Fotografi Metal: Paolo Manzi, dal caos alla staticità
Perfettamente a suo agio a ritrarre sia il caos sopra ad un palco metal, sia nella quiete di una foto nella natura, Paolo Manzi è il fotografo fondatore di Holy Metal e affermato fotografo naturalistica
Non è facile passare dal documentare il caos che si scatena sopra ad un palco durante i concerti metal, alla tranquillità e obbligata staticità della fotografia naturalistica: eppure Paolo Manzi ci riesce, coniugando questi due mondi così lontani, indossando la giacca di jeans con le toppe anche durante le sue escursioni, ma anche portando ai concerti il suo tele-obiettivo con colori mimetici (che, dopotutto, è una cosa molto metal).
Paolo è il fondatore di Holy Metal, mentre sul suo sito www.paolomanzi.it potrete trovare i suoi scatti più “tranquilli” (ma, in realtà, doppiamente sudati!).
Partiamo dalle basi: come, quando e soprattutto perchè hai intrapreso la strada del fotografo di concerti?
Ciao, innanzitutto grazie per l’intervista, nel corso degli anni ne ho fatte tante ma non mi era ancora capitato di trovarmi dall’altra parte della barricata.
Il mio approccio alla fotografia è arrivato a metà anni’90 utilizzando l’attrezzatura di famiglia. Agli inizi fotografavo durante viaggi e vacanze, qualche paesaggio e le feste con gli amici, semplici foto ricordo che per la maggior parte ora faccio con lo smartphone.
Sin da quando ho iniziato ad andare ai concerti sono stato incuriosito dalla figura del fotografo, guardavo questi tizi con il loro pass appeso al collo e la macchina fotografica…a dire il vero anche con un pò di invidia. All’epoca portare ad un concerto anche solo una macchinetta usa e getta era rischioso, il più delle volte te la bloccavano all’ingresso e comunque con macchine a pellicola, specialmente in concerti al chiuso, sarebbe stato quasi impossibile portare a casa scatti decenti stando tra il pubblico.
Così accadde che un bel giorno venni reclutato come redattore per una webzine e pian piano iniziai a muovere i primi passi nell’ambiente del giornalismo musicale. Ma non mi bastava scrivere recensioni, report e fare interviste, io volevo fare il fotografo! Volevo entrare in quella sottile striscia di terra delimitata dalla transenna da un lato e dal palco dall’altra, che per le prime 3 canzoni diventava il territorio di queste figure quasi mitologiche.
Dopo qualche anno, nel 2003, ho deciso quindi di fondare un mio portale dove dare ampio spazio anche alle immagini. Ho reclutato alcuni amici e siamo partiti per l’avventura. Così in poche parole nacque Holy Metal e, in parallelo, ebbe inizio la mia carriera di fotografo di concerti. Nel corso degli anni, senza mai abbandonare holy metal, ho avuto la fortuna di collaborare con alcune riviste di settore sia cartacee che on line.
E perchè hai scelto la scena metal (e affini, ovviamente – hard rock, un po’ di punk…), per praticare le tue doti fotografiche?
Fotografare heavy metal e hard rock è stato un passaggio quasi obbligato, sono da sempre stato un fan dei questo genere musicale, da quando nel 1992 mi passarono la cassetta di “…and justice for all” dei Metallica, da quel momento, per molti anni, per me non è esistito altro genere di musica se non l’heavy metal. Non che adesso ascolti altro. ma invecchiando ho iniziato ad accettare il fatto che esistano anche altri generi musicali ahahaha.
Ti sei mai spinto a fotografare qualche band che si allontanasse nettamente dalla scena metal? Come ti sei sentito in quei casi?
Nel corso degli anni mi è capitato di fotografare altri generi musicali, ricordo con piacere un concerto di Davide Van de Sfroos, un mini festival Jazz (proprio non ricordo i nomi delle band), persino un musical in un teatro.
All’inizio mi sono sentito un pò fuori posto, soprattutto temevo che, non conoscendo il genere muscale, avrei potuto avere problemi a scattare. Invece mi sono reso conto che fotografare heavy metal, spesso in piccoli locali, con condizioni di luce disastrosa e soggetti che non ne vogliono sapere di stare fermi è stata un’ottima palestra. Non ho ancora trovato un genere di musica così “difficile” da fotografare per via delle numerose variabili e imprevisti che possono capitare ad un concerto metal. Diciamo che nella maggior parte dei casi i soggetti stavano belli fermi al loro posto, con buone luci e, cosa da non sottovalutare, non dovevi preoccuparti che qualche fan esaltato o addirittura qualche musicista ti cadesse in testa.
E’ il momento della “invidia del pene”. Parlaci della tua attrezzatura.
La mia attrezzatura è cambiata notevolmente nel corso degli anni, solo adesso posso ritenermi soddisfatto, ho trovato le 2 lenti perfette per fare più o meno tutto quello che mi serve. Un bel 70-200 f2.8 canon, molto utile sia per i primi piani sia per fotografare nel festival all’aperto o su palchi particolarmente grandi, mentre per i locali più piccoli uso un 24-70 2.8. Avere una lente molto luminosa è indispensabile perché quasi sempre si scatta con diaframma aperto del tutto.
In quei rari casi in cui capita di dover fotografare da mixer ho un tele più spinto che di solito uso per altri generi di fotografia.
Come macchina invece prevalentemente uso una canon 1d MK4, mi ci trovo molto bene sebbene non sia uno degli ultimi modelli, anche se sto valutando di affiancarle una macchina full frame per avere un campo visivo più ampio quando sono in locali più piccoli.
Cos’è una serata “fotograficamente no” per te?
Per me fare foto è un piacere per cui una serata “no” può essere un palco particolarmente buio, con luci prevalentemente rosse o dove viene utilizzato molto fumo, tutte cose che potrebbero non consentirmi di portare a casa le foto come avrei voluto, spesso quando parto da casa ho determinate aspettative, come ad esempio una posa particolare su un soggetto, un’azione.
Oppure semplicemente ti fai i conti per fotografare i classici “primi 3 pezzi” e quindi cerchi di suddividere il tempo sui vari musicisti ma vieni allontanto (per differenti motivi) in anticipo dal pit, per cui te ne vai con un lavoro che, almeno nella tua testa, risulta incompleto.
Ricordo un anno a Piazzola sul Brenta a fotografare i Motorhead, la transenna crollò dopo nemmeno metà della prima canzone, per ovvi motivi di sicurezza fummo allontanati immediatamente e non ci venne più data la possibilità di rientrare una volta ripristinata la transenna. Fu comunque un gran bel concerto che ricordo con piacere ma dal punto di vista prettamente fotografico la definirei una serata decisamente NO.
Qual è la soddisfazione più grande che ti sei preso fino ad ora, grazie alle foto scattate ai concerti?
Al di là di tutti i concerti che sono riuscito a vedere, direi che aver potuto fotografare band come Metallica, Iron Maiden, Slayer o Motorhead, con cui ho iniziato ad avvicinarmi a questo genere di musica è stata una grandissima soddisfazione. Nel corso degli anni sono riuscito a conoscere anche di persona alcuni musicisti come Ronnie James Dio o una delle mie band preferite che seguo attivamente dagli esordi, gli Amon Amarth.
Ci mostri una foto scattata di recente che ti ha dato soddisfazioni?
Ve ne mostro un paio, la prima è stata fatta a giugno al teatro degli Arcimboldi di Milano a Zakk Wylde, oltre ad essere il mio chitarrista preferito, questa foto mi piace molto per il mix tra la posa (molto guitar hero) e il gioco di luci. Tra la folta chioma si intravede un’occhio socchiuso, quel particolare secondo me dona qualcosa in più allo scatto, mostrandoci uno Zakk quasi in trance mentre esegue uno dei suoi assoli.
(Altre foto di Paolo da quel concerto su Holy Metal: Zakk Wylde, Milano – Teatro degli Arcimboldi – 6/9/2016)
La seconda è completamente diversa, l’ho scattata a luglio al Bang Your Head festival in Germania ai Dragonforce, è un momento particolare in cui il chitarrista salta dalla pedana su cui si trovano le tastiere e che sono riuscito a “fermare” mentre era ancora sospeso in aria. E’è una scena molto dinamica dove l’essere stato sul palco e non nel pit mi ha aiutato notevolmente ad avere un’angolazione differente rispetto ai soliti scatti a cui sono abituato.
Ci si campa, con la metal live photography?
Forse qualche anno fa, probabilmente qualcuno all’estero ci riesce ancora ma personalmente è solo un debito, tante spese e zero entrate. Lo faccio per passione perchè è quello che avrei sempre voluto fare. Certo poterlo fare di professione, anche scendendo a compromessi e fotografando altri generi musicali, resta il sogno nel cassetto, potrei seguire molti più eventi senza dovermi districare tra lavoro e fotografia, ma va bene così, in fondo sono arrivato dove volevo arrivare e anno dopo anno mi tolgo ancora le mie belle soddisfazioni.
Oltre ai concerti, sei molto specializzato nella fotografia della natura – ci sono affinità nel fotografare il caos sopra un palco, e stare fermi per ore sperando che il volatile che aspetti si posi sul ramo giusto?
Direi che quasi sotto ogni aspetto è completamente l’opposto, dietro ai lunghi tempi di attesa spesso ci sono settimane di lavoro per trovare il posto giusto dove appostarsi e capire le abitudini del soggetto a che si vuole immortalare. In questo genere di foto cerco anche di limitare al minimo il disturbo per gli animali cercando di essere il meno invadente possibile per cui mi mimetizzo al meglio e cerco di fare il minimo rumore, mentre ad un concerto come puoi ben immaginare l’unico modo per disturbare un musicista sarebbe quello di salire sul palco e prenderlo a calci mentre si sta esibendo…
Anche in questo caso ti voglio sottoporre 2 scatti differenti sia per soggetto che per tipologia di realizzazione.
Il primo è un “semplice” Torcicollo (Jynx torquilla) un piccolo uccellino molto sfuggevole, fotografarlo ha richiesto diverso tempo perché si lascia avvicinare prevalentemente appena arriva dalla lunga migrazine dall’Africa, mentre maschi e femmine si chiamano per cercare di formare una coppia. La finestra di tempo è molto breve, 2 o 3 settimane al massimo dopodiché diventa molto più difficile da individuare e molto meno confidente per poterlo avvicinare ad una distanza fotografabile. Poi a settembre riparte per il continente africano per cui bisogna attendere diversi mesi per poterci riprovare.
La seconda invece è frutto di alcune ore di cammino in montagna, i soggetti sono 2 maschi di stambecco iberico (Capra pyrenaica) immortalati mentre stanno lottando per accaparrarsi il diritto ad accoppiarsi con le femmine del branco, in questo periodo sono talmente occupati a lottare tra di loro che quasi non badano a chi gli si avvicina, per cui la difficoltà risiede maggiormente nello scovare e successivamente immortalare i soggetti nel momento giusto.
Piccolo spazio pubblicità: se qualcuno volesse vedere altri miei scatti ho un sito web dedicato a questo indirizzo www.paolomanzi.it
Ho dato il via a questa rubrica sui fotografi metal parlando con Six Catalano, che anni fa prese una dura scelta, abbandonando la scena della fotografia concertistica, e ancora oggi la sente come “una ferita nell’anima”. Tu potresti mai tornare a vedere concerti come semplice spettatore, senza l’adrenalina che si prova durante i primi tre pezzi quando la band entra sul palco e tu sei ai loro piedi, con la macchina fotografica in mano?
Innanzitutto va detto che sono fan di molte delle band che vado a fotografare quindi la cosa peggiore che mi potrebbe capitare sarebbe quella di non riuscire più nemmeno a partecipare ad un concerto come spettatore.
Certo è che per me andare a fotografare un concerto è un pò come il Natale, se poi si tratta di un festival con tanti gruppi ancora meglio! Non potrei fare a meno di quella scarica di adrenalina, o anche solo di incontrare le solite facce che vedo ormai da anni, dai vari “colleghi e colleghe” agli amici della security, i promoter o i semplici abitué della transenna quello è ormai il mio mondo e mi piace davvero tanto.
Ti confesso che a volte quando guardo un concerto automaticamente una parte del mio cervello valuta la qualità delle luci, il tipo di inquadratura migliore e automaticamente mi ritrovo a partorire scatti immaginari, forse un giorno dovrò andare da uno “strizzacervelli” ahahaha.
Ho fatto carte false per poter partecipare ad alcuni eventi, a volte partendo da casa con condizioni meteo proibitive o febbricitante oppure al termine di pesanti giornate lavorative ma lo rifarei.
Non credo che morirei senza le foto ai concerti ma sicuramente ne soffrirei molto per cui credo che finché potrò farò il possibile per stare in quel pit aspettando che arrivi “lo scatto perfertto” come la mia mente l’aveva concepito, in caso contrario avrò passato l’ennesima serata in compagnia di amici facendo quello che mi piace e ascoltando buona musica.