Luciano Ligabue, Campovolo 2015: “Una grande festa per i miei 25 anni di carriera”
Luciano Ligabue, maxiconcerto al Campovolo il 19 settembre 2015: tutte le dichiarazioni del rocker di Correggio durante la presentazione dell’evento alla stampa.
Venticinque anni di carriera e le zanzare che non si lasciano intimidire dal freddo di una gelida sera primaverile al Campovolo di Reggio Emilia. Fra due ore sono davvero 25 anni dall’uscita del mio primo disco, anche se c’è chi sostiene che sia stato pubblicato il 12 maggio. Luciano Ligabue è sul palco e ha appena concluso un minilive di tre canzoni con microfono baro. Ma proprio grazie a quel microfono baro Sogni di rock’n’roll riparte da capo dopo la prima strofa sentita a intermittenza. Il prossimo 19 settembre sarà una data importante per il rocker di Correggio e tutti i suoi fan: ci sono i venticinque anni di carriera da festeggiare, e poi i venti dall’uscita di Buon Compleanno Elvis e il decimo anniversario dal primo Campovolo, dice. E come celebrare tutta questa carne al fuoco se non con un concerto-evento proprio lì, in quel Campovolo che ormai vuol dire Ligabue? Questo maxilive, questa grande festa, si farà il 19 settembre, dunque. E sarà il concerto più lungo che Luciano abbia mai regalato ai suoi fan: cinque ore di musica dal vivo ripercorrendo per intero i brani di tre album storici per la sua carriera nonché per le vite dei suoi fan: il primo disco omonimo, Ligabue, Buon Compleanno Elvis e Giro del Mondo. Volevamo dare il giusto rilievo anche a quei brani che, inevitabilmente, finiscono fuori dalla scaletta dei miei live. Ogni canzone sarà riproposta dal vivo con la band che l’ha suonata per la prima volta. Quindi sul palco rivedremo in ordine di tempo, i ClanDestino, La Banda e la formazione con cui il Liga si esibisce attualmente, Il Gruppo. Passato, presente e futuro per celebrare la carriera di uno che oggi, senza troppi fronzoli, ammette candidamente: dopo il terzo disco, pensavo di essere finito.
Campovolo – La Festa 2015, info e biglietti
Si calcola che dal 2005 al 2015 Luciano Ligabue abbia venduto 2 milioni e 233 mila biglietti contando solo Ticket One. Da oggi, 7 maggio 2015, alle ore 16 in punto si aprono le prevendite per il live al Campovolo del prossimo 19 settembre. Insieme al biglietto, chiunque avrà la fortuna e la tempestività di aggiudicarsi un posto a questa grande festa, avrà in omaggio anche la Special Box Campovolo 2015 che conterrà, oltre a cartoline, magliette e vario merchandising targato Liga, anche dvd con canzoni dal vivo e videoclip. Un regalo esclusivo e completamente gratuito per tutti i fan. L’inizio del concerto è previsto per le 20 ma i cancelli verranno aperti già dalle otto del mattino. Vi segnaliamo una delle attrazioni principali per ingannare l’attesa del concerto: nell’arco della giornata presso l’apposito SpazioMongolfiere del Campovolo, sarà possibile fare un giro ad alta quota per un selfie tra le nuvole o una fuga romantica decisamente sconsigliata a chi soffre di vertigini.
Ligabue torna al Campovolo il 19 settembre 2015. Cosa puoi anticiparci di questo evento? Ci saranno ospiti speciali?
Partiamo dal presupposto che per me un concerto è una celebrazione della vita. Su questo live, in particolare, posso dirvi che sarà una serata unica perché non ho mai suonato integralmente questi tre dischi (Ligabue, Buon Compleanno Elvis e Giro del mondo, ndr). Beh, a parte il primo perché logicamente a quei tempi non avevo repertorio. Mi piace questa idea anche perché mi dà modo di far ascoltare quei pezzi non diventati singoli e che però hanno un loro perché. Non credo ci saranno ospiti particolari, nel senso che per il momento non sono previsti. Ma da qui al 19 settembre faccio sempre in tempo a cambiare idea…
Ci sono altri progetti legati alla celebrazioni di questo “venticinquesimo”?
Stiamo per realizzare due documentari sulla realizzazione di Ligabue e di Buon Compleanno Elvis e questi due progetti dovrebbero avere una fruizione anche televisiva. Per quello che riguarda il making of del primo disco dovrò girarlo io, credo. Per l’altro, invece, credo che mi affiderò a qualcun altro, se dovessi trovare qualcuno che mi convince. L’idea é quella di far parlare chi c’era raccontando come mai certe cose sono finite nei dischi. É un format che all’estero é stato usato per leggende della musica, lo so, noi lo faremo con più modestia.
Venticinque anni di carriera e…qualche rimpianto? Oppure qualche piccolo grande scivolone che, col senno di poi, sarebbe stato meglio evitare?
Io credo che gli scivoloni miei si siano visti tutti quanti in modo molto evidente e credo che mi stiano anche bene perché erano meritati. Ho una tendenza che sfiora la basicità, quella di dire che la canzone deve essere popolare, deve arrivare alla gente. Quando ciò non succede, quando una mia canzone non arriva alle persone, io la sento sbagliata. Il mio scivolone più clamoroso è stato il terzo disco con cui sembrava che la carriera mia carriera fosse finita. Poi c’è stato Miss Mondo, uno scivolone quasi intenzionale, subito dopo il grandissimo successo di Buon Compleanno Elvis. A quel tempo soffrivo di un problema di identità importante: volevo dire che non era tutto oro quello che luccicava, che anche se vinci alla lotteria non è che poi si risolve tutto quanto, ti saltano fuori altri problemi. E questo, fidatevi, è un argomento molto impopolare. Ieri ho registrato un’intervista a Che Tempo Che Fa con Fabio Fazio e tra le altre cose ci siamo detti che quando le cose ti vanno male ricevi meno telefonate. Quel tipo di solitudine è importante perché quando caschi ti devi rialzare da solo. Cosa rende una canzone “popolare”, poi, cosa passa nella testa di un ragazzino di 15 anni comunque io proprio non lo so: ti aggrappi sempre alla fortuna, in un certo senso. Credo che quando le cose andranno meno bene dovrò farmi una ragione del fatto che non sempre si può raggiungere tutti con una cosa cosí indefinita come una canzone. Ho paura che il chiedersi “come mai”, “cosa porta un brano ad avere successo” ti freghi perché la cosa che hai fatto prima la gente se la ricorda. Quindi se ha avuto successo non la puoi replicare. Se ci provi sicuramente fallisci, ne ho visti tanti che hanno provato a riproporre la stessa formula “vincente”. E sono durati al massimo due estati.
Una critica che ti senti di fare allo stato attuale della musica, invece?
La cosa che mi dispiace di piú é che a un certo punto é capitato che la musica per motivi di crollo di mercato si é impoverita di tanti, forse troppi aspetti. Molte volte sui giornali un titolo che si limita al disco di un artista, alla sua musica, sembra non bastare. Per questo stasera non ho intenzione di rispondere a nessuna domanda riguardo alla politica, al calcio o perché no alla filosofia. Io so cosa vuol dire alimentarsi di musica e pur sapendolo fare bene, ora è come se me ne alimentassi male perché passo il tempo ad ascoltarla in modo molto discontinuo su Spotify. Non so, magari ho preso un virus. E spero che mi passi in fretta. Anche perché a queste condizioni è sempre più difficile sentire l’effetto della musica, quello che dovrebbe avere sulle persone. Ormai sembra che la musica serva solo a fare da sottofondo all’ennesimo scambio di mail.
Molti fan si chiedono se ci sia spazio per un terzo film in un prossimo futuro…
Fare un film significherebbe rinunciare per due anni al piacere che mi dà fare musica. Se avessi dieci o quindici anni in meno ci penserei seriamente. Ma ora come ora non me la sentirei di rinunciare a un paio d’anni per dedicarmi ad altro rispetto alla musica. E poi anche il cinema ti dà piacere, sì, ma è un piacere che definirei “sottile”: non hai davanti a te persone che urlano le tue canzoni, al massimo becchi qualcuno che ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: “Bravo, il tuo film non è male”. Poi, se vogliamo dirla tutta, il primo (Radiofreccia, ndr) m’è riuscito bene, il secondo (Da zero a dieci, ndr) mica tanto…
Sei reduce dal successo del Mondovisione Tour con cui hai valicato i confini nostrani per andare ad esibirti in giro per il globo. Com’è stata questa esperienza?
Del viaggio ho raccontato tanto, è stato un regalo che ci siamo fatti io Maioli e Salzano. Ci siamo detti: beh, il disco si chiama Mondovisione, possiamo rischiare anche dei soldi per andare a fare concerti in posti dove magari non verrà nessuno? La risposta è stata sì e in realtà devo dire che ci sono state tantissime belle sorprese. È stata un’esperienza quasi magica: non sapevo, ad esempio, che ci fossero giapponesi che sanno a memoria le mie canzoni, magari mi immaginavo che qualche brasiliano le conoscesse, ma non così tanti brasiliani. Non c’era nessunissima aspettativa, ma ritrovarmi a suonare in club da cinquecento persone è stato un salto all’indietro nel tempo: quando faccio live qui c’è bisogno di sapere quante persone sono venute, di calcolare, di fare paragoni. Lì, invece, no.
I viaggi che hai fatto nell’ultimo periodo, tutte queste nuove esperienze, potrebbero portare alla nascita di un “nuovo Ligabue” nel prossimo disco?
Io ho sempre la speranza che ogni volta ci sia un nuovo Ligabue, però poi spesso non va così. A volte ho pensato di uscire con un disco di canzoni molto più d’autore e in veste quasi acustica. Ma poi ho paura che quella specie di “vacanza” che mi prenderei venga fraintesa e interpretata come emulazione di qualcun altro. I campi d’aprile, comunque, é un pezzo molto diverso dal solito come anche Non ho che te. Ma queste sono impressioni mie, ognuno la pensi come vuole. Al di là delle scelte sonore c’è una cosa che ritengo necessaria trovare in un disco, in un film o in libro a prescindere dal fatto che siano miei oppure no: l’urgenza di uno di dire una cosa. Perché quella cosa mi piace o per lo meno mi tira dentro e mi tiene lì. Dopo tutti gli album che ho fatto, i libri, i film, perfino una raccolta di poesie, mi meraviglio di avere ancora qualcosa da dire, di sentire questa esigenza. Eppure è così. Io scrivo tanto, anzi tantissimo, e sento la differenza tra quello che scrivo per riempire il pomeriggio e quello che invece sento davvero.
Cosa direbbe il Luciano di Ligabue di oggi al Ligabue di venticinque anni fa?
Gli direi “Guarda come ti muovi e guarda come ti vesti!”. La cosa strana é che io sul palco mi sono sempre sentito a mio agio (e questo è un bene perché è ciò che mi spinge ancora oggi a inventarmi qualsiasi pretesto per un live) ma riguardandomi agli esordi mi sembro proprio impacciato, mi faccio tenerezza. Avrei partecipato ad un talent a quei tempi? Non lo so, diciamo che a quei tempi i talent non esistevano e quindi l’ho scampata. Avevo i miei sogni però, e io direi che in generale ai sogni è bene restare ben aggrappati, almeno fino a che non ci fanno troppo male. Ho cominciato a fare musica da amante del rock progressivo e dei cantautori e volevo mettere insieme entrambe le cose in quello che facevo io quindi scrivevo musiche inutilmente complesse con testi criptici, nella speranza che quell’immagine difficile, quel gioco di parole che poteva voler dire molte cose oppure nessuna, avrebbe colpito nel segno, attirato l’attenzione. Poi un giorno, una domenica pomeriggio, ho scritto la mia prima canzone “compatta”. Parlava del sabato sera che avevo passato coi miei amici, di quando stavamo tornando a casa facendo una strada diversa dal solito, una strada che non sapevamo bene dove ci avrebbe portato. E poi ad un certo punto ognuno di noi si è messo a fare il playback della canzone che stava andando in radio in quel momento. La canzone era Sogni di rock’n’roll e io da quel momento mi prefiggo sempre di usare le parole con cui si parla, quelle con cui si parla davvero, di trovare una certa poetica sfruttando solo quelle. Sogni di rock’n’roll l’ho scritta in dieci minuti, massimo quindici. Ma in realtà quasi tutti i miei testi nascono molto rapidamente. Poi c’é un lungo periodo di ripensamento. Il primo lavoro é quello artistico, potremmo definirlo “l’urgenza”. Il secondo é artigianato.
Quando hai capito di aver “svoltato”?
Nel 1990 ho fatto il mio primo concerto fuori zona, ero in una tensostruttura all’Oktoberfest di Alessandria. Ad aprire il mio concerto c’erano gli Statuto e a me sembrava strano perché loro avevano già un nome. Quando ho iniziato a cantare, ho visto che nelle prime venti file tutti conoscevano le parole dei miei pezzi. Lí ho capito che stava succedendo qualcosa.
Cosa provi ora davanti alle migliaia di fan che vengono ai tuoi live?
Gratitudine, semplicemente.