Fosch Fest con Carcass: foto-report del Day 2, 8 Agosto 2015
Carcass, Arkona, Heidevolk, Kampfar e tanti altri: scopri com’è andato il secondo giorno del festival (blasfemo!) a Bagnatica
Secondo giorno di Fosch Fest 2015, dopo il “riscaldamento” del Venerdì ad ingresso gratuito e con band tutte italiane – riscaldamento dal grande successo, e che ha portato molte persone a campeggiare fin dall’inizio del fest, facendo già comprendere che si sarebbe trattata di una edizione di “grandi numeri”.
Qui di seguito un report di quel che abbiamo ascoltato, accompagnato da 50 foto di band e pubblico: guardate la galleria qui sopra per vederle tutte (in ordine inverso, dall’headliner agli opener), e se volete lasciare commenti o guardare tantissime altre foto del pubblico potete cercarvi sulla pagina Facebook di MusicaMetal/Tutto il meta di Soundsblog.
Il Sabato si apre con un sole torrido, che picchia su molte schiene già scottate il giorno prima, ma alle 14.30 si inizia già a suonare: con l’incitazione del cantante “Andiamo Raga” i Veratrum iniziano a suonare, cercando di attirare fuori dall’ombra un po’ di persone. In effetti c’è un buon numero di persone a salutare il gruppo bergamasco, che sfoggia discreta tecnica ed un mix audio perfetto, che permette addirittura di comprendere larghi passaggi del cantato growl in Italiano. Il caldo li penalizza, ma sicuramente hanno combattuto con onore.
Si passa poi ai Methedras, visti pochi mesi fa di supporto ai Morbid Angel. Il nuovo cantante si dimostra un gran frontman fin da subito, con presenza scenica e soprattutto voce: farsi applaudire dall’ex cantante (che proprio a Trezzo aveva salutato la band per l’ultima volta) non è impresa da poco, e se sta bene all’ex, starà bene anche a tutti noi. I Methedras temono molto meno il caldo (anche se si devono spogliare a metà set), e l’intensità non molla mai, venendo promossi dal pubblico presente.
I tedeschi FinsterForst (in italiano “Selva Oscura”, nome ottimo per il Festival Fosco) compiono svariate magie durante il loro set: ottengono il primo pogo selvaggio, ottengono di far saltare e ballare tutti, e portano un cielo plumbeo che rinfresca tutto. Il sole sparisce, spira un vento gelido del nord (e non stiamo parlando per metafore!), e ci si può godere il loro set, laddove si era temuto in piccolo anti-climax visto che la band stessa aveva eseguito il soundcheck prima di suonare – veder sul palco i musicisti alle prese con accordature, e dopo pochi secondi rivederli in tenuta da battaglia uccide un po’ l’atmosfera, forse, ma il loro look “sporco” li rende simpatici a tutti, merito anche di un fisarmonicista in pantaloni corti che salta ovunque sul palco. Nota di merito per l’aver scambiato le bestemmie di incoraggiamento del pubblico per la frase “One More Song”. Por** *** in coro in effetti ha proprio lo stesso suono…
Gli Heidevolk devono tanto al Fosch Fest: lo dicono in una pausa loro stessi, dicendo che il ricordo di una loro precedente esibizione (2011) è fra le cose che li ha convinti a portare avanti la band in tempi di cambi di lineup. Fedeli allo spirito “folk” del Fosch, gli Olandesi propongono più canzoni cantabili e pogabili, rispetto a quelle più aggressive del loro catalogo, ed il risultato è spettacolare, con un paio di wall of death e molto pogo eseguiti mentre si canta allegramente. Le due voci si integrano perfettamente, la band è quadrata dietro di loro, e lanciano anche t-shirt gratis al pubblico (per la long-sleeve la raccomandazione è: “Non so se voi abbiate mai un Inverno qui, mi sembra faccia caldo sempre, casomai non indossatela oggi eh!”). Tutti li amano, e si vede un parterre davvero pieno e partecipe per loro.
Lunga pausa preventivata per far riposare la gente e mangiare e bere (anche se, ahimè, in 50 minuti si riesce a malapena a fare lo scontrino, quindi si dovrà mangiare in seguito), e poi tocca ai Kampfar, che rispetto ai FinsterForst sanno bene cos’è una bestemmia: il bassista porta sulla tracolla il gadget immancabile della giornata, un pezzo di nastro adesivo stampato da chissà chi con su un pensiero profondo rivolto al Signore – nastro adesivo che tutti hanno indossato con orgoglio sulle tshirt, con risultati come “Metal For Emergency” trasformato in “Metal For Por** ***”, “Amon Por** ***” e via dicendo. Fate un gioco: aggiungete Por** *** a qualsiasi vostra tshirt, e vedrete che migliorerà il vostro appeal sociale.
Divagazioni a parte, i Kampfar hanno spaccato con un sound veramente mastodontico (il basso faceva vibrare tutto), e con la bandiera del Black Metal che ha sventolato fiera sul palco.
Arkona, quindi. Epici. La loro scelta di cantare in russo rende il pagan metal ancora più mistico, ed il growl della cantante Masha Arkipova è potente quanto quello della migliore Angela Gossow. Lo spettacolo lo fa tutto lei, con la sua carica, contrapposta alla calma dell’altrettanto biondo e lungo-crinito suonatore di flauto, che passa attraverso vari strumenti a fiato, cornamusa compresa, restando però immobile. Rispetto ai gruppi precedenti, non si poga molto durante il loro set, e non si riesce a cantare una lingua così diversa dalla nostra: si rimane tutti estasiati dalla visione di Masha, che ringrazia in inglese il Fosch Fest e si dice contenta di essere venuta a Bergamo questa sera.
Cosa si chiede, ad un concerto di una band technical death metal? Si chiede che le chitarre si sentano perfettamente, per godere delle complessità cromatiche del loro arpeggio brutale.
La gioia di ascoltarci per bene i Carcass è stata purtroppo negata a larghe fasce del pubblico: dalle prime file li abbiamo visti, li abbiamo applauditi, ci siamo commossi con Heartwork, ma alla fine dei conti, abbiamo sentito bene i testi e poco la musica. Problemi tecnici che arrivavano quasi fino al mixer (dal mixer in poi il sound era perlomeno accettabile), problemi dei quali la band non si è accorta, visto che nessuno ha fatto un granchè per risolverli – ma il dato di fatto è che spesso o si sentiva una chitarra o l’altra, ogni tanto la batteria sparava a mille, e c’erano anche variazioni sonore da destra a sinistra, come se si stesse testando il Dolby Surround nel mezzo di un concerto. Ogni tanto tutta la musica a destra, ogni tanto tutta a sinistra. In mezzo, il colossale Jeff Walker, che in effetti non ha mai avuto problemi tecnici, continuando a cantare e suonare il basso con ferocia, e a parlare italiano fra un brano e l’altro (anche se l’iniziale “Buonasera Bergamo” è sembrato a molti “Buonasera VEGANO”, un messaggio contrastante rispetto al contenuto chirurgico delle canzoni della band Inglese).
Alla fine l’amore vince su tutto, e la gioia di aver visto i Carcass vince sui problemi tecnici, e bisogna ringraziare il Fosch Fest per aver messo a segno il colpaccio di aggiudicarseli per questa data estiva. La band era in gran forma, carica anche più dell’ultimo concerto visto a Trezzo nel Novembre 2013, ed è stato un piacere vederli. Ma se per tutto il giorno non ci sono stati problemi tecnici, non resta che affidarsi all’adesivo più in voga del festival, per un commento tecnico preciso.