Jeff Buckley, Grace: i venti anni del disco uscito il 23 Agosto 1994
Si può raccontare in modo oggettivo uno dei dischi più importanti della storia del rock contemporaneo?
Comincio questo articolo con un dubbio: forse sono la persona meno indicata per parlare del ventennale di Grace di Jeff Buckley. Lo sono perché è un disco che ho amato troppo, ascoltato troppo, consumato troppo su tutti i supporti analogici e digitali che hanno accompagnato gli anni delle mie musiche personali. L’ascolto di Jeff Buckley è arrivato in quell’età che Salman Rushdie definì una volta “più formativa di qualunque altra” perché la cultura che assorbi fino ai vent’anni è quella che ti plasma davvero, e io di anni ne avevo molti meno quando scoprii Jeff Buckley.
Grace è un disco che oggi, 23 Agosto 2014, compie i suoi primi venti anni. Il suo creatore non è arrivato a celebrarne l’anniversario: Jeff Buckley è morto nel 1997 e la sua scomparsa, oltre ad essere una delle morti più strane della storia del rock, ha messo definitivamente la parola fine ad un talento immenso e a una voce senza eguali, capace di essere contemporaneamente dolce e graffiante.
Sono la persona meno indicata a parlare di Jeff Buckley, e soprattutto di Grace. Mi sono fatta descrivere troppe volte dalle sue parole criptiche e complicate, trovando ispirazione di volta in un volta in un brano diverso. La fase Eternal Life, quella Mojo Pin, quella Dream Brother, quella So Real, persino quella Corpus Christi Carol che avrebbe indirizzato anni dopo molti studi sulla voce. E la fase della title track Grace, che temo non sia mai passata, come quella di Lover You Should’ve Come Over, probabilmente una delle canzoni d’amori più struggenti della storia.
Per dovere di cronaca potrei dirvi le curiosità sulle registrazioni di Grace di Jeff Buckley: che furono lunghissime e complicate, con il produttore Andy Wallace chiamato a tenere sotto controllo le infinite versioni delle canzoni cui Jeff Buckley non sembrava mai dare fine, oppure che le ispirazioni dell’album sono talmente svariate da passare da Nusrat Fateh Ali Khan, padre del qawwali, fino a Leonard Cohen (del quale interpretò la canzone Hallelujah nella cover tra le più celebri della storia), Edith Piaf e i Led Zeppelin.
Quello che conta, però, è che alla fine di questi vent’anni Grace non invecchi, né accenni a perdere importanza nelle tradizionali classifiche dei dischi più famosi o più belli della storia della musica. Buon ventesimo compleanno, Grace. Quanto ci piacerebbe riportare in vita Jeff Buckley.