LowLow a Blogo: “L’ambizione mi ha spinto a fare un disco rap che non parlasse di rap”
Il rapper vuole essere ascoltato da più gente possibile, e Redenzione sembra essere il primo passo per una conquista nazionale.
Dopo anni passati a crescere prima nella scena rap romana e poi in quella italiana, LowLow arriva al disco d’esordio per il grande pubblico: Redenzione, che esce per Sugar Music – primo disco rap pubblicato da questa etichetta. Con una produzione decisamente più raffinata rispetto alle sue collaborazioni passate, ed una carica di rime che passano da temi alti a citazioni pop, Redenzione è un disco che va assaporato prima di getto, come richiede la tradizione rap, ma poi va riascoltato lentamente per coglierne le sfumature. Avremmo potuto chiedere a LowLow approfondimenti su praticamente tutti i brani, visto il peso sociale di alcuni (come Borderline, dedicato a chi, vittima di bullismo, si taglia) o visto il taglio generazionale di altri (come Il Sentiero Dei Nidi Di Ragno).
Abbiamo però deciso di impiegare i venti minuti a nostra disposizione per indagare la nascita del disco, qualche retroscena, e l’ambizione che spinge il tutto.
Redenzione, come ormai tutti sanno, è uscito per la Sugar Music, una scelta sicuramente inaspettata. Quale è stata l’offerta che non potevi rifiutare da parte dell’etichetta?
“L’interesse è stato reciproco, ed il feeling positivo è scattato fin da quando mi sono presentato nei loro uffici. Io sono un personaggio piuttosto estremo, estremamente fiducioso in me stesso, posso piacere molto o non piacere affatto. Chi mi ha visto in Sugar ha compreso la mia voglia di mettermi in gioco, una voglia complementare alla loro, visto che anche per Sugar questo è un progetto nuovo che coinvolge molte persone. A me interessava la Sugar perchè mi avrebbe permesso di fare un disco dall’identità rap ma che non fosse “un disco rap”, e che potesse andare nelle orecchie di un pubblico eterogeneo come quello che ha la Sugar, puntando molto sulla qualità dei testi. Mi piaceva poi poter dire di essere il primo rapper in Sugar.”
Io immaginavo che fra le loro offerte ci fosse anche una cosa tipo “Se vieni con noi puoi scegliere un paio di artisti dal nostro roster, da Bocelli a Gualazzi, e prenderli per un featuring”!
“No dai, non è successa una cosa così alla Mortal Kombat! Di certo Sugar ha un roster incredibile, ma non mi hanno servito su un piatto d’argento i loro nomi! In ogni caso, ho deciso di non chiamare sul disco tutti i miei amici per un mare di featuring, perchè volevo fare qualcosa di diverso, andare oltre il mondo “chiuso” del rap. E’ una delle interpretazioni che si possono dare alla copertina del disco, che vede la mia faccia riflessa in uno specchio rotto: ho voluto aprire diversi lati della mia personalità.”
Comunque per l’unico featuring del disco hai scelto Marianne Mirage, artista Sugar, come mai?
“Di Marianne mi piace molto il suo stile ed il suo modo di porsi, quindi è scattato subito un feeling. Io Ti Ammazzerei è forse il brano più sperimentale del disco, visto che metto unire il mio rap fortemente new-school a delle sonorità più americane più black o soul. La voce di Marianne era perfetta per questo, e così abbiamo inventato questa sorta di siparietto in cui io ci provo facendo lo scemo – cosa che faccio anche nella realtà, a dire il vero!”
A livello produttivo, tutti i brani (tranne uno) sono prodotti da Fausto Cogliati, produttore che in due decenni ha firmato tanti successi rap. In che modo hai legato con lui? Più che altro, sono curioso di sapere in che modo Fausto si rapporta a qualcuno che ha meno della metà dei suoi anni.
“La prima canzone che ho fatto ascoltare a Fausto è stata La solitudine del numero 1, quella tratta dal film Zero, e per la prima volta in vita mia, dopo la prima strofa ho pensato che finito il pezzo mi avrebbe smontato, dicendomi che ero solo un altro cogli0ne che rappa. Invece Fausto ha capito la potenzialità che avrei potuto esprimere, e abbiamo subito iniziato a lavorare insieme, scrivendo il disco velocissimi. Mi ha dato fiducia fin da subito, nonostante io a volte sia un po’ difficile da prendere, visto il modo in cui mi presento in maniera molto sicura, dicendo di essere un mix di Mohamed Alì, Kendrick Lamar e Eminem! Grazie a questa iniezione di fiducia che mi ha dato, ho scritto di getto in un breve periodo trascorso a Milano: il risultato in realtà è un disco molto ragionato, ma al contempo molto spontaneo. Io e Fausto abbiamo lavorato in contemporanea su testi e basi, saltando l’approccio statico del beatmaker che dà le basi al rapper: io fornivo a Fausto i miei concept a livello lirico, lui li interpretava mentre io scrivevo le strofe.”
Si dice che uno scrittore, quando scrive, ha in mente la persona a cui si rivolge, il lettore-tipo. tu per chi hai scritto queste canzoni?
“Questo è il mio disco d’esordio, di apertura ad un grande pubblico, molto più vasto rispetto a quello a cui mi sono sempre rapportato. Nonostante questo, ho deciso di spingere i testi ancora più verso il personale, l’introspettivo: non ho scritto pezzi che possano essere universali, per farli piacere a tutti – eppure, sembra in molti ci si riconoscano, e quindi chi ascolta comprende la mia esigenza di esprimere me stesso.”
Parlando di canzoni “personali”, sul disco si trova anche una canzone che porta il tuo nome, Giulio Elia – eppure, anche se non c’è niente di più personale che dare il proprio nome ad una canzone, il testo sembra più descrivere l’immagine che vuoi che abbiano gli altri di te, piuttosto che una totale apertura personale. Sbaglio?
“E’ vero quello che dici: io sono molto legato all’opinion che gli altri hanno di me, perchè nel mio campo si lavora molto su questo, è importante stupire e lasciare il segno, dando anche l’idea di una vita in cui si è sacrificato tutto per il rap. In questa ottica, Giulio Elia è molto sacrificato a LowLow, alla causa della musica, ed è un gioco di specchi. Una ispirazione per questo brano può arrivare da una citazione di Salvador Dalì, che diceva “per me è importante vedermi con gli occhi degli altri, per dubitare della mia percezione stessa della realtà”. Ecco, io la penso come Dalì.”
Un brano molto più personale, allora, è la finale Redenzione, title-track del disco, in cui sembri dare dati anagrafici molto più legati alla tua realtà vissuta.
“E’ vero, lì faccio vedere una mia parte molto più umana, molto meno preoccupata di quel che si pensa dall’esterno, è per questo che mi piace quel pezzo.”
Torno un attimo a Giulio Elia perchè una strofa mi ha colpito: “faccio un frontale dopo aver aperto un enjoy / sparo in faccia alla tua tr0ia come in match point” – quel che mi ha colpito è che quando parli di sparare in faccia, anzichè citare qualsiasi film d’azione, citi Match Point di Woody Allen. Ti preoccupi mai che i tuoi ascoltatori non colgano alcune citazioni, soprattutto queste colte e, diciamo, da persone più mature rispetto alla tua età?
“No, non mi preoccupo di questo, perchè penso che i virtuosismi, come appunto una citazione difficile, abbiano valore quando sono spontanei. Non scrivo cose colte solo per stupire, ma citare Woody Allen mi viene naturale, e se anche non tutti capiscono di cosa io stia parlando, penso capiscano l’immediatezza espressiva del momento.
A dirla tutta, comunque, penso di essermi anche un po’ limitato con le citazioni, su questo disco: io quando mi lascio andare posso parlare anche tutto e continuamente per citazioni, mentre penso (o spero!) che le citazioni di questo disco siano a prova di ascolto, e che se anche non si riesce a cogliere la fonte di qualcosa, se ne colga il senso.
Da un certo punto di vista, come dico in Arirang, “c’ho messo tanto a imparare a rappare semplice”, è questo il lavoro che sto facendo adesso, arrivando anche a studiare il metodo espressivo di artisti pop che hanno molto meno tempo, molte meno strofe per esprimere i propri concetti. La perfezione sta nella semplicità, e sto cercando di raggiungerla.”
Ci sono tantissimi riferimenti culturalmente alti, da Italo Calvino a James Joyce, Dante Alighieri o Spoon River di Masters: pensi che la cultura con la c maiuscola possa sedere accanto alla cultura pop moderna di cui sono intrisi i testi di quasi tutti gli altri rapper?
“Accanto a questi riferimenti, comunque c’è anche una componente rap, una componente aggressiva: per me è come se stessi usando qualcosa che apparteneva solo ad un retaggio intellettuale o cantautorale, usandola come un’arma in maniera più aggressiva. Nella strofa di Giulio Elia che citavi, poco dopo aver parlato di Match Point ho citato Justin Bieber, sono cose che possono sedere accanto, se servono ad uno scopo espressivo spontaneo.”
Hai detto però che uno dei tuoi obiettivi con Redenzione era di fare “un disco rap che non parlasse di rap”. Cosa intendi dire?
“Sono troppo ambizioso per rimanere ancorato alla sola scena rap, io voglio arrivare a molte più persone, e non posso farlo se faccio un disco che parla solo alla scena rap. Io credo che non esiste qualcuno al mio livello artistico in questo momento in Italia, e quindi voglio farmi ascoltare da tantissime persone. E’ percorso lungo e difficile, perchè non sono un artista facile da affrontare, ma credo che questo sia il momento giusto per fare un disco Rap con la R maiuscola, che sia fatto bene e che possa arrivare ad un pubblico molto ampio, perchè il rap in Italia sta finalmente venendo capito e apprezzato.”
Sembra che i primi passi per questa tua ambizione stiano funzionando: ti sei seduto a riflettere su quanti cavolo sono 15 milioni di visite per il video di Ulisse, uscito solo 3 mesi fa?
“No, per me non è mai soddisfacente quello che faccio, quindi non mi posso sedere sugli allori, soddisfatto di numeri grossi. Devo essere severo con me stesso, come dice Eminem in una delle mie strofe preferite: “I live in a bubble / I struggle with fame”.”
Ti piacerebbe che questi 15 milioni di views diventassero 15 milioni di copie vendute?
“Tempo al tempo, vedremo!”
Ultima domanda: sei ancora un “poeta incazzato”, come ti chiamavi agli inizi?
“Come dice Fibra: “Ho ancora qualche problema a socializzare / ma tutto sommato non diresti che sto andando male”.”
Finita la fase promozionale per Redenzione, dopo gli instore che l’hanno portato in gran parte dell’Italia, LowLow sta per iniziare una serie di dj set: le prime date annunciate sono queste, ma il consiglio è di tenere d’occhio la pagina facebook di LowLow per tutti gli aggiornamenti:
04 Febbraio a Roè Volcano (Brescia),
11 Febbraio ad Acqui Terme
12 Febbraio a Cesenatico
18 Febbraio a Torino
26 Febbraio a Orio al Serio (Bergamo)
27 Febbraio a Vicenza
11 Marzo a Bellinzona
18 Marzo a Ravenna
25 Marzo a Montignoso (Ms)