Home Interviste DrefGold a SoundsBlog: “Goblin è un album che va oltre le aspettative. Nel rap riportiamo tutto: la vita e la realtà”

DrefGold a SoundsBlog: “Goblin è un album che va oltre le aspettative. Nel rap riportiamo tutto: la vita e la realtà”

DrefGold si racconta a SoundsBlog con l’uscita dell’album “Goblin”: come è nato il disco, i brani più intensi da realizzare e quei primi dischi ascoltati dei Club Dogo (intervista)

8 Novembre 2024 18:52

DrefGold è tornato con il quarto e attesissimo disco “Goblin”, fuori da venerdì 8 novembre 2024 per Epic/Sony Music Italy. Un’opera matura, sincera e un po’ di rivalsa che segna il ritorno in grande stile del talentuoso rapper bolognese, a tre anni di distanza dal successo del precedente album.

Il disco è disponibile in diversi formati. Il CD standard e il Vinile Verde sono disponibili in tutti gli store mentre sul Sony Music store è disponibile il Cd autografato + maglietta, il vinile arancione autografato e il cd autografato.

Il nuovo progetto di DrefGold contiene 14 brani nella versione fisica e 13 in quella digitale. “GOBLIN” è un viaggio nelle profondità dell’immaginario di DrefGold, arricchito da featuring di grande spessore. Nomi di spicco della scena trap italiana, quali CAPO PLAZA, TEDUA, TONY BOY, TONY EFFE, BRESH e PYREx, con il loro stile inconfondibile, prendono parte a questo nuovo progetto ospitati dalla “kanaglia” più fresh della nuova wave del rap italiano. Ogni collaborazione è una fusione esplosiva, pensata per esaltare il ritorno che DrefGold ha pianificato con grande dedizione e volontà di sperimentazione musicale.

DrefGold incontrerà i fan durante questi instore:

Domenica 10 novembre – ore 19.00 – Bologna – Semm Music Store & More – Via G. Oberdan, 24F
Martedì 12 novembre – ore 15.30 – Roma – Discoteca Laziale, Via Mamiani, 62A + ore 18.30 Napoli – Feltrinelli, Stazione Piazza Garibaldi

Abbiamo intervistato DrefGold per parlare del suo nuovo disco, Goblin, delle sue influenze, dei pezzi ai quali è più legato e quelli più complicati nella genesi. Ecco cosa ci ha raccontato.

Intervista a DrefGold, ‘Goblin’ è il nuovo album

Goblin DrefGold

Inizierei chiedendoti quanto tempo è stato necessario per la realizzazione di questo disco

Il disco ha iniziato a prendere forma già alla fine del lavoro su Elo Overtime, quindi non ho mai interrotto davvero la produzione musicale. Tuttavia, il momento in cui Goblin ha cominciato a concretizzarsi, in cui ho trovato la direzione artistica, l’immaginario visivo, e selezionato i brani essenziali per il progetto — inclusi dettagli come i colori che avrebbero definito l’atmosfera dell’album — risale a circa un anno e mezzo fa. È stato un processo complesso sotto certi aspetti, ma una volta stabilita la visione, la realizzazione vera e propria è stata più lineare.

Nell’album sono presenti numerosi artisti, da Tony Effe e Capo Plaza. Qual è stata la prima collaborazione nata per il progetto?

Il primo feat., cronologicamente, è stato Tony Boy

C’è un pezzo, nella tracklist, che ha richiesto maggiore attenzione nella produzione o al quale sei più legato per motivi personali?

Ce ne sono due, molto diversi. Quello che ha creato più problemi nella produzione musicale è stato Junky Bar, perché a volte capita che si perdano dei file ed è successo proprio questo, abbiamo perso un file di un flauto che faceva un giro incredibile. Per riprodurlo, abbiamo dovuto farlo suonare a un ragazzo, che è riuscito a riproporlo in maniera identica. Stavamo quasi impazzendo perché non riuscivamo più a trovarlo. Però, al di là di questi problemi, la composizione più complessa è stata Purple Rain, perché è un pezzo che si allontana un po’ dal mio stile musicale. Ha richiesto più lavoro nella parte sonora e c’erano alcuni passaggi che, per me, strizzavano troppo l’occhio ad altri tipi di sonorità, quindi abbiamo dovuto lavorarci sopra. Purple Rain è anche il pezzo a cui sono più legato, per motivi personali, perché mi ha permesso di esprimermi al 100%, al di là del fatto che mi piace sempre fare quello che sento.

A 12 anni avevi un tuo piccolo studio che ti eri creato nella tua stanza. Il ragazzino di allora avrebbe immaginato di poter raggiungere tutti questi traguardi di oggi?

Il problema principale è legato alla città da cui provengo, Bologna, dove spesso manca l’ambizione e la voglia di farcela con il rap. La scena rap in Italia è sempre stata concentrata su Roma e Milano, e questa cosa mi ha condizionato a lungo, al punto che non avevo aspettative sulla mia musica, proprio perché mi sembrava quasi impossibile. Quando poi è successo tutto, è stato gratificante.

Ero anche consapevole di tanti esempi dall’America: artisti che non guadagnano solo con la musica, ma da altre attività, e a un certo punto ho trovato un mio equilibrio. Mi sono detto: non ho problemi economici, ho tutto ciò che desidero, e faccio la mia musica. Chi mi ascolta, mi ascolta, e a me basta. Oggi molti vedono la musica come un business, come se fosse un percorso di studi: ‘mi impegno e ce la faccio,’ ma per la musica non è così semplice.

Sento dire spesso ‘vado a Milano per fare musica’, ma secondo me prima di spostarsi bisogna avere le idee chiare. Io sono venuto a Milano solo quando, nella mia piccola cameretta, avevo già capito di avere qualcosa di unico e di qualità. Non mi sarei mai aspettato di essere qui oggi, ma sono molto contento di esserci.

Hai sempre dichiarato di aver avuto un’influenza dalla trap americana. Quali sono gli artisti con i quali, un giorno, sogneresti di poter collaborare?

Sicuramente, uno su tutti è Young Thug insieme a tanti altri come Shift, giusto per citarne alcuni. Forse proprio loro due sono quelli più iconici ed emblematici per il mio percorso. Li vedo un po’ come delle divinità di questo genere, persone che hanno influenzato un’infinità di artisti in questo decennio, e continueranno a farlo. Hanno lasciato tanti tasselli fondamentali in questa cultura, soprattutto negli ultimi anni, quindi direi loro due, senza dubbio.

Ricordi il primo disco comprato quando eri ragazzino e, se c’è, una canzone che ti ha folgorato e ti ha fatto capire che la musica sarebbe stata la strada da seguire?

Mi ricordo che tutto è iniziato a casa di mio cugino che vive a Milano. Lui è dell’89, io sono del ’97, quindi quando andavo su a trovare i parenti, spesso capitava di stare con lui. Aveva già questo disco –Vile Denaro dei Club Dogo –era il 2007. Mi gasai subito e da lì si è accesa la scintilla. Il primo disco che ho comprato con i miei soldi, però, fu nel 2009, sempre dei Club Dogo, Dogocrazia. Penso sia stato il mio primo vero acquisto.

Non c’è una singola canzone che mi abbia colpito più di altre, ma ricordo che un giorno d’estate, al mare, incontrai un ragazzo di Milano che aveva un iPod – cosa super figa ai tempi – con dentro artisti che per me erano nuovi: Fabri Fibra, Vacca, Club Dogo, Marracash. Mi si aprì un mondo, e capii subito che quei nomi sarebbero diventati importanti per me, anche solo come ascoltatore.

Forse la traccia che mi è rimasta più impressa è stata *M-I Bastard, perché Vile Denaro mi trasmetteva un senso di rivalsa, come a dire: ‘prima o poi sarò anch’io di Milano.’ Oggi, alla fine, ci vivo da sette anni. In un certo senso, il music business ti porta a diventare un po’ milanese. E quindi sì, direi che i Club Dogo sono stati quelli che mi hanno spinto a credere nel rap, anche se non sono nato qui.

A 18 anni hai pubblicato il tuo primo mixtape e hai dimostrato la tua determinazione e le idee chiare. In quegli anni, in famiglia o con gli amici di quel periodo da adolescente, quando parlavi di musica e delle tue intenzioni, eri supportato o c’era scettiscismo, visto che spesso è un sogno di tanti ma sono pochi quelli che fanno della passione il proprio lavoro?

Bologna, oltre ad essere una ‘basket city’, e anche una ‘hip-hop city’. A Bologna respiri e mastichi rap, soprattutto in certi ambienti. Con i miei amici, per esempio, ci facevamo le file fuori dai live di Marracash e Vacca. Eravamo fan, tutti gasati, anche se poi ci sfottevamo tra di noi – tipo ‘ah hai fatto quella roba lì, ma fa schifo e così via.

Per fortuna i miei genitori sono sempre stati dalla mia parte. Mi sento fortunato, perché erano molto aperti mentalmente. Mio padre, per dire, non mi ha mai dato riferimenti banali. Lui ascoltava Frank Zappa, veniva dal mondo punk, e negli anni ‘70 era andato a vivere a Brighton, dove c’erano tutti quei movimenti…. Quindi quando ho iniziato a voler fare musica mi hanno sempre sostenuto. Ricordo con un po’ di tristezza che ad alcuni miei amici veniva imposto cosa fare e pensavo: ‘cavolo, che sfortuna.’ Non che fossero cattivi genitori, anzi, ma sotto l’aspetto artistico mi sono sentito fortunato. Poi mia madre ha sempre scritto romanzi, quindi anche lei capiva queste cose. Hanno sempre saputo cosa facevo. Per dire, una volta si è arrabbiata di brutto perché ero salito su un grattacielo a fare un video, rischiando tanto – e poco dopo, la scala che avevo usato per salire è stata smontata. Però, appena possono, vengono a vedermi ai concerti e non mancano mai.

La trap e il rap oggi sono un successo evidente nelle classifiche e negli streaming. Quali sono gli ingredienti che, secondo te, hanno permesso a questo genere di conquistare le vette e di dominare le charts italiane e, spesso, internazionali?

Finalmente, direi. È come se il mondo stesse andando nella direzione giusta, anche se a volte troppo lentamente. Il rap spesso è percepito come qualcosa che non porta sempre messaggi positivi. Certo, ci possono essere bei messaggi, ma la cultura rap è molto legata alla vita personale di un artista, quindi riportiamo tutto, le cose belle e quelle brutte. Non intendo cose brutte in senso violento o pericoloso, ma, ad esempio, se un artista parla di certe esperienze o sostanze, è ovvio che faccia parte della sua realtà. Non dico che sia positivo per un giovane ascoltarlo e pensarla così, però è così che funziona il mondo: ogni esperienza personale va vista come tale, senza demonizzarla. Per farti capire, io non ho mai provato tante cose nella vita, forse proprio perché non mi sono mai state vietate.

Definiscimi l’album “Goblin” con tre aggettivi e, in attesa che esca, cosa devono aspettarsi i tuoi fan dall’ascolto del disco?

Dall’ascolto, sicuramente si troveranno di fronte a qualcosa di acido, pungente, ma anche stiloso. Devono aspettarsi un’ondata di roba fresca e nuova, con tante sorprese. Molti dei miei fan più stretti, secondo me, non si aspetteranno alcune scelte, come per esempio le sonorità che non avevo mai esplorato prima. È un album che va oltre le aspettative, soprattutto per quanto riguarda le sonorità e le direzioni che ho preso. Ci sono cose più inaspettate che li sorprenderanno.

Goblin, ascolta l’album di DrefGold

  • ORAZIO KANE
  • GHOSTBUSTER feat. Capo Plaza
  • TZUNAMI
  • PURPLE RAIN feat. Tedua
  • SACRIFICI
  • MILLY ROCK feat. Tony Boy
  • INFLUENCER
  • BABE feat. Tony Effe
  • JUNKIE BAR
  • I WANT U feat. Bresh
  • RICK STEP OWEN
  • ALLERTA METEO feat. Pyrex
  • VECCHIA GUARDIA
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