Francesco De Gregori ricorda quando si scusò con Gianni Morandi…
Buonanotte Fiorellino al centro della disputa.
In un’intervista rilasciata a Vanity Fair, Francesco De Gregori si racconta, prima dell’impegno con il tour estivo in programma nelle prossime settimane. E, ricordando gli anni passati, riflette e rivela un episodio del passato del quale, poi, si è pentito:
Dal punto di vista della prestanza fisica e dell’agilità, certo che ce l’ho. Adesso prima di chinarmi a raccogliere le chiavi di scatto ci penso due volte e se devo fare una corsa per salire sull’autobus preferisco non prenderlo. Il meccanismo perde colpi, ma so che è così per tutti e non ci rimugino sopra. In cambio ho altre cose: una lucidità diversa, una pacatezza nei confronti del mondo, un’inclinazione al perdono verso me stesso e verso gli altri, una capacità di mediazione che da ragazzo non avevo. (…) Quando litigavo pensavo di aver ragione, certo, ma se uno si scusava con me apprezzavo l’onestà dell’interlocutore. Ma è successo raramente. È accaduto piuttosto il contrario, e cioè che abbia chiesto scusa io. Avvenne con Morandi. Era un periodo in cui Gianni – che poi riuscì perfettamente nell’impresa – stava cercando di riemergere dopo un periodo difficile. Un momento delicato in un processo di rinnovamento, e io gli feci una carognata
De Gregori spiega cosa successe: al centro della disputa con il cantante, fu il brano “Buonanotte fiorellino” che Morandi aveva reinterpretato e inserito in un suo album:
Aveva preso la mia canzone più famosa e dal mio punto di vista l’aveva stravolta tagliando una strofa e rendendola quel che non avevo mai desiderato diventasse: una canzone zuccherosa. La faceva cominciare con “Buonanotte, buonanotte fiorellino” invece che con “Buonanotte, buonanotte amore mio”. Lei mi dirà che non c’è differenza, ma per me che l’avevo scritta la differenza c’era eccome. Sta di fatto che andammo in tribunale e un giudice inopinatamente mi diede ragione bloccandogli il disco e creandogli un danno psicologico e tecnico (…) Ci siamo guardati a lungo in cagnesco. Poi, anni dopo, ci siamo incontrati a una riunione o a una festa, lo vidi da solo al tavolo, mi alzai e andai a salutarlo: “Gianni, scusami, quella volta ho fatto una cazzata ma oggi non la farei più