“Rockferry”, l’ acclamato debutto di Duffy. Ecco la recensione
In patria ha avuto bisogno di un periodo di rodaggio ma poi è esplosa e nulla pare più fermarla. Qui da noi (come già anticipato) comincia a sentirsi in radio e riscuote ampi consensi. E’ nata una stella?(Aimee Anne) Duffy è una giovanissima gallese di bell’aspetto e dalle qualità vocali indiscutibili, che ha tentato la
In patria ha avuto bisogno di un periodo di rodaggio ma poi è esplosa e nulla pare più fermarla.
Qui da noi (come già anticipato) comincia a sentirsi in radio e riscuote ampi consensi. E’ nata una stella?
(Aimee Anne) Duffy è una giovanissima gallese di bell’aspetto e dalle qualità vocali indiscutibili, che ha tentato la carta pop per eccellenza dei talent-show ( partecipando nel 2003 all’equivalente del nostro PopStars) per farsi notare ma poi è sfuggita alle luci della ribalta per cercare la sua strada. Pare l’abbia trovata, a giudicare dall’accoglienza riservata: l’album d’esordio “Rockferry” è stato pubblicato nel Regno Unito vendendo qualcosa come 60.000 mila copie in 24 ore.
Si aspetta il fine settimana per la classifica ufficiale, ma è scontato che raggiungerà la vetta e c’è odore di record nell’aria. In Italia l’opera prima sarà disponibile dal mese prossimo per la Universal, ma noi di Soundsblog abbiamo avuto modo di ascoltarlo e vi offriamo la nostra recensione.
Stravolgiamo per una volta la prassi e cominciamo dalla fine, ovvero dal giudizio. Chè è positivo. Le 10 tracce di “Rockferry” sono gradevolissime, di buona fattura, si ascoltano senza resistenza e lasciano piacevoli sensazioni.
Il disco parte piano, suoni caldi e raffinati esaltano una voce potente e alquanto “black”. Quello che non t’aspetti da uno scricciolo bianco e biondissimo. Dal primo pezzo (omonimo dell’album, primo singolo estratto e prodotto dall’ex Suede Bernard Butler) fino al quinto è un fiorire di ballads con atmosfere soul, spunti retrò e vocalizzi “ad effetto”, molto ruffiani, per catturare attenzione.
E la cosa funziona: “Warwick Avenue” e “Sleeping Stone” sono piccole perle, a nostro avviso.
Alzi la mano chi dopo il “Baby, baby, baby spend your time on me” implorato in “Syrup & Honey” riuscirebbe a dirle di no!
La seconda metà dell’album vede un incremento di ritmo, le note corrono via più veloci ed agili. Arriva “Mercy”, il singolo-tormentone del momento in puro stile sixties. Testa, braccia e gambe partono e non c’è verso di trattenerle. E’ il picco musical-emotivo di un progetto palesemente old-school oriented, che attinge a piene mani dalle sonorità anni ’60. Se amate il genere correte a procurarvi questo disco.
Ammiratori e detrattori si stanno già dando battaglia: a chi esulta per la venuta della nuova stellina del pop-soul replicano, piccati e accaniti, coloro che vedono in Duffy poco più che un “clone” di Amy Winehouse. La ragazzaccia londinese ha (ri)aperto la strada al successo del genere e ora tutti son pronti a salire sul carro dei vincitori. E delle vendite facili.
Noi la pensiamo così : non sarà il massimo dell’originalità, d’accordo. Non si inventa niente. Ma la ragazza ha talento, è giovane e ha tutto il tempo per affinare la già buona tecnica e trovare una sua strada più personale. In tempi come i nostri, dove a farla da padrone sono le magiche formule (sempre quel paio) di astuti discografici e format televisivi, possiamo soltanto rallegrarci se dalla fabbrica di plastica vien fuori questo.
Da noi PopStars generò le Lollipop….c’è da aggiungere altro??