Dardust, S.A.D. STORM AND DRUGS: “So che è un disco difficile ma la profondità e l’onestà che ho riversato in questo album è il mio più grande successo”
Dardust, ecco l’intervista per l’uscita dell’album S.A.D. STORM AND DRUGS
S.A.D. STORM AND DRUGS è il disco di Dardust che rappresenta l’ultimo capitolo di una trilogia discografica che attraversa l’asse geografico/musicale Berlino – Reykjavík – Edinburgo, il primo progetto italiano di musica strumentale capace di unire il mondo pianistico minimalista all’attuale immaginario elettronico di matrice Nord Europea.
Ecco la tracklist dell’album
Sublime
Prisma
Storm and drugs
Without you
Rückenfigur
S.A.D.
Sturm I – Fear
Sturm II – Ecstasy
Beatiful solitude
Il disco potrebbe essere quasi definito un lavoro autobiografico, un viaggio che attraversa la sua vita dal bambino che era all’uomo che è oggi, passando attraverso tempeste emozionali e senso di riscatto.
Per la scelta del titolo del disco, Dardust si è ispirato al termine “Sturm und drang“, corrente tedesca di fine Settecento che vedeva come protagonisti alcuni scrittori e pittori come Goethe e Caspar Freidrich.
S.A.D. STORM AND DRUGS si apre con Sublime, brano che svela la doppia anima dell’artista capace di unire due immaginari diversi; continua con Prisma, simbolo della creatività e della musica che lo ha salvato e si conclude con Beautiful Solitude, una sorta di riscatto finale ben perfettamente evidente anche dalla copertina dell’album che ritrae Dardust con un pugno alzato in segno di vittoria.
Abbiamo fatto alcune domande a Dardust in occasione dell’uscita del disco, pianificata il 17 gennaio 2020. Ecco cosa ci ha raccontato.
L’ultimo singolo, in radio da venerdì 10 gennaio, è Rückenfigur e ha anticipato, come terzo estratto, il tuo nuovo disco S.A.D.- Storm and drugs. Ci puoi raccontare come è nato questo pezzo?
E’ il terzo singolo, Rückenfigur, viene dai quadri di David Caspar Friedrich. Racchiude l’immagine di queste figure ritratte di spalle, di fronte a questi scenari, sono lì per vivere il concetto del sublime, collegato al secondo singolo. Fa parte di questo percorso, questi concetti e sentimenti.
L’album ha il nome di “Storm and drugs” che è anche una traccia proprio del disco, molto personale, nel quale ti metti a nudo. E’ un viaggio dal tuo passato fino ad oggi, dall’adolescenza. Come è stato portare fuori questi temi?
E’ stato molto naturale, credo che l’onestà paghi sempre. Sto notando proprio oggi, con la stampa, che non è da tutti parlare di queste cose personali ma per me è stato proprio spontaneo, ingenuo… E’ un disco dove le parole non ci sono, era importante raccontare il vissuto, mi è sembrato doveroso e onesto dire la verità. L’album nasce da questa tempesta che ho affrontato. E’ un mio vademecum per uscire, appunto, da questa tempesta. L’attività creativa è nata come processo catartico, è fondamentale per me parlarne in maniera onesta. Doveroso.
Anche coraggioso in questo periodo sociale di apparenza, immagine, anche via social dove tutto deve essere finto, perfetto…
Mi fa piacere che lo dici, credo sia comunque il messaggio finale, come uscirne fuori da quello che ti dà la sofferenza, un periodo così. Vivere degli eventi e non averne il controllo. Quando sei impotente, vivi una frustrazione, una cosa finisce, sparisce o vivi la falsità delle cose. Quando non ne hai il controllo l’esperienza è traumatica. Il messaggio è come uscirne fuori. Nella copertina ci sono io col pugno alzato come gesto per rompere un muro, uscire fuori e tornare allo scoperto.
Hai parlato dell’uscirne fuori, della soluzione importante al termine di questo periodo. E nel disco, la tua ultima traccia è Beautiful Solitude dove viene espressa la pace ritrovata, un risultato immagino non facile da raggiungere
Quando ho scritto il disco non stavo sicuramente bene e quando l’ho ideata ho detto “Questo è il punto dove voglio arrivare e dove non vedo l’ora di arrivare”. Ci ho messo più di un anno a uscirne fuori, passava il tempo e mi chiedevo perché non arrivasse quel mood, il rimanere soli con una nuova maturità e vivere bene. Non arrivava mai, poi è giunta, finalmente. Era lo spiraglio che mi davo, ci ho messo un po’.
Non so se la pensi così, o se è così per te, ma la solitudine la definisci “Beautiful”, bellissima. E’ la solitudine il giusto equilibrio, proprio la capacità di stare da soli per poi trovare quei colori necessari e aprirsi agli altri?
La solitudine è essere indipendenti e godere della solitudine è uno step fondamentale per aprirsi al nuovo, a quel qualcosa in più. Ma anche lì ho cercato delle scorciatoie per non vivere il momento (che poi è necessario e formativo). Il cambiare te stesso e trovare un baricentro proprio, personale. Alcuni lo raggiungono, altri meno, non c’è una vera e propria regola. I colori del disco sono i colori della tempesta e adesso che è finito, quando lo suono, quando lo performo, vivo le tracce ritornando lì in maniera potentissima e con una forte risposta mia personale. Mi sorprende e mi fa capire che ho fatto un lavoro onesto. So che è un disco coraggioso, difficile da capire ma la profondità e l’onestà che ho riversato in questo album è il mio più grande successo.
Ultima domanda, collaborazione infinita nel ruolo di autore. Immagino che non sia così facile o scontato trovare la giusta sfumatura per ogni artista, cucirgli addosso un vestito adatto…
E’ difficile, sorprendente, ma se ti metti in discussione, se abbassi l’ego e diventi un compagno di viaggio, entri nella visione dell’altro artista e gliela ridai con prospettive diverse. Non è poi così complesso, forse la laurea in psicologia ha aiutato… forse sì, forse no… (sorride, ndr) in verità non è così complicato. Essendo molto curioso, avendo molti gusti musicali diversi, mi piace essere sorpreso anche io ogni volta dalle stesse risorse, anche inaspettate. E’ sempre una sfida.