi ironiche… un po’ come certi film alla Scary Movie. Però purtroppo qui si parla di musica e quindi tutte queste “doti” (a cui vanno aggiunte quelle regalate da madre natura), finiscono per cadere miserabilmente nel superfluo. Se volete un sogno adolescenziale targato 2010, meglio passare a “Teen Dream” dei Beach House. (z.) Voto: 4

Best Coast – Crazy for You: Quello dei Best Coast era probabilmente uno dei debutti più attesi dell’anno: i singoli che ne anticipavano l’uscita (su tutti “When I’m With You”, qui presente come bonus track) facevano intravvedere grandissime potenzialità. Il risultato delude in parte le aspettative principalmente per un motivo: mancanza di varietà. Tutte le tracce di “Crazy for You” seguono gli stessi stilemi: fuzz pop, beach-gaze e surf pop. Comlessivamente si è comunque davanti ad un debutto di tutto rispetto, il disco perfetto per questa estate che sta finendo. (z.) Voto: 7

Wavves – King Of The Beach: forse non ce ne rendiamo conto, ma siamo nel bel mezzo di un movimento musicale che si rifà al vecchio surf pop, reso più interessante da una veste punk e lo-fi. Con l’atteggiamento di chi se ne frega di tutto e vive all’insegna del fancazzismo, Nathan Williams ci presenta la sua terza prova, con la quale dimostra di aver aumentato sensibilmente la capacità di scrivere “canzoni”. In più di una occasione infatti si ha l’impressione di essere davanti a dei veri propri inni generazionali, che ci mostrano la via più party-oriented del mixare il rumore con la melodia pop. Come per i Best Coast, anche l’album dei Wavves è da consumarsi prefiribilmente prima che inizi l’autunno. (z.) Voto: 7

Klaxons – Surfing the Void: Ci sono stati un paio di mesi, circa tre anni fa, in cui i Klaxons non sembravano “uno dei” gruppi del futuro, ma IL gruppo del futuro. Era stato coniato addirittura un nuovo termine (“new rave”) per loro e sembrava che fosse arrivato il momento di un nuovo movimento generazionale (alla “madchester” per intenderci). Ma il gioco durò troppo poco, complici gli stessi Klaxons che sul disco di debutto frenarono le accelerazioni dance-rock in favore di un suono più psichedelico e decisamente pop. Si riparte quindi da “Golden Skans” in questo “Surfing the Void”, esplorando ed esasperando tutti gli aspetti di quel brano, finendo per suonare come una sorta di una futuristica opera fanta-pop. Un disco che, nonostante alti e bassi, ci mostra una band che ha voglia di lasciare il segno con un sound personale, sempre pericolosamente in bilico fra genialità e facilonerie da classifica. (z.) Voto: 6/7

Black Label Society – Order Of The Black: due sono i motivi per cui sarà giusto ricordare questo disco: che è sicuramente meglio del precedente “Shot to Hell” (probabilmente non solo di quello) e che, nonostante i problemi di salute, il buon Zakk Wylde è in forma. Per il resto nulla di nuovo: soliti riff possenti e la solita indiscutibile tecnica. Una piccola rivincita su Ozzy Ousborne, che senza di lui alla sei corde, ha da poco pubblicato l’evitabilissimo “Scream”. (z.) Voto: 6+

Buckcherry – All Night Long: la loro missione è sempre stata quella di mantenere vivo il vecchio e sporco “rock & roll”, o meglio quel “tamarrock” che ha fatto sfracelli negli anni ’80. Riff alla Joe Perry e atmosfere vicine agli ultimi (evitabili) Stone Temple Pilots. Con “All Night Long” non aggiungono nulla alla loro, rispettabile per carità, carriera iniziata più di dieci anni fa. Il disco infatti scorre via senza problemi fra pezzi più tirati (la title-track) e le classiche ballate del caso, ma risulta essere banale e obsoleto. Consigliato solo ai fan. (z.) Voto: 5

The Hoosiers – The Illusion of Safety: destino da “one hit wonder” quello degli Hoosiers. Anche se i più bravi probabilmente ricorderanno anche “Goodbye Mr A”, la maggioranza di voi ricorderà sicuramente Happy Tog… ah no, scusate, di “Worried About Ray”. Pura pop music scanzonata e senza pretese guidata dai vocalizzi emo-at-the-disco di Irwin “Ben Stiller” Sparkes. Con il secondo disco si ripresentano in una versione leggermente più moderna che però probabilmente non regalerà alla band la stessa fortuna. (z.) Voto: – 5-

!!! – Strange Weather, Isn’t It?: Giù il cappello!!! Non è da tutti continuare a fare musica nonostante la tragedia che ha colpito la band qualche mese fa e nonostante la scena musicale di cui sei stato uno dei gruppi simbolo sia quasi completamente svanita. Già, perchè a metà dello scorso decennio in piena esplosione “dance-punk” (o nuova “funk-punk”), loro erano il gruppo di punta del lato più funk e black della scena, grazie alla capacità di creare dei groove semplicemente irresistibili. Nei tre anni passati dall’ultimo “Myth Takes”, sono cambiate tante cose e oggi sembra che ci sia poco spazio per un album come “Strange Weather, Isn’t It?”, se possibile ancora più danzereccio dei precedenti. Onesto. (z.) Voto: 6,5

Eels – Tomorrow Morning: quando si pubblica tanti dischi in poco tempo, o sei in piena di idee o semplicemente sei un po’ confuso. Mark Oliver Everett probabilmente sta in una via di mezzo. Questo “Tomorrow Morning” non verrà di certo ricordato come il miglior disco di Mr.E., ma comunque presenta un cambio di direzione rispetto al precedente e dimesso “End Times”, un cambio di direzione che assume spesso l’aspetto di una retromarcia, verso certe intuizioni dei (gloriosi) esordi. (z.) Voto: 6,5

Disturbed – Asylum: l’evoluzione sonora dei Disturbed è praticamente una linea piatta: certo, sono cresciuti come musicisti e in certi versi anche come compositori, ma il risultato finale è praticamente lo stesso da anni… da quando debuttarono, in piena era nu metal, con “The Sickness”, ancora oggi il loro album “simbolo”. Ma alla fine cosa gli si può dire… continuano ad avere tantissimi ammiratori e continuano a vendere bene pur essendo decisamente “fuori tempo massimo”. Che abbiano ragione loro? (z.) Voto: 5/6

The Goo Goo Dolls – Something for the Rest of Us: Partiti, più di venti anni fa, come gruppo clone dei mitici The Replacements, hanno, una volta raggiunti i primi successi a metà degli anni ’90, smussato sempre più gli angoli verso un soft-rock da classifica. Una foruma che fino al buon “Dizzy Up the Girl” (1998) poteva anche starci, ma che poi ha iniziato a mostrare tutti i limiti. In “Something for the Rest of Us” non c’è nulla che cerchi di cambiare questa tendenza: pop rock di maniera e pulito da una produzione fin troppo cristallina. (z.) Voto: 5

Ra Ra Riot – The Orchard: Voto: 6,5
Autolux – Transit Transit: Voto: 6,5
The Black Crowes – Croweology: Voto: 6
Avenged Sevenfold – Nightmare : Voto: 5-
Blind Guardian – At the Edge of Time: Voto: 6,5
Roberta Bonanno – Roberta Bonanno: Voto: 4

Recensioni musicali