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Mauro Repetto e l’addio agli 883 nel 1994: “Se rivivessi la mia vita, credo che rifarei tutto esattamente allo stesso modo”

Mauro Repetto ricorda la decisione di lasciare gli 883 e di “voler esplorare altri sogni”. Il bilancio e il ricordo quasi trent’anni dopo…

24 Agosto 2023 12:16

Lunedì vado a Miami, e non so se torno“. Queste le parole pronunciate da Mauro Repetto prima di abbandonare ufficialmente gli 883 -e il suo socio e amico Max Pezzali- nel lontano aprile 1994. Ai tempi, erano usciti due album di grandissimo successo che stavano conquistando le classifiche e contenevano pezzi, classici ancora oggi. Ma lui aveva ormai deciso di cambiare aria, di seguire una direzione differente. E lo racconta, nero su bianco, nel libro “Non ho ucciso l’Uomo ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità“, in uscita il 19 settembre 2023.

In un’intervista Repubblica, Mauro Repetto ripercorre quel periodo, lontano nel tempo:

È stato uno di quegli attimi impossibili da dimenticare. Da un lato mi rendevo conto che il pezzo che Max aveva concepito era un capolavoro, dall’altro l’incipit della canzone – “Stessa storia, stesso posto, stesso bar” – mi dava la claustrofobia.

Una scelta che sorprese tutti ma che lui stesso spiega, provando a descrivere quello che provava in quel periodo, proprio partendo dal passaggio de “Gli anni”:

Perché guardava indietro, mentre io volevo andare avanti. Volevo Los Angeles, Hollywood; volevo esplorare altri sogni”

E così fece. Addio agli 883, nuova vita e nuovo percorso. Nel 1995 esce il suo primo (e unico) disco solista, Zuccherofilatonero. Viene anticipato dal singolo “Baciami qui” ma si rivela un insuccesso commerciale vendendo 23.000 copie. Oggi descrive così l’album: “Una torta nuziale che è cascata per terra, e che ho provato senza troppa fortuna a rimettere in piedi”.

Sono passati quasi 30 anni da quella decisione e Mauro Repetto non se ne pente. Se lo sentiva, ai tempi, e non poteva fare diversamente:

Se rivivessi la mia vita, credo che rifarei tutto esattamente allo stesso modo. Perché le cose che ho fatto sono quelle che in quel momento sentivo di dover fare. Non esistono scelte giuste o sbagliate, esiste quello che ti senti di fare”

E dopo, la scelta di viaggiare, di esplorare il mondo, fino alla scelta di trasferirsi a vivere in Francia:

“Quando ho iniziato a vivere e lavorare in Francia, ho scoperto quello che i francesi chiamano “métro, boulot, dodo” – cioè “metropolitana, lavoro e nanna” – e ho capito che in quel momento l’anonimato era ciò che desideravo di più al mondo. Ma anche durante la stagione degli 883: l’eccitazione stava più nel creare una canzone, nel lavorarci e vedere che prendeva forma. Più quello, che non suonarla di fronte a centomila persone”

 

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