Mario Venuti a Blogo: “Il mio pop raffinato, non sono condizionato dai numeri, resto nella nicchia”
“Un rimpianto? Avrei potuto raggiungere obiettivi commerciali maggiori. Ma al tempo stesso mi accorgo che la nicchia mi ha permesso una maggiore libertà artistica. Spesso grandi artisti sono imprigionati in clichè che sono costretti a ripetere all’infinito”
Avrà inizio stasera il suo tour estivo, con il concerto a Notti di Musica al Museo (fino al 13 settembre, direzione artistica di Ernesto Assante), nella particolare location del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali a Roma. Al suo fianco Pierpaolo Latina (tastiere), Antonio Moscato (basso) e Donato Emma (batteria). Mario Venuti presenta a Blogo Il tramonto dell’Occidente in tour.
Cosa puoi anticiparci del concerto di stasera?
Un concerto con un quartetto abbastanza elettrico, non acustico. Sto sperimentando con piacere la sottrazione: sarà un concerto tutto suonato, senza sequenze elettroniche. Così sento che il mio canto ha maggiore spazio d’azione. È una formula live che mi interessa approfondire. Lo faremo nel corso dell’estate. Il repertorio spazia da Fortuna del 1994, canzone irrinunciabile per i miei concerti, fino a Il tramonto dell’Occidente.
Sei soddisfatto di come sia andato il tuo ultimo album Il tramonto dell’Occidente?
Oggi non hai la percezione chiara di come vada un disco. Tutto è diluito tra i vari canali di fruizione. In passato per le vendite tiravi una linea e sapevi, mentre oggi è tutto da ricostruire. Da parte della critica mai nessun disco dei miei aveva avuto recensioni così entusiastiche. Sarà stata la novità, la collaborazione con Bianconi, sta di fatto che l’accoglienza della critica è stata entusiastica.
Per il tour estivo c’è la possibilità che alcuni degli artisti che hanno collaborato al disco (Francesco Bianconi e Kaballà, lo hanno scritto e musicato, mentre sono stati ospitati Franco Battiato, Alice, Giusy Ferreri e Nicolò Carnesi, Ndr) salgano sul palco in alcune tappe?
È accaduto nel tour invernale, quando abbiamo festeggiato il ventennale della mia carriera. A Milano e a Catania. Per l’estate vedremo, se ci sarà l’occasione la coglieremo al volo.
A proposito del tuo nuovo singolo, L’alba: rispetto a quando è stato pensato e scritto il brano la rinascita di cui parla è davvero più vicina?
Quando il disco è stato scritto la situazione era più drammatica, avevamo toccato il fondo della crisi economica e della percezione generale dello sgretolamento delle nostre società occidentali. Il disco è figlio di quello scoramento. Ma la speranza era già insita nel progetto. Si era arrivati all’assunto paradossale per cui quello stato di cose era l’occasione per cambiare definitivamente. Sembrava che la fine di un’epoca potesse essere realmente l’inizio di una nuova epoca pensata diversamente. Tutto questo oggi lo si vede, ma è tutto molto graduale e lento. Ma penso che sia inevitabile. Un’idea dell’Occidente come l’abbiamo pensata prima non esiste più. Saremo costretti ad adattarci a un nuovo assetto, sperando che sia positivo e che comporti una consapevolezza differente. E che si faccia tesoro degli sbagli del passato.
30 anni di carriera – 10 coi Denovo, 20 da solista, hai dei rimpianti?
Forse un rimpianto è che avrei potuto raggiungere obiettivi commerciali maggiori. Un artista pop tende a cercare un grande consenso popolare. Ma al tempo stesso mi accorgo che il mio stile è sempre stato raffinato, ricercato, a volte colto. Questo ti porta sempre nella nicchia. Nicchia, che però dopo 30 anni mi ha permesso di essere ancora qui. Spesso le parabole degli artisti si consumano in pochi anni. Il mio è un lavoro artigianale, costruisco piccoli manufatti pop. Inoltre il non essere condizionato dai grandi numeri mi ha permesso una maggiore libertà artistica. Spesso grandi artisti sono imprigionati in clichè che sono costretti a ripetere all’infinito. Si ritrovano vittime del successo avuto e sono costretti a stare nella formula trita e ritrita che si ritiene che il pubblico voglia. Io il problema non me lo sono posto. La nicchia mi ha permesso di sperimentare.
Stai già pensando al nuovo album? Ci lavorerai dopo il tour?
Sì, dopo il tour. Ci sono alcune idee che stanno prendendo forma lentamente. Per il momento sto lavorando da solo, sentivo il bisogno di recuperare la mia voce intima e di ascoltarmi. Il lavoro di collaborazione è sempre molto interessante, non lo rinnego, ma arriva un momento in cui forse cercare di ritrovarsi artisticamente e capire a che punto si è arrivati dopo tanti anni di musica è una esigenza. Poi non è detto che in un secondo momento non intervengano altre penne. Però per il momento ho lavorato in perfetta solitudine.
Il Comune di Palermo pochi giorni fa ha revocato l’assegnazione del Festino di Santa Rosalia a Federteatri. La direzione artistica era stata affidata a te.
Incautamente ho dato l’assenso a ricoprire questo ruolo per Federteatri. Poi mi sono accorto che i Festino porta con sé sempre una scia di veleni da cui sinceramente non mi dispiace staccarmene. Giochi, veleni, invidie cittadine, burocrazia, cavilli legali nascosti nei bandi di concorso…. tutte cose che non mi allettano molto. Certo, avevo già contattato artisti di prima grandezza che avrebbero potuto darmi una mano. Pazienza, magari sarà per un’altra volta. O anche no.
Il tramonto dell’Occidente | Tracklist
‘Il tramonto’
‘Ite missa est’ (feat. Francesco Bianconi e Giusy Ferreri)
‘I Capolavori di Beethoven’ (feat. Franco Battiato)
‘Perché?’
‘Ventre della città’
‘Passau ‘a cannalora’ (feat. Francesco Bianconi e Kaballà)
‘Arabian boys’
‘Tutto appare’ (feat. Alice)
‘Ciao American Dream’ (feat. Robot HAL9900)
‘Il banco di Disisa’
‘L’alba’ (feat. Nicolò Carnesi).