Leaving Neverland: i lati oscuri del documentario su Michael Jackson
Leaving Neverland, il documentario shock sulle presunte molestie di Michael Jackson ai danni di James Safechuck e Wade Robson, racconta solo una parte della storia: ecco quello che c’è da sapere.
Dopo aver suscitato scalpore negli Stati Uniti, arriva finalmente in Italia (in onda su Nove, il 19 e 20 marzo) il documentario shock Leaving Neverland, presentato in anteprima all’ultima edizione del Sundance Festival. Il film, diretto da Dan Reed, ha cercato di fare luce sui presunti abusi del re del pop Michael Jackson ai danni di due ragazzini, James Safechuck, 10 anni, e Wade Robson, 7 anni, oggi adulti.
Safechuck e Wade Robson, nonostante in tempi non sospetti avessero negato qualunque accusa pendente sulla testa di Michael Jackson, sono ora tornati alla carica contro l’artista scomparso nel 2009. In base alle loro dichiarazioni, Michael Jackson avrebbe approfittato di loro fisicamente in diverse occasioni.
Il film, trasmesso in America da HBO e in Inghilterra da Channel 4 cerca dunque di mettere in discussione l’immaginario collettivo e ha come obiettivo l’importanza di “rompere il silenzio”, anche quando è coinvolta una figura potente e venerata come nel caso di Michael Jackson.
Eppure, a quanto pare la storia è stata raccontata soltanto a metà. Ecco dunque i motivi per cui Leaving Neverland è un documentario di parte, ricco di lati oscuri e incongruenze.