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Federico Dragogna, Dove nascere è il nuovo album: intervista al cantautore

Federico Dragogna ha rilasciato il suo primo disco, Dove nascere, uscito il 5 maggio 2023. Ecco l’intervista al cantautore

9 Maggio 2023 16:05

Disponibile da venerdì 5 maggio, per Pioggia Rossa Dischi, “Dove nascere” è il primo disco solista di Federico Dragogna produttore e penna dei Ministri. Il nuovo lavoro, nato e cresciuto tra Milano e Genova, contiene dodici brani inediti scritti da Federico Dragogna e prodotti da lui insieme a Mattia Cominotto.

Dopo aver condiviso vent’anni di canzoni con i Ministri, Dragogna, a quarant’anni, ha sentito l’esigenza e la necessità di prendersi carico direttamente di quello che voleva dire e di dare il suo nome ai brani che custodiva da tempo e che sono visioni di un attimo, lavorate poi con una lentezza d’altri tempi, come polaroid lasciate per anni al buio in un cassetto a trovare i propri colori.

Ecco le parole di Federico Dragogna nel parlare del suo nuovo album:

“Dove nascere è un disco che incrocia un’attitudine antica a soluzioni moderne, esattamente come nel mio zaino convivono sempre un quaderno e un computer – due compagni di viaggio inseparabili durante tutta la lavorazione del disco. Ma se da una parte ho amato usare tutto quello che l’oggi metteva a disposizione per scrivere e registrare musica, ho anche lavorato in modo che ogni canzone possa funzionare ugualmente nella sua versione più spoglia, in modo che possa essere suonata anche durante un gigantesco black out – continuando ad essere la stessa canzone.”

Ascolta l’album “Dove nascere”

Questa la tracklist del disco di Federico Dragogna:

1. Dubbi
2. Scomparire il rumore
3. Musica per aeroporti
4. Dove nascere
5. Spugna
6. Non tornare adesso
7. Lavorare è il mio secondo lavoro
8. Cascate
9. Fibra
10. Sentiti libero
11. Sei diventato un uomo
12. Cacciatori

A seguire l’intervista a Federico Dragogna.

Intervista a Federico Dragogna

In “Dubbi” parli di come tutto oggi sembri dover essere netto e radicale. Ma, per chi si mette in discussione e vuole avere un pensiero libero, possa essere anche salvifico (e complicato) mettersi in discussione. C’è un dubbio -o sfumature di esso- che ha caratterizzato la tua vita o che maggiormente, a livello caratteriale, ti contraddistingue?

Un grande dubbio che mi accompagna da sempre? Credo che l’idea che l’influenza dei gesti sul destino degli eventi, comunemente chiamata scaramanzia, sia uno dei paradossi che più mi affascinano. Sono cresciuto ateo e profondamente razionalista, ma profondamente affascinato appunto dall’idea che quello che accade abbia una sua trama invisibile e accessibile attraverso strade altre. C’è un aneddoto (non so se vero o falso, ma vale uguale) su Niels Bohr, lo scienziato: pare che tenesse un ferro di cavallo appeso sopra la sua porta. A un amico stupito che gli chiese “ma dai, ci credi davvero?”, pare che Bohr rispose “no ma funziona anche se non ci credi”. Ho il dubbio che tutto quello che capita dipenda da qualcosa o viceversa che dipenda solo dal caso, o dal caos, che è un suo anagramma.

Nel tuo zaino possiamo trovare un quaderno e anche un computer. Ieri e oggi, musica di un tempo e quella più moderna, che caratterizza anche i tuoi pezzi. Quanto il moderno -anche a livello musicale- rischia di appiattire o togliere emozioni al suonato e cantato, se non è ben dosato?

Da un punto di vista strettamente tecnologico, oggi la simulazione degli strumenti acustici ha superato la nostra capacità di discernere tra vero e falso – quindi potremmo essere convinti di ascoltare un pianoforte quando in realtà stiamo ascoltando la sintesi di un pianoforte. Per dire, sono cresciuto con le colonne sonore di Badalamenti, che per gli archi usava delle tastiere digitali come la Roland D50, e di certo non si puó dire che non emozionino. Insomma, il cervello puó essere fregato abbastanza facilmente, ma bisogna anche saperlo sedurre e affascinare, specie di questi tempi in cui si è ormai abituato a sentire suoni di ogni tipo. E credo sia questo, oggi come ieri, il dovere di chi fa musica.

Il disco si intitola “Dove nascere” e uno dei paradossi di questa società è proprio come la casualità del luogo di origine e appartenenza possa diventare altare dal quale puntare il dito verso chi è stato meno fortunato di noi…

Non solo questa, ma tutte le società sono nate da uomini che hanno cercato fortuna, che hanno cercato un posto migliore dove piantare una tenda, costruire una casa, fare dei figli. È letteralmente la forza che ha fatto muovere il genere umano, e mai si fermerà. Noi che siamo appunto nati con le carte giuste, nel posto giusto (per quanto anche qui c’è chi dagli appennini si sposta a Milano e da Milano si sposta a New York) dimentichiamo che non stiamo parlando perció di un problema di oggi o di qualcosa che possiamo risolvere con un paio di slogan.

In particolare, il brano Dove Nascere cerca di riflettere su questo, di tornare un po’ al punto zero della discussione, immaginando per assurdo che un giorno il progresso arrivi a darci la possibilità di scegliere dove nascere. Un assurdo logico appunto, e la cosa che più gli si avvicina è semplicemente il migrare – cioè il decidere dove nasceranno i tuoi figli.

“Non tornare adesso” è una ballad che offre un punto di vista davvero interessante: la necessità di ritrovarsi e di rimettersi in ordine prima di sperare che la persona amata possa tornare con noi. Il saggio convincimento che prima di poter amare (e condividere) è necessario avere un equilibrio nella nostra solitudine. Come hai lavorato, su questo? Sei sempre stato uno “lucido”, nei momenti più emotivamente coinvolgenti?

Sì, credo che quello del pezzo sia un consiglio valido e prezioso. Ma non dipende dalla mia lucidità, quanto più dall’esperienza e dai miei errori, e precisamente dal fatto di non aver saputo aspettare quando dovevo. Questa canzone è un po’ una testimonianza che spero torni utile a chi dovesse ritrovarsi in una situazione simile: è difficile, è doloroso e controintuitivo, ma rimettersi in ordine prima che lei o lui torni è l’unico modo per ricominciare veramente.

Quanto è durata la lavorazione del disco e come è iniziata la genesi di questo tuo primo progetto solista?

Il primo pezzo che ho scritto, dei dodici che compongono l’album, è stato Scomparire il rumore, nel 2017. Ma la volontà di fare un disco solista parte da prima, forse letteralmente da quando ho scoperto la registrazione con un vecchio mangiacassette. Volevo peró che arrivasse al momento giusto, un momento in cui sarei stato capace di prendermi tutta la responsabilità di quello che dicevo, cantavo e suonavo. Quando è arrivata la pandemia, che ha fatto riflettere credo tutti sul fatto che non bisogna rimandare troppo a lungo i propri progetti, ho deciso di stringere un po’ i tempi e il caso ha voluto che questo esordio arrivi, come da luogo comune, in contemporanea coi fatidici quarant’anni.

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