Quelli che restano, Elisa e Francesco De Gregori: la poesia capolavoro di cui avevamo bisogno [Recensione]
Elisa e Francesco De Gregori confezionano una canzone che emoziona: Quelli che restano è un brano che non potete non ascoltare (e amare)
Quelli che restano è la collaborazione di Elisa e Francesco De Gregori, uscita proprio oggi, 14 settembre 2018. Un duetto che, sulla carta, prometteva bene. E che, fin dal primo ascolto, ha superato ogni aspettativa. Perché questa canzone è una poesia, un dialogo cantato che emoziona davvero. Subito. Oltre 4 minuti di canzone che vorresti non finisse mai.
L’ho ascoltata poco dopo mezzanotte per curiosità. Ho continuato, in loop, fino alle 2. Questa mattina, nuovamente, ho selezionato “Repeat” e continuo a tenerla in sottofondo mentre lavoro, ancora adesso.
Il testo è qualcosa che ti fa sentire abbracciato, malinconico, con gli occhi lucidi. Un brano cantato, a volte sussurrato, che ha la sua potenza proprio in questo. Una fusione di due voci che fa venire voglia di dire “Grazie” ad Elisa e De Gregori per questo regalo. Sì, perché pezzi del genere sono proprio dei doni di cui abbiamo bisogno, in questo periodo che non lesina rap e trap di tutti i tipi e generi.
Più di una volta sei andato avanti dritto dritto sparato contro un muro
Ma ti sei fatto ancora più male aspettando qualcuno
L’istinto, la voglia di mordere la vita, di sapere che fallirai che la vita non è un film da “happy ending”, in alcuni casi. Ma non importa. E continui per la tua strada, sapendo che ti schianterai. E farà male. Ma accade anche se non vai sparato contro un muro e resti, semplicemente, fermo, ad aspettare qualcuno che -poi ti accorgerai- non tornerà mai. In movimento, fermo, il dolore può non risparmiarti in entrambi i casi.
Una poesia che è un inno a chi vive la vita, in tutte le sue debolezze, chi sbaglia sapendo di farlo, chi si accorge di vivere una partita, un gioco, senza saper usare le regole più classiche. Fragile, vivo, vulnerabile. Ma che sa trovare la sua forza proprio nel rendersene conto, nel capire di essere tra “quelli che restano” -nonostante tutto- in piedi, con un equilibrio precario, a rischio di cadere, di farsi male.
Quelli che vivono la vita a pieni polmoni, respirandone ogni odore e profumo.
Quelli che si perdono dietro a follie, intuizioni, momenti di fragilità, sensibilità della quale si farebbe, volentieri. a meno.
Quelli che gli altri, spesso, non comprendono. Che appaiono folli, impulsivi, diversi. Che non vogliono arrendersi al lieto fine (spesso a senso unico)
Quelli che di notte luci spente e finestre chiuse non se ne vanno da sotto i portoni
Ma, proprio gli stessi empatici che sanno capire anche le fragilità altrui. “Pazzi” che possono capire, comprendere. Che appaiono troppo sognatori, sensibili… Folli, con idee fin troppo chiare (“Siamo quelli che guardano una precisa stella in mezzo a milioni”), che non si perdono in alternative futili.
C0glioni, pazzi da cui rifugiarsi quando si vuole comprensione.
Quelli che anche voi chissà quante volte ci avete preso per dei coglioni
Ma quando siete stanchi e senza neanche una voglia
Siamo noi quei pazzi che venite a cercare
Grazie Elisa e De Gregori. L’ho già detto, sì?
Lo ripeto.