Home AC/DC Caparezza, Museica: “E’ un disco piu’ vicino agli AC/DC che al rap”

Caparezza, Museica: “E’ un disco piu’ vicino agli AC/DC che al rap”

Il musicista presenta il nuovo album, fra suggestioni pittoriche, musei, e la richiesta di ascoltare Museica un paio di volte, per apprezzarlo…

pubblicato 16 Aprile 2014 aggiornato 16 Ottobre 2020 16:57

Museica, nel suo titolo, contiene in sè la musica, il concetto di museo, ed il numero sei, ad indicare il sesto disco di Caparezza.
Ogni brano di Museica trae ispirazione da un’opera d’arte: da Ligabue (Antonio) a Dalì, passando da Goya, Van Gogh e Duchamp. Ed è per questo che, con un guizzo di genio, la conferenza di presentazione del disco avviene in una galleria d’arte, il Museo Fondazione Luciana Matalon: all’ingresso viene fornita una audio-guida e ci si incammina nella galleria, dove sono esposte le copie di tutti i quadri che hanno ispirato le nuove canzoni – sono 19 in tutto, una collezione corposa, e ad ogni fermata l’audio-guida ci parla del brano e ce lo fa ascoltare. Un modo nuovo ed interessante per fruire la musica, e speriamo venga studiata una modalità di ascolto simile, per quando Museica arriverà nei negozi il 22 Aprile.
Tantissimi stili diversi scorrono davanti agli occhi e tanti approfondimenti nelle orecchie: dalla cover di un cartone animato giapponese (Ge ge ge no Kitaro) alla complicata e ridicola vicenda delle Teste di Modì, passando da Saturno Che Divora I Suoi Figli ad interpretare il brano “Figli D’Arte” e la banana di Andy Warhol per le Cover. Su tutto, con dimensioni enormi, il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza Da Volpedo: ‘Troppo Politico’.

caparezza_museo_matalon

Alla fine della ‘visita guidata’, ci attende Caparezza in persona, pronto a rispondere ad ogni domanda.

Con tutta questa arte pittorica viene da chiedersi: hai mai sentito l’impulso di disegnare?

“L’ultima volta che ho disegnato avevo otto-nove anni, perchè da piccolo volevo fare il fumettaro, non è un mistero. Una volta abbandonato il disegno sono passato alla parola, e lì sono rimasto.”

Ma quindi la copertina dell’album chi l’ha disegnata?

“Per la copertina c’è stato tantissimo lavoro dietro: il pittore della copertina si è impegnato molto, ha parlato con me per due giorni di seguito, potete immaginare cosa abbia provocato tutto ciò sulla mia psiche! E quello che vedete è prodotto direttamente dalla mia psiche, però è un quadro reale, non è una elaborazione grafica: verrà esposto a breve nel suo atelier.”

(La risposta è stata approfondita da Arianna Ascione su Artsblog, in cui si parla di Domenico Dell’Osso, creatore della copertina)

La nascita di Museica, invece, com’è avvenuta?

“Mi preme innanzi tutto dire che questo è un album. Adesso c’è l’ossessione per i singoli, ci si collega a iTunes e si scarica la canzone che si è sentita alla radio o che tira in giro. Questo è un album, che ha una sua ragione d’essere in quanto album, anche se i testi poi vivono di vita propria. Spero che venga ascoltato almeno due o tre volte, prima di esprimere un giudizio, perchè ci vuole qualche ascolto per lasciar sedimentare musica e testi.
Museica si muove fra due poli opposti: la violenza e l’arte. Secondo me la non-accettazione della realtà sfocia in una visione creativa della realtà stessa. Chi subisce una violenza, che può essere anche solo l’inquietudine del vivere, spesso cerca di rifugiarsi in una realtà parallela, e questa realtà viene di solito chiamata ‘arte’. Diventa un modo per vivere la vita come la vuoi tu, ed è per questo che io sono felice quando sono su un palco, quella è la mia isola felice. Sono ancora più felice quando sono in studio e compongo.”

Immancabile la domanda sulla scena rap italiana, in una settimana in cui quattro delle prime sei posizioni nella classifica di vendite dischi sono occupate da album rap

“Premessa: io non faccio hip-hop, se ascoltate questo disco è più vicino agli AC/DC che non al rap.
Detto questo, la scena rap è la scena che decisamente si è evoluta di più in Italia, rispetto alle altre scene musicali. Una scena si evolve quando ci sono molte persone che la fanno: quando c’è molto seguito ognuno cerca di essere migliore dell’altro e quindi il livello migliora. L’importante è che l’essere migliore dell’altro non diventi l’unico fine, scavalcando anche l’aspetto più importantr, quello del contenuto e della comunicazione.
Ci sono dei ragazzi molto giovani che hanno una scrittura metrica sorprendente. Io sono del 1973, e se senti il primo rap italiano dell’epoca, oggi sarebbe considerato il rap delle merendine, con metriche tese solo alla rima e molto monotone: lalalalalalà-lalalalilì. Adesso è cambiato tutto, c’è un lavoro sulla metrica spaventoso, e la maggior parte dei musicisti che secondo me cambieranno la faccia del rap italiano hanno dai 16 ai 20 anni.
Volete un nome? A me piace molto Salmo. Mi piace perchè in questa scena orfana di ‘rock’, lui con i suoi sintetizzatori e la sua voce, sembra aver preso in pugno la situazione di ciò che mancava nella scena rock. Sono andato ad un suo concerto e la maggior parte dei ragazzi avevano magliette degli Iron Maiden e dei Metallica, sono tutti ragazzi che stanno cercando qualcuno, e trovano un rapper perchè mancano i rocker.
Mi piace anche Clementino, mi piace chi ha qualcosa da dire.
Metricamente mi piace molta gente, anche se i testi sono lontani dal mio sentimento. Ma non li giudico, ognuno deve parlare di sè stesso. Io non sarei credibile se parlassi di spaccio, non ho nemmeno mai acceso una sigaretta!”

E riguardo la musica italiana?

“Riguardo alla situazione della musica italiana, io non so dire se siamo dei geni o dei fessi. Quando in tutto il mondo esplodeva il rock, noi avevamo musica estremamente leggera, quando è arrivato il punk noi avevamo la mazurca. A quel punto o siamo dei geni totali che cercano di non seguire nessuna moda, e romanticamente mi piacerebbe vederla così, oppure siamo dei fessi.”

Fra i (pochissimi) ospiti del disco c’è anche Michael Franti, con un lungo featuring in Inglese per “E’ tardi”, riflessione sulla volontà di non arrendersi all’età fisica.

“Cercavo un rapper “conscious”, ovvero che nelle sue canzoni desse sempre importanza dei temi e a delle riflessioni, e non solo alla sua vita, e Michael Franti era il nome perfetto: è della mia generazione, era il cantante The Disposable Heroes Of Hiphoprisy e aveva scritto cose come ‘Television, the drug of the nation’. Faceva proprio al caso mio, l’ho contattato e si è dimostrato gentilissimo. Si trovava in una giungla a Bali, ma è riuscito a trovare uno studio di registrazione e mi ha mandato il featuring, chiedendomi in cambio di mandargli in cambio un mio featuring per il suo nuovo progetto solista.”

Uno sguardo al futuro, mentre già sono pronte le scenografie e i ‘giocattoloni’ dei concerti Estivi?

“Quando scrivo un album non so se scriverò il prossimo. Anche questo è un lavoro precario, ci sono tantissimi artisti che dopo un botto di esposizione, dopo un anno magari spariscono. Quindi cerco di impegnarmi al massimo con ogni lavoro che faccio, anche se poi il pubblico premia un disco in base al proprio piacere personale che ne deriva, non in base all’impegno dell’artista.”

E quindi dopo la scrittura, dopo il disegno… potrebbe esserci il cinema, vista la tua partecipazione nel film ‘Che Bella Giornata’ di Checco Zalone, il film italiano di maggiore incasso nella storia del cinema in Italia?
(per chi se lo fosse perso, un veloce ripasso grazie a YouTube)

“Il film è del 2011, e come vedi la mia carriera cinematografica si è già fermata, stroncata sul nascere. Quando accettai di partecipare, non avevo idea del fenomeno che sarebbe diventato. Accettai solo grazie ad un sotterfugio del produttore di Checco Zalone, che mi promise che avrei suonato un pezzo heavy metal con la mia band. Così provammo un pezzo metal, poi arrivammo sul set e scoprimmo che la situazione era un po’ diversa…
Parlando di cinema, non mi ci vedo a recitare. A scrivere forse sì, mi piacerebbe scrivere, e al massimo fare un cameo, come Tarantino…”

Museica è stato il primo album anche prodotto da te. Futuro da produttore?

“In realtà avevo auto-prodotto anche il primissimo disco, ma all’epoca si trattava principalmente di campionamenti ed era un lavoro molto più facile. Ho poi preferito affidare ad un professionista tutta la parte produttiva, visto che si iniziava a trattare di gestire molti membri di una band. Nel frattempo studiavo, crescevo, quindi alla fine mi sono deciso a produrre il nuovo disco. E non nego che mi piacerebbe il ruolo di produttore, nel futuro. Come i calciatori diventano allenatori, a me piacerebbe produrre qualche giovane leva, quando non avrò più la prestanza fisica per stare su un palco, fra trent’anni…”

AC/DCMuseNotizie