La radio oggi e domani
Fa talmente parte del nostro quotidiano che spesso rischiamo di dare per scontata la sua presenza. Sto ovviamente parlando della radio, un mezzo così diffuso quanto trascurato, soprattutto nell’era del digitale. Lo conferma un’analisi dell’Università La Sorbona di Parigi presentata ieri a Milano: l’80% della popolazione europea ascolta la radio, eccezion fatta per la fascia
Fa talmente parte del nostro quotidiano che spesso rischiamo di dare per scontata la sua presenza. Sto ovviamente parlando della radio, un mezzo così diffuso quanto trascurato, soprattutto nell’era del digitale. Lo conferma un’analisi dell’Università La Sorbona di Parigi presentata ieri a Milano: l’80% della popolazione europea ascolta la radio, eccezion fatta per la fascia d’età che va dai 14 ai 18 anni, più interessata ad accendere il lettore mp3 piuttosto che girovagare per l’fm. Albino Pedroia, uno dei più grandi esperti di media a livello internazionale, nonché insegnante di comunicazione audiovisiva alla Sorbonne, ha dichiarato:
Il declino della radio fortunatamente è lento, ma la lentezza è un grosso handicap perché non incita ad incamminarsi sulla via del digitale. A suo vantaggio la radio può contare sul fatto di essere un mezzo che si adatta costantemente all’evoluzione della società. All’inizio era solo generalista, poi con Fm è diventata tematica. Per digitalizzare un mezzo di comunicazione ci vogliono due attori principali, gli ingegneri che sviluppano le tecniche e gli industriali che le utilizzano.
E qui non si può non parlare del DAB: la radio digitale in Italia non ha certo riscosso un grande interesse, ma le cause di questo insuccesso sono alla luce del sole. Innanzitutto il numero dei ricevitori lanciati sul mercato è sempre stato piuttosto basso, in secondo luogo non si può certo affermare che l’offerta delle radio italiane sia stata “ricca”: in fin dei conti le radio nazionali si possono ascoltare pure con una radiolina trovata nelle patatine, e il “valore aggiunto” del DAB si fermava ad una migliore qualità di ricezione del segnale. Decisamente troppo poco affinché il gioco valesse la candela. Tanto è vero che nel Regno Unito il DAB ha preso piede solo quando i gruppi radiofonici hanno investito sulla tecnologia digitale lanciando contenuti e canali esclusivi.
L’evoluzione sarà quindi lunga ma inevitabile – ha continuato Pedroia – soprattutto perché la tecnologia digitale permetterà un aumento della mobilità, una più forte individualizzazione e personalizzazione dei contenuti, un’offerta più abbondante. Si potrà ascoltare quello che si vuole, quando si vuole e dove si vuole.
Contenuti aggiuntivi e personalizzabili, questo sarà quindi il futuro della radio. Ma per alcuni questo è già realtà. RMC, ad esempio, da qualche tempo offre sul proprio sito ben 6 canali tematici, di cui uno (RMC2) presente anche in fm in alcune zone d’Italia. RTL 102.5 è stata una delle prime ad avvicinarsi al concetto di “multimedialità”: oltre a trasmettere in “radiovisione” sul canale 813 di Sky, qualche anno fa ha lanciato una radio di grandi classici del passato, RTL 102.5 Classic, ascoltabile sul sito, via satellite o in DAB, appunto. Il Gruppo Espresso invece, subentrando a Music Choice, dirige Music on SKY, un boquet di 25 canali di musica (“offerta” da Radio Deejay e Capital) con tanto di interattività, senza dimenticare M2O, All Music e Deejay Tv. Come la cugina Montecarlo, 105 offre sul proprio sito 6 webradio tematiche, mentre Play Radio si occupa di RIN Digital Radio. Infine il Gruppo Radio Italia comprende i due canali televisivi Video Italia e Radio Italia Tv.
Insomma, anche nel nostro paese le radio stanno cercando di adeguarsi ai tempi rinnovandosi, ampliandosi e strizzando l’occhio al piccolo schermo. Si arriverà quindi ad un futuro in cui la radio come “singola entità di musica e parole” sarà costretta a cedere il passo a una realtà ben più variegata? E dato per assodato che questo sia il panorama che si andrà a delineare, quanto tempo impiegherà la radio a compiere questa faticosa virata?