Home Interviste Clementino: “Gli americani pensano che non sappiamo fare rap? Si mettano i loro h0t dog nel c*lo!”

Clementino: “Gli americani pensano che non sappiamo fare rap? Si mettano i loro h0t dog nel c*lo!”

Il rapper Clementino, intervistato da SoundsBlog alla vigilia del suo tour per Mea Culpa, ha qualcosa da dire ai colleghi americani (ma anche a quelli nostrani)…

di grazias
pubblicato 26 Novembre 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 01:40

E adesso parliamo di rap con uno che lo conosce bene. Uno che è nel giro da una ventina d’anni e vanta il maggior numero di gare freestyle vinte nel corso della sua carriera. Uno che quest’estate ha fatto le scarpe a talentuosi tv e Sanremini portandosi a casa la vittoria al Music Summer Festival Tezenis Live, e che quest’anno sembrerebbe essere ad un passo dall’Ariston. Insomma, ne parliamo con Clemente Maccaro, classe 1982. In arte Clementino. Il 2013 per lui è stata davvero un’ottima annata grazie anche al disco Mea Culpa, pubblicato per la Universal, e arrivato al quarto posto delle classifiche italiane di vendita. Disco che non vede l’ora di farci riascoltare live nel corso di un tour che sta preparando proprio in questi giorni. Ma non ditegli che il rap italiano, secondo voi, non è destinato a durare. Neanche se siete nati a stelle e strisce e ve la prendete con Emis Killa….

Clementino, stai facendo le prove del nuovo tour per Mea Culpa…

Sì, partiremo con due anteprime. Una il 3 dicembre all’Alcatraz di Milan e l’altra il 5 all’Orion di Roma. Sarà uno show prettamente hip hop e rap con grandi scenografie e una buona dose di teatralità perché molto spazio sarà lasciato al freestyle e all’improvvisazione. Tirerò fuori anche dei pezzi dai miei vecchi dischi. Sarà un diario di bordo di questi mie primi vent’anni di vita nel rap…

L’ultima volta che ti abbiamo visto in tv, vincevi il Music Summer Festival Tezenis Live facendo le scarpe ai tanti usciti dai talent e da Sanremo…

E’ stata una soddisfazione grandissima! Alla fine eravamo rimasti in tre e quando ci hanno chiesto da dove venissimo, uno ha risposto “X Factor”, l’altra “Amici”. Io ho risposto “Nola” perché è da lì che arrivo. Sono molto felice di aver vinto anche perché avevo portato un pezzo, O’ Vient, in dialetto napoletano. La mia vittoria significa che, magari, la mentalità dell’ascoltatore medio italiano si sta un po’ aprendo…

Beh, c’è anche da dire che il rap italiano sta vivendo un periodo d’oro. Prova ne sia il fatto che fioccano le collaborazioni tra rapper e rappresentanti di altri generi musicali. Tu hai qualche sogno nel cassetto in questo senso?

Guarda, io ho già collaborato con alcuni esponenti della musica italiana da Jovanotti a Meg passando per Il Cile. Però mi piacerebbe fare qualcosa con Manu Chao per quanto riguarda gli artisti internazionali e, guardando invece all’Italia, punterei a Carmen Consoli e Neffa. Con Pino Daniele stiamo provando dei pezzi per i suoi concerti e sicuramente tireremo fuori qualcosa di inedito. Di nomi, comunque, ne avrei in mente moltissimi!

Sarà pure un periodo d’oro, come dicevamo, ma, com’è inevitabile che sia, arrivano anche le critiche. Lo sa bene Emis Killa che è andato ai Bet Awards e si è sentito dire di tornare in Italia a mangiare spaghetti dopo aver proposto la sua Wow…

Ma davvero? Non lo sapevo! Mi dispiace che sia successo a Emis, ma forse ha rischiato a portare un pezzo come Wow ai Bet Awards. Comunque io da napoletano che viene da un Bronx più Bronx di quello americano, avrei risposto per le rime ad una critica del genere. Se io non posso fare rap, non vedo perché loro debbano cantare O Sole Mio quando si sposano. A questo punto non avrebbero nemmeno il diritto di fare la pizza! E’ chiaro che se ti presenti con un pezzo come Wow, loro hanno tutto il diritto di dirti: “Torna a casa a mangiare spaghetti” ma se ci fosse andato qualcun altro, o Emis avesse portato altri temi, sarebbero stati loro a sentirsi in dovere di andare a mangiarseli! Gli americani sono i fondatori di questo genere, è vero, ma che ci vadano piano! Io, ad esempio, mi sento molto più black di loro in molti aspetti. Ti pare che uno che viene da Scampia possa essere criticato da un americano pieno di soldi? Se l’avessero detto a me, avrei risposto qualcosa tipo: “Io torno a mangiarmi gli spaghetti, va bene, ma tu ficcati il tuo hot dog su per il c*lo!”.

Ma il rap, spesso, rischia di essere frainteso anche in Italia. A volte sembra essere quasi una posa…

Quando succede questo è perché si perde il messaggio che questo genere da sempre vuole portare. Va bene, ci sono quelli che si fanno vedere coi macchinoni e le fighe perché vogliono dimostrare di essere usciti da una situazione di disagio, ma non c’è solo questo. Per me, come ti accennavo, la cosa fondamentale è il messaggio. Per questo ho fatto canzoni come O’Vient o La Luce che parlano di disagio, dell’immigrazione, dei tanti dei nostri che sono andati in America a cercare fortuna. Poi i temi del rap possono essere i più vari, certo, ma prima di tutto, il rap devi saperlo fare. E non è per tutti.

Non è per tutti, ma in moltissimi lo fanno. Tanto che ora se n’è accorta pure la televisione italiana tra talent come Amici e gare di freestyle come Mtv Spit. Come viene raccontato questo genere in tv?

Come ti dicevo, il rap non è per tutti ma, un po’ come la pizza, tutti si sentono in grado di farlo. Detto ciò, questo genere è scoppiato in Europa già da qualche anno e ora, finalmente, anche la tv italiana se n’è accorta. Anche perché i ragazzi non ce la facevano più ad ascoltare sempre e solo i vecchi cantanti sanremesi. E’ un bene che ci sia questa attenzione verso il rap ma, visto che è da poco che se ne parla in tv, il genere non è ancora nella sua giusta categoria. E’ comunque un inzio e sta a noi, rapper con un pochino più di esperienza, il compito di educare il pubblico. Per “educare il pubblico” intendo fare canzoni intelligenti che parlino di temi importanti. E’ facile vendere con il tormentone idiota e capisco perché molti scelgano di farlo, ma ai fini della promozione del genere, questa cosa non serve a niente!

Tu sei anche attore teatrale. Come influisce questo sui tuoi live?

Beh, ho studiato teatro e devo dire che averlo fatto mi ha reso più sicuro in quanto a presenza scenica durante i miei concerti. Non ho paura di improvvisare. Certo, poi l’emozione prima di salire sul palco c’è sempre. Pensa che ancora tremo prima di ogni concerto!

Ma davvero un rapper abituato a vincere le gare di freestyle trema?

Sì, ed è una cosa buona, molto buona. Perché significa che sei rimasto umile. Ad essere presuntuosi si dà di meno al pubblico e chi ti segue se ne accorge. E poi l’emozione non può mai essere una cosa negativa.

E tutta questa emozione la porterai anche all’Ariston? Si dice che tu sia in lizza per Sanremo, quest’anno…

Eh, ci devo pensare! (ride). Insomma, no comment…

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