Claudio Baglioni presenta In questa storia che è la mia: “È un album con il quale vorrei lasciare un segno in chi lo ascolterà”
Claudio Baglioni ha presentato il nuovo album durante la conferenza stampa virtuale che si è tenuta oggi, alla quale era presente anche Soundsblog.
Claudio Baglioni ha presentato oggi, lunedì 30 novembre 2020, il suo nuovo album di inediti, In questa storia che è la mia, lanciato dal singolo Io non sono lì, durante la conferenza stampa virtuale alla quale era presente anche Soundsblog.
Composto da 14 brani, un’ouverture, 4 interludi piano e voce e un finale, In questa storia che è la mia è stato presentato come una sorta di “concept album” sulla parabola dell’amore. Per questo motivo, il cantautore romano ha invitato coloro che ascolteranno il disco a goderselo interamente, senza interruzioni, almeno una volta, anche se le canzoni possono anche “vivere di vita propria”:
È un disco démodé, un disco antico, per le sonorità, per lo spirito, per gli echi che ritornano, perché è imparentato con altre cose che mi riguardano… La sua forma è la larghezza ma è fatto anche di segmenti. A chi fosse spaventato dai 78 minuti, dico che tutti i pezzi hanno vita propria. Non sono cortissime neanche le canzoni, 4-5 minuti ma in carriera ho fatto anche di peggio! Mi piacerebbe che, almeno una volta, dal punto di vista suggestivo, l’album possa essere ascoltato dall’inizio alla fine.
Nell’arco della conferenza stampa, Claudio Baglioni si è soffermato spesso su un concetto in particolare, sulle necessità e l’urgenza di lasciare un segno con questo suo nuovo lavoro, come sottolineato anche dal primo verso della prima traccia:
Il tempo è l’avversario micidiale di ognuno di noi. Per quanto sia la tua capacità di affrontarlo, vincerà sempre lui. Possiamo qualche volta pareggiare, affiancarlo, ma siamo sempre a corrergli dietro fino a quando non ci sarà più. Il vantaggio di fare questo mestiere è pensare che ci sarà qualcosa, un ricordo, un po’ di tracce che resteranno anche dopo. Nel primo verso, dico “Ho vissuto per lasciare un segno”. Una volta che la voce tacerà, ci sarà qualcosa che resisterà. Il verbo incidere mi ha ossessionato per tutta la lavorazione del disco. Incidere nel senso di lasciare un segno in chi avrà la bontà di ascoltare questo disco.
Claudio Baglioni ha definito In questa storia che è la mia un’“autobiografia veloce” non dettata, però, dalla nostalgia:
È un’autobiografia dove mancano nomi, date e fatti. In questi decenni, ho perso il ricordo nitido delle cose. Non penso ci sia nostalgia ma penso ci sia la voglia di lasciare un segno, non voglio dire testamento, ma cose che possano essere ricordate. In cuor mio, sento che questo è un buon lavoro perché ho messo dentro tutto quello che so fare. Ho sentito l’urgenza di finirlo, di mettere un punto e andare a capo per fare qualcosa dopo.
Come già anticipato, il nuovo album di Claudio Baglioni è un concept album che “va a pescare tanti momenti di una curva amorosa”:
Gran parte della mia produzione ha come contenuto il parlare dell’avventura e della disavventura del vivere che contiene, ovviamente, l’argomento amore. L’amore ha sempre qualcosa da raccontarci, è la materia, il primo piatto quando ci si siede a tavola. E forse è anche il secondo piatto e il contorno. Con questo album, ho cercato, con il teleobiettivo, di pescare tanti momenti di una curva amorosa, di questa ruota gigantesca che, forse, è l’argomento che ho affrontato di più ma che, forse, è quello che ho capito di meno. In questa narrazione, non pretendo di dire che l’amore domini il mondo. Parlo dell’amore che, a volte, si deve nascondere dal mondo che lo minaccia.
Claudio Baglioni, successivamente, ha parlato di COVID-19 sotto diversi punti di vista, da come ha vissuto il lockdown, sia personalmente che professionalmente, alla crisi riguardante il settore dei lavoratori dello spettacolo, facendo anche un appello agli editori televisivi per quanto concerne i concerti:
È un album che non parla assolutamente di quello che stiamo vivendo. Il compito dell’arte è anche quello di astrarsi da ciò che si sta vivendo. La mia vita personale, durante il lockdown, non è cambiata molto. A volte, ho bisogno di stare da solo. Questa chiusura non mi ha toccato più di tanto ma mi ha fermato incredibilmente il lavoro, è strano. È stato come se questa vicenda mi avesse paralizzato. Mi è sembrata talmente irreale, priva di linee precise. Sono stato 3-4 mesi senza fare niente, lì ho pensato che non avrei finito il disco. Sarebbe un disastro, una bestemmia, non prendere il meglio da questa situazione. Dobbiamo essere migliori da come eravamo prima. La crisi del settore dei lavoratori dello spettacolo? Non ho ricette, credo che non ce l’abbia nessuno e credo anche che non ne esista una sola. Firmare gli appelli ai governi può servire fino ad un certo punto ma poi bisogna anche rimboccarsi le maniche. Io e alcuni miei colleghi l’abbiamo fatto. Oltre ai sostegni di tipo economico, penso ci sia anche il bisogno di cercare nuove forme di concerti. Io non sono d’accordo con chi dice che i concerti non si possano fare. Bisogna trovare una nuova forma, accattivante. È chiaro che non sarebbe la stessa cosa. Se riuscissimo a creare nuove letture, nuove dinamiche, nuove forme di interazione con il pubblico… È una cosa che chiedo agli editori televisivi.
Baglioni ha ribadito, con soddisfazione, anche il fatto che In questa storia che è la mia è un album suonato:
Il proposito era quello di ritrovare un’energia, una vitalità, una verità nella timbrica che fosse riconoscibile. Questo è un disco “in costume”: è come un film che viene girato con abiti, automobili e scene di un’epoca precedente. Le sonorità acustiche ed elettriche sono suonate da persone, come si faceva negli anni ’70. È un album fatto a mano, tutto suonato, come si faceva 40-50 anni fa.
Baglioni, dinanzi alle domande dei giornalisti riguardanti i collegamenti con gli album precedenti, ha confermato questa sorta di “parentela”:
Penso che esista una connessione tra questo disco e altri. Gli interludi sono presenti anche in Strada Facendo, interludi ai quali mi sono ispirato. Nell’album, ci sono tanti rimandi, alcuni chiari, altri sottintesi, ad altri dischi: il padre di quest’album è Oltre, la mamma è Strada Facendo. È un album che sente i 50 anni di musica che ho alle spalle.
Soffermandosi sui testi, Claudio Baglioni ha parlato anche della sua personale difficoltà di trovare le parole giuste per una canzone:
La musica è metafisica, non c’è bisogno di analizzarla, di fare un simposio. Le parole di una canzone, invece, vengono analizzate perché tutti conosciamo il loro significato. Spesso, faccio fatica a mettere insieme parole e musica, è come unire la leggerezza della musica alla concretezza della parola. I rapper hanno elevato la parola, quando c’è stata un po’ di stanchezza, di pigrizia, da parte dei cantautori. Io ho una sorta di schizofrenia come autore. Devo rompere il vetro della difficoltà di mettere le parole nella musica. Non tutte le parole suonano bene: l’italiano, anche se è la lingua del bel canto, non è una lingua molto cantabile. Mi metto lì con molto timore e ci metto mesi prima di scrivere la prima parola. Cerco di mettere le parole esatte. Io invidio tutti quelli che lavorano, usando le parole. La parola è una scienza esatta.
Claudio Baglioni, infine, ha parlato dei 12 concerti alle Terme di Caracalla di Roma che si terranno nel giugno dell’anno prossimo:
Sono fiducioso di fare un buon concerto e sarà emozionante ricominciare. Ci siamo un po’ arrugginiti in questo periodo. Ci saranno 64 musicisti, un coro lirico di 30 elementi, 7 voci moderne e i miei musicisti, una band con altri 15 musicanti, suonatori. Vogliamo fare spettacolo con la musica.
Photo Credit | Alessandro Dobici