Escape The Fate, Ungrateful: l’intervista con Craig Mabbitt, l’impegno contro il bullismo
Il cantante del gruppo post-hardcore americano prende una posizione netta contro gli abusi di ogni genere.
Attivi fin dal 2005, gli Escape The Fate hanno saputo ritagliarsi un ruolo di spicco nel mondo del metalcore/post hardcore, grazie anche all’orecchio ‘commerciale’ del cantante Craig Mabbit, entrato nel gruppo nel 2008 e subito al lavoro sul secondo disco della band. La svolta nel sound fu apprezzata da molti, ma i fan della prima ora continuano ancora oggi a rimpiangere i tempi del primo cantante, Ronnie Radke.
La verità, però, è che proprio con Craig la band ha trovato il successo, e oggi si trova a presentare Ungrateful, il quarto disco in carriera (il terzo con Craig), un disco annunciato come un ritorno alle origini, con una linea post-hardcore più definita e tagliente.
Il tutto è stato anticipato dal singolo che porta lo stesso nome dell’album, un videoclip durissimo che parla di bullismo. Consigliamo la visione del video prima di leggere l’intervista con Craig, visto che gran parte della discussione si basa su di esso, e sugli effetti devastanti del bullismo, a qualunque età.
Avete impiegato molto tempo per sfornare questo disco: avete iniziato a lavorarci all’inizio del 2012, e solo un anno e mezzo più tardi potremo trovarlo nei negozi. Cosa ha rallentato il processo?
“Sono cambiate molte cose, nell’ultimo anno: abbiamo un nuovo bassista, e questo ha cambiato qualcosa all’interno della band, e poi abbiamo un nuovo manager, e una nuova casa discografica. Poi, quando pensavamo di aver finito di incidere tutti i brani, li abbiamo ascoltati masterizzati da un produttore e non ci piacevano per niente, quindi abbiamo cambiato produttore, ma anche lì c’era qualcosa che non ci conviceva, quindi alla fine abbiamo anche auto-prodotto il disco, un processo piuttosto lento…”
Hai anche trovato il tempo di fondare un nuovo side-project, nell’attesa che questo disco uscisse…
“Scrivere musica è l’unica cosa che mi piace veramente, e se ci sono dei rallentamenti con una band, ne metto in piedi un’altra per non avere tempi morti. Però poi, quando sono con una band o un side-project, mi concentro solo su quelli, non mi ‘distraggo’ con altre composizioni. Sono sicuro di non essere l’unico musicista a cui piace tenersi occupato stando nel campo della musica – e dopotutto, è sempre meglio che avere l’alcool come hobby, o cose del genere! A me piace solamente continuare a scrivere canzoni.”
Il primo impatto che la gente ha avuto con il vostro nuovo disco è stato con la canzone “Ungrateful”, ed in particolare con il durissimo videoclip dedicato alla lotta contro il bullismo. Il video è come un pugno nello stomaco, la storia di bullismo ciclico raccontata fa quasi star male, e sicuramente spinge l’ascoltatore a riflettere sull’argomento. Come ti sei sentito, la prima volta che hai visto il video montato, finito e sincronizzato con la vostra canzone?
“La primissima volta che l’ho visto, ne sono rimasto molto colpito. Anche se la storia l’avevo scritta io, anche se ne avevo parlato a fondo con il regista, vedere poi sullo schermo esattamente quello che avevo visualizzato nella mia testa è stato fantastico.
Sono d’accordo, le immagini sono brutali, ma è quello che volevamo fare: non volevamo creare un video ridicolo, pieno di buoni sentimenti e con un finale positivo. Volevamo mostrare che spesso questi atteggiamenti sono il risultato di una spirale di violenza, non si fermano a scuola, il bullismo si può manifestare anche sul posto di lavoro, o nella privacy della propria casa… e ognuno poi si sfoga su qualcun altro. Volevamo mostrare come il cerchio deve essere spezzato.”
A che livello personale ti senti coinvolto, nei riguardi del bullismo?
“Venivo preso in giro dagli altri bambini alle medie, a casa mio padre mi picchiava continuamente, e da un certo punto di vista anche oggi sono vittima di attacchi via internet, attacchi da parte di gente a cui non piace la mia voce, la mia band, il mio genere musicale. Vengo criticato da ‘fan’ degli Escape the Fate ai quali non va giù il fatto che io sia subentrato ad un altro cantante, nonostante lui avesse inciso un solo disco mentre io abbia cantato su tre album e sia nella band da sei anni. Il bullismo purtroppo ha fatto parte della mia vita fin da bambino, e cerco in tutti i modi di non diventare anche io un bullo, di non reagire alzando la voce, perchè come scriviamo alla fine del video, è ora di spezzare la catena. E’ un processo che deve partire da noi, in prima persona.”
Alla fine del video sono mostrate molte foto di ragazzi e ragazze che si sono tolti la vita a causa del bullismo. Un momento molto emotivo, tenendo conto che sono persone vere.
“Eppure, se leggi i commenti del video su YouTube, c’è molta gente che dice che alla fin fine chi si è ucciso era un codardo, che ha scelto la via più facile, che forse si era andato a cercare le prese in giro… e poi c’è una marea di gente che litiga su quanto io faccia più o meno schifo. ovviamente c’è libertà di parole, ognuno ha una sua opinione su tutto, ma scrivere certe cose dimostra di non aver capito niente nemmeno di questo video, che tu giudichi così duro. E’ una cosa tristissima.”
Essere il padre di una bambina di sei anni aumenta il grado di preoccupazione verso il fenomeno del bullismo?
“Sì, assolutamente, è una cosa a cui penso ogni giorno e che vedo ogni giorno in azione. Lei sta finendo l’asilo, dannazione, ma ci sono già segnalazioni di casi di sopraffazione di studenti su altri bambini. E queste schifezze non se le inventano di certo i bambini di sei anni, certi comportamenti si apprendono in casa, è questa la cosa ancora più terribile, e che mi spinge ancora una volta a dire che bisogna spezzare il circolo vizioso della violenza e del bullismo.
Non voglio che mia figlia debba vedere tutto questo, ma spesso mi racconta di un bambino che ne ha picchiato un altro, e io cerco di farle capire che queste cose non devono succedere.”
Non voglio paragonare le due cose, ma tu pensi di essere vittima di bullismo, quando suoni ad un festival e sei preso a bottigliate dal pubblico?
“Principalmente gli insulti e gli attacchi mi arrivano via web, il cyber-bullismo ha veramente preso piede. Certo, ai festival c’è sempre qualcuno in prima fila che magari apprezza la band ma che per motivi assurdi ce l’ha ancora con me, e urla per tutto il tempo che faccio schifo e che vuole l’altro cantante. Ma non reagisco a queste provocazioni, perchè penso che se cerchi di essere superiore a queste persone, se cerchi di essere una persona migliore, allora magari anche chi ti sta accanto cercherà di essere una persona migliore, e si noterà un cambiamento. Sarebbe facile prendere una bottiglia piena di piscio arrivata sul palco, e tirarla indietro sul pubblico. Ma probabilmente non colpirei chi l’ha lanciata, e poi mi sentirei male.”
Passando ad altri argomenti, sembrerebbe che il testo di ‘Live fast, die beautiful’ parli di stalker, di groupies che sfruttano la band… sono esperienze personali?
“In un certo senso sì, sono esperienze personali da cui mi sono tirato fuori da tempo, ma il cuore della canzone è legato al fatto che io non so come si parli ad una ragazza, quando sono a casa, lontano dal tour. Non so rimorchiare, non so qual è la maniera giusta di comportarsi, perchè sono in tour da quando avevo 16 anni, e mi basta fare un giro per il locale dove ho appena suonato, e le ragazze vengono da me e fanno tutto loro. La canzone parla di queste ragazze, che in realtà non vogliono me, ma vogliono una persona famosa, per potersi vantare, credendo che questo le porterà lontano, chissà dove. Sono persone a cui non piace Craig, ma piace ‘il cantante degli Escape The Fate’; non piace Hugh Hefner, ma piace il proprietario di Playboy e vogliono vivere nella Playboy Mansion – la canzone è una presa di coscienza di questo fatto, e il mio modo per avvertirle che sono cambiato.”
Il brano ‘One for the money’, invece, sembrerebbe un modo simpatico per dare il benvenuto nella band a Michael Money, il nuovo bassista che si aggiunge al fratello Monte nella lineup?
“Sì, è una canzone leggera e divertente, molto rock and roll, il nostro modo per dare inizio alla festa, anche sul palco.”
Oltre al cambiamento nella lineup, c’è stato anche un lieve cambiamento nel sound degli Escape The Fate, e per qualche motivo sei sempre tu a prenderti tutta la ‘colpa’ dei cambiamenti, vieni ancora accusato di essere ‘il nuovo cantante’ e di aver ‘rovinato la band’. Come reagisci a questi commenti?
“Parlando di Michael, lui suonava con gli ETF fin da quando sono arrivato io. Aveva un ruolo non ufficiale, e adesso finalmente è entrato a far parte a tutti gli effetti della band, ma non è un ragazzino nuovo, e sicuramente è meglio del bassista ‘storico’, che per motivi di ‘abuso di sostanze’ non faceva il soundcheck, a volte si addormentava nella pausa prima dei bis, e che doveva essere spinto a forza sul palco. Se alla gente piaceva questo atteggiamento per nulla professionale, non so cosa farci. Per noi lo spettacolo deve continuare, questo oltre alla nostra passione è anche il nostro lavoro, e deve essere portato avanti con professionalità.
Per quel che riguarda le critiche rivolte a me, a volte quando le band cambiano il cantante si perde il sound del gruppo, e la gente smette di parlarne e lamentarsi perchè la band diventa un fallimento e non è nemmeno interessante parlare del nuovo cantante. Se si parla ancora del ‘nuovo cantante degli Escape The Fate’, è per due motivi: uno, l’esperimento è riuscito, e infatti sono al terzo disco con la band; due, l’ex cantante della band ha un certo successo con la sua nuova band, quindi anche lui è sempre sotto i riflettori, e i fan lo vedono in giro e ascoltano entrambe i gruppi, continuando a paragonarli. Per me, che si parli bene o male, l’importante è che si parli, che il nome degli Escape The Fate continui a girare.”
Molti altri fan, fortunatamente, hanno pienamente accettato la tua posizione nella band, e ti amano in tutti i modi possibili. Ad esempio, sei consapevole di quanta fan fiction esista su di te e sulla tua band, là fuori su internet? Storie fantasiose di incontri sessuali nel backstage, storie di voi della band che ve la spassate gli uni con gli altri… ogni genere di fantasia è esplorata, mettendo al centro te!
“Ahaha, sì, sono pienamente consapevole dell’esistenza della fan fiction, ho anche letto alcune storie prima di rendermi conto che erano un po’ ‘malate’, e che sicuramente non aceva bene a me scoprire cosa sognano alcune fan. Reputo comunque che sia un enorme complimento, il fatto che qualcuno scriva lunghe storie con me come protagonista, e di persona cerco di fare foto e parlare con chiunque, ascoltare quel che hanno da dirmi, e sorridere alle loro proposte… In alcuni casi però le proposte oscene diventano un po’ troppo pesanti, in alcune parti del Sud-America spesso se allungo una mano verso il pubblico, mi ritrovo con i vestiti strappati e qualcuno che cerca di palpeggiarmi! Anche lì, niente di male, però se mi continuano a strappare le magliette, devo comprarmene altre e non ho abbastanza soldi per rifarmi il guardaroba!”
Ultime parole famose per gli (assatanati) fan Italiani?
“Suoneremo presto dalle vostre parti, il 19 Giugno a Treviso e il 20 Giugno a Milano. Saremo in tour con Papa Roach e Otherwise, due band della nostra nuova etichetta, la Eleven Seven. Ci vediamo lì!”