Fred de Palma a Blogo: “Sono un bad BoyFred, non voglio omologarmi agli altri rapper”
BoyFred raccontato da Fred de Palma. Intervista di Blogo.
E’ uscito oggi, 2 ottobre, il nuovo disco di Fred de Palma: BoyFred. Un album contenente quattordici tracce attraverso le quali il rapper torinese racconta l’amore, il suo mondo e la sua età. Sempre con talento ed ironia. Si tratta del primo album con una major, la Warner. Ci sono differenze con il passato? “E’ solo cambiata la professionalità – racconta a Blogo – Sono sempre io che faccio la mia musica. E’ un cambiamento impercettibile dal punto di vista artistico. E’ una grande soddisfazione, approdare in una major è il sogno di chiunque faccia musica“.
Quando un rapper passa da un’etichetta indipendente ad una major rischia si espone a critiche dal “mondo del rap”, rischia di venir accusato di essere diventato troppo “commerciale”. Corri pure tu questo rischio?
“Non è un rischio. Ormai il rap è un genere mainstream a tutti gli effetti. Anche quelli che criticano questa strada, sono i primi a volerla percorrere. Se arrivasse pure a loro una proposta del genere, sarebbero i primi ad accettarla. E’ un po’ la frustrazione del rap italiano”.
Ma la tua musica è ancora rap o va definita ‘trap’?
“Io sono contrario alle etichette. Nel 2015 è brutto dare delle etichette ai generi musicali. Se io, domani, volessi fare un brano rock, non potrei? Io preferisco fare musica, senza pormi limiti”.
Il titolo dell’album, BoyFred, è un gioco di parole…
“E’ una mia particolarità, ho sempre fatto molti giochi di parole ed il titolo BoyFred mi sembrava quello più giusto anche per rispecchiare il concept di questo disco”.
Una delle tue caratteristiche è l’ironia…
“Il freestyle ha influito sulla mia elasticità sullo scrivere i testi. Io sono abituato a scrivere i testi delle canzoni in un’ora, quando ci pensi troppo – forse – è meglio rinunciare perché il testo comincia a perdere di efficacia e spontaneità”.
Hai sdoganato anche alcune parole come “brasa”. Hai sempre cercato di inventarti cose nuove.
“Ho cercato sempre di differenziarmi dal resto. Quando tutti dicevano ‘zio’ o ‘fra’, io dicevo ‘brasa’. Non mi piace connotarmi in una realtà che già esiste, quindi ho cercato di inventarmi degli slang miei”.
Canti: “Eri fatto in strada ora hai fatto strada, non ti scordare mai che sei venuto da qui”…
“Ci tengo al mio passato. I miei amici, quando mi vedono, mi ricordano sempre questa cosa. Il passato rimarrà impresso nella mia testa: la musica che faccio arriva da lì ed è giusto che esprima quelle radici. Ed avere delle radici, soprattutto per il genere che faccio io, è importante”.
“Facevo lo stipendio coi freestyle e gli extrabeat”. Ci si può vivere?
“Se sei bravo, sì. Quando partecipavo a contest e battle, c’erano dei premi molto ricchi in palio. Se eri così bravo da vincere ti facevi sul serio lo stipendio”.
Tu arrivi da Torino, è considerata la capitale del freestyle…
“Ensi, torinese, è stato il precursore del freestyle italiano per quanto riguarda le battle. Poi siamo arrivati io e Shade, abbiamo creato un team di freestyler torinese abbastanza imbattibile”.
E avete dominato pure tutte le edizioni di Mtv Spit, ricordo male?
“Ci sono sempre state finali e vincitori torinesi. Anche se io non ho mai vinto, purtroppo”.
Il singolo Stanza 365 è uscito qualche giorno fa. L’hai definita “la canzone più importante della mia vita”. Perché?
“E’ una canzone che mi rappresenta appieno. Il passaggio dal fare testi rap a fare canzoni è difficile per chi arriva dal mio percorso. Si corre il rischio di tendere a ricercare dei testi che possano colpire il pubblico del rap, invece ho imparato che conta di più trasmettere qualcosa di significativo a chi ti ascolta”.
L’album contiene 14 brani ma non ci sono featuring. Perché?
“Ho cercato di fare un album che non fosse uguale agli album degli altri rapper. BoyFred è un album personale: ogni canzone parla di me, parla del mondo che circonda un ragazzo di 25 anni. Il featuring avrebbe distorto l’attenzione dal messaggio che volevo trasmettere”.
Quando contano per te i follower? Hai un seguito pazzesco…
“Il pubblico fa l’artista. E’ una parte fondamentale per il successo ed io sono grato a loro, non smetterò mai di ringraziarli”.
La mia sensazione è il tuo obiettivo sia quello di non omologarti al resto dei rapper. E’ corretto?
“Penso che sia proprio questo il modo migliore per emergere. Arriva un momento in cui devi smettere di essere fan del rap italiano e diventare un artista del rap italiano. E per farlo devi essere qualcosa che non esiste già, altrimenti non puoi avere la credibilità per emergere”.
Solitamente i rapper vogliono passare per “bad boy”. Tu vuoi sfatare pure questo cliché? Quanto è “bad boy” Fred de Palma?
“Purtroppo molto (ride, ndr). Io tendo ad avere due facce all’interno dei dischi: ci sono pezzi in cui sono molto più Federico e quindi sono brani più personali ed intini; altri in cui sono più Fred de Palma, il mio alter ego più folle. Sono un po’ Bad Boy ed un po’ BoyFred. Anzi, sono un Bad BoyFred”.