“A sangue freddo” de Il Teatro degli Orrori è il miglior disco italiano del 2010. Per “Famiglia Cristiana”
Che gli ‘steccati’ in musica siano qualcosa di controproducente (e alla lunga anche noioso) è ormai un fatto che dovrebbe essere praticamente assodato. Eppure – concedetecelo – un po’ di sano straniamento la notizia non può che provocarlo. Dalle pagine del ‘cattolicissimo’ settimanale “Famiglia Cristiana”, arriva la recensione di quello che viene considerato uno dei
Che gli ‘steccati’ in musica siano qualcosa di controproducente (e alla lunga anche noioso) è ormai un fatto che dovrebbe essere praticamente assodato. Eppure – concedetecelo – un po’ di sano straniamento la notizia non può che provocarlo. Dalle pagine del ‘cattolicissimo’ settimanale “Famiglia Cristiana”, arriva la recensione di quello che viene considerato uno dei migliori dischi italiani dell’anno.
State pensando a qualche nome che ha cantato in presenza di Sua Santità? O magari a un misconosciuto gruppo di christian-rock che imperversa negli Stati Uniti? Niente di più distante. L’articolo di Paolo Perazzolo segnala una band che ha ben poche possibilità di finire sul palco della Sala Nervi in Vaticano…
Il Cd italiano più bello del 2010? Se non fosse quello di Zucchero, dei Negramaro, del maestro Paolo Conte, dei Pooh, di Francesco Renga … Bensì quello di una band semisconosciuta, al di fuori dei circuiti della musica alternativa e rock?
Sorpresa: il disco italiano del 2010 secondo Famiglia Cristiana è “A sangue freddo” de Il Teatro degli Orrori. Le motivazioni sono discutibili, frutto di una ‘forzatura’ sul senso dei testi (e di certi riferimenti culturali, come quello a Ken Saro-Wiwa), eppure nell’articolo c’è anche un tentativo di avvicinare messaggi e attitudini che viaggiano su binari da sempre abbastanza distanti:
[…] ricordiamo un Padre nostro violento, duro, ma a nostro avviso non blasfemo, in cui si invoca Dio di liberarci dalla malinconia, ma anche dal malaugurio, dai maldicenti, dagli ignoranti, dai terremoti, dalla fame. Un grido disperato, segno di sensibilità, di un dialogo comunque non interrotto, e infinitamente meglio dell’indifferenza, della superficialità o dell’apatia.
Chissà cosa ne pensa Pierpaolo Capovilla…