Home Black Stone Cherry a Trezzo – foto, video e report dal concerto al Live Club, 15 Febbraio 2015

Black Stone Cherry a Trezzo – foto, video e report dal concerto al Live Club, 15 Febbraio 2015

La band del Kentucky riempie il club oltre ogni previsione, e fa muovere le chiappe a tutti in un freddo Lunedì sera: ecco com’è andata, con il nostro report ricco di foto ed un video esclusivo

pubblicato 16 Febbraio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 20:40

E’ successo qualcosa di decisamente inaspettato, con i Black Stone Cherry in Italia: sono diventati di soppiatto una band dal grande seguito. Personalmente, mi interesso alla band del Kentucky quasi fin dall’inizio, li ho intervistati quasi ogni volta che son passati in Italia (con gli Alter Bridge nel 2011, al Rock in Idro degli Iron Maiden nel Giugno 2014, e infine come headliner a Milano nell’Autunno 2014), e proprio ai Magazzini Generali “pieni ma non strapieni” li avevo lasciati. Le previsioni per il concerto di stasera al Live Club erano ancora fisse su “abbastanza pieno ma non strapieno”, tenendo conto che era Lunedì, che ci si trovava fuori Milano, che il nuovo disco Kentucky (e relativa promozione) arriverà in Aprile, e che insomma non si sentiva parlare continuamente dei BSC.
E invece, arrivati alle 20.20 fuori dal locale, il parcheggio era strapieno e la fila per entrare sterminata (e, straordinariamente, ordinata!). All’interno, Live Club pieno fin sopra al bar. I Black Stone Cherry, zitti zitti, si sono costruiti una fanbase che va al di là delle previsioni, con un pubblico tendenzialmente giovane e che conosce a memoria tutte le loro canzoni: guardando la band che li ha “lanciati” in Italia, si potrebbe azzardare un paragone con l’ascesa degli Alter Bridge.

La serata inizia con Toseland, la band messa in piedi da James Toseland dopo il suo ritiro dal mondo del motociclismo (sarà una sorpresa per molti, ma il cantante -oltre ad essere laureato in pianoforte- è stato due volte campione del mondo in SuperBike). Avevo già ammirato una sua performance nel 2014 con Michael Monroe, ed il mio giudizio sostanzialmente non cambia (assumendomene ancora una volta tutti i rischi): “la sua laurea in pianoforte e la sua carica sul palco gli garantiscono applausi, e la sua voce (di base buona) a volte tende ad andare in zone che definiremmo ‘Axl Rose nell’era di Spaghetti Incident'”. Anzi: in questi due anni Toseland è cresciuto come frontman, e gli applausi che si prende dopo ogni canzoni continuano a crescere in intensità – si è sicuramente conquistato nuovi fan con questo tour, il che è sempre una cosa positiva.
Fulminante la battuta prima di mettersi a suonare la tastiera Yamaha: il campione di moto con la Ducati si è scusato dicendo “Mi spiace, ma oggi non tocco una Ducati ma una Yamaha”.

La buona esibizione del buon Toseland ha scaldato a dovere il pubblico, che è ormai arrivato a riempire tutto il Live Club, e il locale esplode quando i Black Stone Cherry arrivano sul palco ed attaccano subito con uno dei loro brani più amati, Me and Mary Jane. E’ il delirio fin dall’inizio, si capisce che la setlist sarà ottima e i volumi altissimi per tutto il resto della serata. C’è anche tempo per un paio di anticipazioni da Kentucky, il nuovo disco in uscita ad Aprile, e se per In Our Dreams è già amore incondizionato da parte di tutti, per l’acustica The Rambler il giudizio deve attendere: presentata dal vivo come “un brano a cui teniamo molto”, ad un primo ascolto si rivela un pezzo un po’ ripetitivo e senza particolari guizzi vocali da parte di Chris Robertson.
Nessun problema comunque: si riparte subito con la tripletta Maybe Someday, White Trash Millionaire e Blame It On The Boom Boom, prima di andare ai bis. Dopo Lonely Train, la band annuncia che “We are Black Stone Cherry and we play rock and roll”, prima di lanciarsi in una cover di Ace Of Spades che, per quanto apprezzata, mette in chiaro due cose: 1 – Nessuno la potrà mai cantare come faceva Lemmy 2 – Due chitarre su un pezzo dei Motorhead incasinano tutto il sound. Ma anche in questo caso, non si finisce con l’amaro in bocca: la band si lancia in un bis a grandissima richiesta, Peace Is Free, suonata raramente durante il tour ma concessa proprio per il calore del pubblico, che sicuramente porterà a casa ottimi ricordi della serata.

Questa la setlist suonata:

Me and Mary Jane
Rain Wizard
Blind Man
In My Blood
Violator Girl
Yeah Man
Holding On…To Letting Go
Soulcreek
Things My Father Said
In Our Dreams
Drum Solo
The Rambler
Maybe Someday
White Trash Millionaire
Blame It on the Boom Boom
—–
Lonely Train
Ace of Spades (Motörhead cover)
Peace Is Free