Samuele Bersani: “Nuvola Numero Nove sembra una favola di Gianni Rodari”
Samuele Bersani racconta a Soundsblog il nuovo disco: Nuvola Numero Nove.
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“Scusate, ho gli occhiali storti?”, così esordisce Samuele Bersani all’incontro con la stampa per presentare il suo nuovo disco, l’ottavo, dal titolo Nuvola Numero Nove. L’album esce oggi, martedì 10 settembre, contiene dieci brani e arriva a quattro anni di distanza dall’ultimo lavoro del cantautore, Manifesto Abusivo. Per lungo tempo Samuele dice di aver appeso il pianoforte al chiodo fino a quando non gli capitò un incontro inaspettato, quello con una persona speciale che ha fatto rinascere in lui l’ispirazione giusta per scrivere testi come En e Xanax, singolo di lancio del disco. Ma andiamo con ordine e partiamo dal titolo, cos’è questa nuvola numero nove?
Nuvola numero nove è diventato il titolo del disco dopo un po’. La prima canzone che avevo scritto per questo album è Reazione Umana che parla di quanto le persone oggi preferiscano affidare i propri stati d’animo a reazioni virtuali, quelle dei social, più che a quelle umane, appunto. Una volta scritto quel brano, pensavo di chiamare il disco Reazione Umana, poi ho composto Settimo Cielo e ho creduto che quello sarebbe stato il titolo dell’album. Alla fine ho scelto Nuvola Numero Nove, che sarebbe il corrispettivo di settimo cielo (“cloud nine”) in inglese. Anche George Harrison e i Beatles avevano usato questo modo di dire, lo so. Ma c’è una discografia sterminata che sfrutta questa espressione. A me semplicemente piaceva. Soprattutto perché mi sembrava il titolo di una favola di Gianni Rodari.
Nel disco c’è un brano particolarmente scanzonato, Chiamami Napoleone, che contiene il verso: “Non c’è più niente da musicare qui a parte un disco dei Modà”. Intenti polemici?
Il riferimento ai Modà va spiegato, altrimenti finisce che qualcuno lo interpreterà per me: avete mai visto il film Ricomincio da capo? Ecco, io mentre lavoravo a questo disco, ogni volta che accendevo la radio beccavo una canzone dei Modà. Pur cambiando stazione, otto volte su dieci c’erano sempre loro. Quindi io e i miei musicisti abbiamo iniziato a fare un gioco: ogni tanto scattava l’angolo Modà ovvero accendevamo la radio e scommettevamo su quale canzone avremmo sentito. Chi diceva Modà, vinceva quasi sempre. Ho voluto mettere questa cosa nel disco perché mi sembrava divertente, senza nessun intento polemico. Anzi, mi hanno chiesto se il mio riferimento a loro fosse un dissing. Io non sapevo manco cosa fosse un dissing. Comunque no, non lo è.
Nel libretto di Nuvola Numero Nove si legge: “Dedicato a Lucio che ha creduto in un ragazzino con una canzone nello zainetto”…
Ho dedicato il disco a Lucio perché lui ha creduto in me fin dal primo momento, quando ci siamo incontrati e io avevo vent’anni e lo zainetto in spalla. Lui era l’unico che potevi chiamare in piena notte per leggergli il testo di una canzone. Chiunque altro ti avrebbe attaccato il telefono in faccia in una frazione di secondo. Ho registrato il disco dove Lucio ha creato canzoni per gli ultimi vent’anni della sua carriera. Ero passato di lì per caso a qualche mese dalla sua morte e l’avevo visto semiabbandonato. Non potevo accettare questa cosa, non mi sembrava giusto. E allora ho deciso di lavorarci io.
Dovremmo aspettare un po’ di tempo, però, per poterci gustare Nuvola Numero Nove live:
A differenza di quanto ho fatto in passato, aspetto un po’ per il tour. Secondo me un disco va sempre un po’ masticato prima di volerlo davvero sentire dal vivo.
In ogni caso, per tornare alla sua domanda iniziale, l’ipermetrope e presbite Samuele non aveva gli occhiali storti.