Hai paura del buio?: Giorgio Prette degli Afterhours a Soundsblog, “Mi ha stupito il cambio di vestito radicale che è stato fatto su alcuni pezzi”
Una chiacchierata con lo storico batterista della formazione, in occasione della pubblicazione dell’edizione speciale del capolavoro del 1997
Il disco “Hai paura del buio?” degli Afterhours, uscito nel 1997, è considerato da molti come vera e propria pietra miliare dell’indie/alternative rock italiano.
E’ uscita da pochi giorni un’edizione speciale del disco, anzi specialissima, dato che insieme all’album rimasterizzato ce n’è un altro, che contiene le canzoni di “Hai paura del buio?” rilette da alcuni protagonisti della musica italiana e internazionale: da Edoardo Bennato a The Afghan Whigs, passando per Negramaro, Mark Lanegan, Il Teatro degli Orrori (video in apertura, la mia preferita ndr), Le Luci della Centrale Elettrica, Samuel Romano, Eugenio Finardi, Ministri e molti altri.
Nella splendida cornice del Museo del Novecento a Milano abbiamo fatto quattro chiacchiere con Giorgio Prette, batterista storico della formazione milanese guidata da Manuel Agnelli. Ecco cosa ci ha raccontato.
“Hai paura del buio?” è considerato dalla critica e dai vostri fan come un disco seminale per la musica italiana, come vedi questa specie di ‘riconoscimento’?
Lo vedo con orgoglio e con affetto, è come guardare una foto di 20 anni fa con soddisfazione e con un po’ di tenerezza. E’ come se organizzi una festa per tuo figlio che ha raggiunto un risultato, come il diploma o la laurea. Anche se è una cosa che appartiene ad una fase della nostra vita completamente diversa.
Non avete aspettato una ricorrenza con lo 0 o con il 5 per pubblicare questo doppio album, come mai?
E’ colpa nostra in realtà, abbiamo avuto un po’ di ritardo rispetto alla cifra tonda. Questi riconoscimenti sono arrivati intorno al 15ennale, se il risultato è arrivato con due anni di ritardo è dovuto al fatto che siamo stati concentrati su altro – il nostro disco “Padania” (2012) -. Non aveva senso tralasciare il lavoro sull’ultimo disco per una celebrazione affrettata. Abbiamo dato la priorità a fare le cose come si deve.
Come avete realizzato la riedizione dell’album?
Il disco si divide in due parti: il disco rimasterizzato dal punto di vista pratico ha richiesto solo il remastering, invece l’altra parte ha richiesto un lavoro organizzativo. Abbiamo iniziato prendendo contatti con gli artisti. E’ stato un work in progress: abbiamo contattato alcuni artisti con cui avevamo collaborato e non già in passato, sia italiani che stranieri. Abbiamo lavorato per associazioni di idee, immaginando chi potesse essere il miglior interprete per ogni canzone.
Quindi potenzialmente c’erano infinite possibilità…
Come succede a volte quando fai una festa, è arrivata più gente del previsto. Abbiamo lasciato totale libertà agli ospiti nella scelta della canzone, quindi abbiamo ottenuto ad esempio due versioni di “Male di miele”, una rifatta da Piero Pelù e una dagli Afghan Whigs, o “Voglio una pelle splendida”, riletta sia da Samuel dei Subsonica che da Daniele Silvestri (quest’ultimo brano è presente solo su iTunes ndr). Da un lato non volevamo fare un remake del disco con gli amici e basta, per questo abbiamo chiesto anche ad artisti con cui non abbiamo mai collaborato in precedenza. Siamo molto contenti di aver avuto questa grande partecipazione, anche da parte di artisti di un certo calibro come Bennato e Finardi, colonne della musica italiana.
Insieme alle leggende della musica italiana avete chiamato anche artisti della ‘nuova scena’, è stata una specie di investitura da parte vostra?
Non proprio un’investitura. Abbiamo pensato che ad esempio una canzone come “Sui giovani d’oggi ci scatarro su” dovesse essere riletta da una band di un’altra generazione, come i Ministri. Loro erano perfetti, davano un senso alla canzone stessa.
C’è un brano, o più brani, di cui ti sei stupito di più, nella resa finale da parte dei nuovi interpreti?
Sì, anche se non ho un preferito dei preferiti. Parlando di effetto contrasto rispetto all’originale, il brano che mi ha stupito di più, per il cambio di vestito radicale che è stato fatto, è “Lasciami leccare l’adrenalina” trasformata completamente da Finardi, molto blues. Tutti gli ospiti hanno messo il loro vestito alle canzoni che sono state loro affidate. E’ venuto fuori quello che volevamo. Ogni tassello era al suo posto.
“Hai paura del buio?” è stato anche il nome dato ad un festival, che si è svolto nei mesi scorsi. Che esperienza è stata?
E’ stato un esperimento nuovo, non era un festival musicale ma un festival itinerante multiespressivo: dalla musica rock alla danza, alla musica più ricercata e d’avanguardia. L’intenzione era anche quella di ricreare una forma di contaminazione e collaborazione tra diversi ambienti e forme espressive. Un po’ quel contesto in cui siamo cresciuti noi, l’ambiente in cui ci muovevamo: c’era una forte collaborazione e contaminazione tra diverse figure, anche non strettamnte legate allo spettacolo. Si collaborava tra musicisti, fotografi, videomaker, in un clima di interscambio tra diversi ambiti. Una cosa che poi si è andata a perdere.