Recensione: Coldplay – “Viva la Vida”
Dieci anni e oltre d’attività, 40 milioni di dischi venduti nel mondo, hits entrate nella storia della musica e accostamenti a mostri sacri del rock. Questo il biglietto da visita col quale i Coldplay si presentavano ai fan dopo 3 anni di silenzio discografico, dopo quell’ X&Y che è entrato al numero uno delle classifiche
Dieci anni e oltre d’attività, 40 milioni di dischi venduti nel mondo, hits entrate nella storia della musica e accostamenti a mostri sacri del rock. Questo il biglietto da visita col quale i Coldplay si presentavano ai fan dopo 3 anni di silenzio discografico, dopo quell’ X&Y che è entrato al numero uno delle classifiche di 28 (ventotto) Paesi e li ha definitivamente proiettati nell’Olimpo degli Dei.
Molti, moltissimi artisti avrebbero ceduto alla tentazione di confezionare un album-fotocopia, uguale a quelli passati, e andare sul sicuro. Vivere di rendita, specie nel desolato scenario discografico contemporaneo, sarebbe stato comodo. Non per i Coldplay, a quanto pare. Loro hanno deciso di mettersi in gioco una volta ancora, rimescolare le carte e creare qualcosa di inedito.
Un salto nel buio? Non proprio, perchè di sotto a fargli da rete di sicurezza c’era un certo Brian Eno. Ma il rischio di spiazzare e scontentare gli aficionados era reale, presente, pressante. Il frutto -gustoso- del sodalizio sono le 10 tracce di “Viva la vida or Death and all his friends”, uscito ieri in Italia su etichetta EMI. A seguire la nostra recensione dell’album, con voti e commenti ad ogni singola canzone.
I ragazzi assieme al produttore d’eccezione si sono divertiti a scardinare più d’una delle regolette alla base della composizione di un disco. I pezzi spesso e volentieri cambiano ritmo, si sdoppiano, si destrutturano reinventandosi. Scordiamoci la classica architettura “strofa-ritornello-strofa-ritornello”: qui tutto è atipico e trasformato. A tratti ho come avuto l’impressione di stare ad ascoltare un remix o un mash-up.
Le atmosfere cupe ed introspettive anticipate in un’intervista esclusiva a Rolling Stone USA sono evidenti, modificano -non cancellandolo del tutto però- il coldplay style che abbiamo imparato a riconoscere ed apprezzare in questa decade.
Partiamo con la pagella allora, puntualizzando –se ce ne fosse bisogno- che quella a seguire è l’esplicazione di un punto di vista, soggettivo e suscettibile di variazioni. “Viva la vida” è un lavoro non ordinario, complesso, che ha bisogno di più di un ascolto per esser valutato e che passaggio dopo passaggio arricchisce il giudizio di nuove e sempre diverse sfumature. Valutazioni, commenti, critiche e quant’altro sono le benvenute come sempre.
Life in Technicolor = Azzeccare la traccia d’esordio è sempre difficile. Azzeccarla dopo “Square One” nel disco precedente era una vera e propria impresa. Chris Martin e compagni hanno optato per una soluzione per qualche verso incredibile, sorprendente. Una pillola di poco più di due minuti, strumentale. Una mini-delizia che conquista ascolto dopo ascolto. Voto 8
Cemeteries of London = La “nuova” voce di Chris, che rinuncerà spesso agli ormai mitici falsetti per una più matura e profonda tonalità, debutta con prepotenza su una base solida, ritmata. Si avverte una qualche influenza latineggiante, che segna il tempo e accompagna dei coretti che (sono sicuro) daranno i brividi nelle esibizione live. Voto 8,5
Lost! = Suoni di organo, aulici, si fondono a percussioni e chitarre generando una miscela fluida. Uno dei pezzi più “tradizionali” e convenzionali dell’album. In giro ne circola una versione acustica, voce e piano, di eguale se non addirittura maggiore livello nella sua semplicità. Voto 7,5 (8 la acustica)
42 = Esempio lampante del nuovo corso: parte lentissima, struggente. Poi esplode, letteralmente! E spiazza. Via il pianoforte, avanti chitarre pervasive. Celentano avrebbe difficoltà a decidere, nel suo giochetto televisivo, se è lenta o è rock. Nel finale torna riflessiva. Schizofrenica in senso buono, voto 9 per coraggio e innovazione.
Lovers in Japan/Reign of Love = Altro cambio di stile e direzione, il pezzo ( anzi i pezzi, perché sono 2 distinti e separati per atmosfere e suoni, messi assieme per chissà quale ragione) comincia allegro, scanzonato. Pop allo stato puro, non mi appassiona. La seconda parte rallenta…il risultato non muta. Troppo lunga, un pizzico noiosa. Voto 6,5
Yes = Altra maratona…supera i 7 minuti ma a differenza della precedente si lascia ascoltare con maggiore scioltezza. Un meltin’pot d’effetto, i violini che liberano sonorità arabe, mediorientali, sono bellissimi. Voto 7,5
Viva la Vida = Più consueta nella struttura, è una di quelle emerse prima della pubblicazione ufficiale quindi già rodata e metabolizzata. E’…semplicemente fantastica a mio avviso, potente e agile e intensa e…mille altre qualità. Farà esplodere palazzetti ed arene cantata all’unisono. Voto 10
Violet Hill = Altra “vecchia conoscenza”, è la traccia scelta per rompere il silenzio e far da traino all’album. Un ibrido, a metà tra la classica hit alla Coldplay e la novità-spartiacque della nuova direzione sonora. Ha lasciato perplesso qualcuno ed entusiasmato qualche altro…io le do un bel 8,5
Strawberry Swing = Allegra, soave, quasi disimpegnata. Un esercizio di semplicità ed immediatezza. Voto 7,5
Death and all his Friends = Finale di disco in crescendo…la traccia parte piano per poi infiammarsi. Dopo un assolo di chitarra che si conficca nella testa, la band canta assieme quasi tutto il testo. Potrebbe essere il finale perfetto anche in tour, un saluto corale di certo apprezzato. Se si fermasse ai 3 minuti sarebbe il massimo…invece ce ne sono altri 3 di quasi sola musica, credo superflua (per quanto enigmatica). Voto globale della traccia 7 (senza la coda noiosetta anche 8 le avrei dato).