Annalisa, Se avessi un cuore: l’adesione all’elettronica e alla “leggerezza” di essere cantautrice [recensione album]
Se avessi un cuore di Annalisa, la recensione dell’album su Blogo.it
La leggerezza è un punto chiave di questo disco. Ho imparato che la leggerezza è quella sensazione che si prova quando molli la presa, quando hai la capacità di lasciarti alle spalle qualcosa e arrendersi ma non mollare, arrendersi in maniera consapevole grazie ad un altro punto di vista che ti fa star meglio
Dopo la sua partecipazione a Sanremo 2016 con Il diluvio universale, Annalisa non ha pubblicato subito il suo nuovo album di inediti ma ha atteso qualche mese prima di rilasciare Se avessi un cuore, anticipato dall’omonimo singolo. Si parte proprio da questo brano in apertura del disco con la cantante alle prese con un pezzo diverso dal suo repertorio e con il quale sembra divertirsi. Il ritmo incalza, diversamente dal titolo, non ci troviamo di fronte ad una ballad ma ad un brano che gioca con il sound elettronico e nel ritornello sale di ritmo, non sfigurando come ipotetico sottofondo da club. Leggerissima è una dichiarazione di resa ma non di abbandono totale (“Sono leggerissima, una goccia che si arrende ma non trema quando scende, sto precipitando libera”). Noi siamo un’isola si avvicina alle atmosfere della titletrack, città deserta e voglia di fuga (“E adesso dove si va, teniamo sveglia questa notte”).
Coltiverò l’amore parla di sentimenti, errori, fortificarsi dopo la fine di una relazione senza smettere di crederci (“Rifarò bene, rifarò male, coltiverò l’amore”). E la scelta diventerà una via di salvezza, di crescita personale e maturità. Uno è la fusione di coppia (“Uno siamo io e te”). E’ una dichiarazione d’amore tra promesse in sospeso e la sensazione di qualcosa di nuovo, di diverso. Potrei abituarmi è una leggera ammissione di fiducia nei confronti dell’altro (“Lo sai potrei abituarmi e senza stancarmi, sei tu, sai davvero guardarmi, nel profondo guardarmi senza provare a cambiarmi”). Cuore spento è il brano che, fino ad ora, ricorda di più lo stile e il sound che, negli anni scorsi, ha caratterizzato Annalisa (“Se adesso volo un po’ più in alto mi sentirai, magari da quassù se mi lancio mi prenderai”).
Inatteso è la sensazione di quello che arriva quando meno te lo aspetti. Letteralmente un fulmine sulla strada che illumina le ombre più scure. Dopo un inizio intimista, il brano prende ritmo. Le coincidenze affronta la fine dell’amore, tra battiti che non ci sono più e un’anima distrutta da qualcosa che ormai è irrimediabilmente concluso (“Hai consumato la mia anima per poi buttarla via”). Quello che non sai di me è una riflessione sulla sua personalità, sulla sua sfera privata (“Quello che non sai di me è che anche io mi sento sola, come quando andavo a scuola”) e quel lato che non emerge pubblicamente ma che la accomuna a tanti altri. Annalisa, una di noi.
Gli ultimi due pezzi del disco sono Il diluvio universale (che già conosciamo da Sanremo 2016) e Used to you è la versione in inglese della sesta traccia, Potrei abituarmi.
Se avessi un cuore è l’album del cambiamento. Lei stessa non la definisce una svolta ma, come ribadito nella conferenza stampa, qualcosa è mutato:
Il Diluvio Universale è stato il perno fra quello che è stato prima e quello che è Se avessi un cuore. Quel brano l’ho sempre vissuto come un’opera unica anche se fa parte della tracklist del disco: ha l’importanza ed il peso di essere così. Rappresenta il passaggio. Se Avessi un Cuore lo vivo come il primo singolo di questo disco”.
E’ innegabilmente così. Il sound dei pezzi presenti è infarcito di elettronica, punta al pop moderno, cerca di mettersi al livello di una musica meno tradizionale nel panorama italiana. I testi sono stati scritti da Annalisa e il risultato è sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti: se ascoltate l’album cercando il sound di un paio di anni fa -Una finestra tra le stelle, ad esempio- non lo troverete. Se, invece, avete apprezzato il primo singolo “ufficiale” del disco -Se avessi un cuore- allora nuoterete felici tra queste onde di elettronica. Il rischio, per la prima tipologia di ascoltatore, è quello di arrivare a riva boccheggiando.