Guè Pequeno: “Grazie ai ragazzini, è diventato accettabile parlare di droga e soldi. The Voice? Ne sono uscito bene”
Guè Pequeno è stato intervistato da Vanity Fair.
Guè Pequeno, reduce dalla partecipazione come coach nella sesta edizione di The Voice of Italy e reduce anche dalla pubblicazione dell’EP Gelida Estate, dal quale è stato estratto il singolo Montenapo, ha concesso un’intervista a Vanity Fair.
Il rapper milanese ha affrontato una serie di argomenti, alcuni di essi inerenti anche alla sfera privata.
Per quanto riguarda la musica, invece, si è ovviamente soffermato sul successo della trap, specialmente tra i ragazzini, esprimendo la propria opinione anche circa le eterne polemiche riguardo i testi di molte canzoni trap che inneggiano a droghe e soldi.
Guè Pequeno, che ha rivendicato il fatto di essere stato uno dei primi artisti ad aver affrontato questo tipo di tematiche già con i Club Dogo, ha commentato questa rivoluzione musicale in atto con un po’ di sarcasmo:
Quando ero piccolo io c’era la musica zarra e si ascoltava quella. Adesso c’è la trap che è melodica ma soprattutto ha tutta la sua estetica. Da cosa dovrebbe essere incantati i ragazzini, da Tiziano Ferro e Eros Ramazzotti? O da Sfera Ebbasta che è tutto colorato? Grazie ai ragazzini, è diventato accettato e accettabile che, nelle canzoni, si parli di droga, fighe e soldi. Quando lo facevamo coi Club Dogo, anni fa, ci insultavano. Adesso mi mettono in braccio i figli e mi dicono che sono fan. Il che va bene, perché i bambini fanno muovere il mercato, però se ascoltano roba che non va bene per loro, sono un po’ caz*i dei genitori, non miei. Questa rivoluzione che c’è stata dimostra che nella vita tutto è possibile: Salvini al governo, un comico che fa un partito, Fedez che pare un genio…
Guè Pequeno, successivamente, ha ammesso con molta sincerità che i talent show aiutano un artista già affermato a continuare ad “esistere musicalmente”. Il bilancio dell’esperienza di The Voice, per Guè Pequeno, è positivo:
Agli inizi dell’era talent ero diffidente, poi mi è diventato chiaro che, per esistere musicalmente, o fai rap o partecipi a un talent. Il king assoluto di questa edizione è stato Gigi d’Alessio ma anche io credo di esserne uscito bene. In questi tempi in cui tutto è fake, io ho portato la mia competenza musicale che è vera. In più, ho dimostrato che anche un rapper sa parlare e non dire solo “bitch”.
Il rapper 38enne, infine, non ha nascosto il timore di perdere il “tocco magico” soprattutto dinanzi alla concorrenza, sempre più folta, di artisti più giovani:
L’ho visto succedere anche ad alcuni miei miti. Io tengo duro, anche se non posso competere con i numeri che fanno quelli che piacciono ai teen: Capo Plaza è cinque volte disco di platino ma mia madre non l’ha mai sentito nominare.