Metallica, “Death Magnetic”: la recensione
Non so voi, ma per la mia adolescenza i Metallica sono stati poco meno di una religione. Immaginate quindi la gioia nel trovarmi a recensire un album di questo gruppo, che nel mio cervello trova posto in mezzo a concetti come “Dio” e “mamma”. Purtroppo alla gioia si sostituisce presto una gigantesca delusione dato il
Non so voi, ma per la mia adolescenza i Metallica sono stati poco meno di una religione. Immaginate quindi la gioia nel trovarmi a recensire un album di questo gruppo, che nel mio cervello trova posto in mezzo a concetti come “Dio” e “mamma”. Purtroppo alla gioia si sostituisce presto una gigantesca delusione dato il triste compito che mi aspetta: dover dire peccato, un’altra occasione sprecata.
Perché Death Magnetic, pur svettando decisamente sugli ultimi lavori del gruppo, si salva appena dalla mediocrità. Bisogna ammettere che i quattro cavalieri hanno avuto coraggio nel tornare a suoni decisamente heavy (che gioia sentire la batteria che suona di nuovo come una batteria e non più come padelle vuote), ma diciamolo: l’intero album sembra il lavoro di una giovane cover band dei Metallica che decide di mettere giù dei brani propri.
Il risultato non può che essere una copia insipida. E questo è Death Magnetic, la copia insipida di quanto di meglio i quattro hanno fatto in passato. Non sono gli unici a vivere di gloria, certo, ma alcuni riescono a farlo con stile (Slayer, AC/DC), mentre qui i Metallica non sono andati oltre l’autocitazionismo. Ma vediamo traccia per traccia.
That was just your life: Un’arpeggio d’atmosfera e un battito cardiaco introducono la prima traccia dell’album. Le chitarre esplodono in un pesante riff che presto parte in una cavalcata come non sentivo da tempo. Bella per un paio di minuti, poi improvvisamente ti trovi a pensare “che palle!”. Pressoché identica per sette minuti e con un riff decisamente banale, dopo 4 minuti mostra tutti i suoi limiti. E’ ufficiale, Hetfield non ha più voce. Voto 5 1/2
The end of the line: la copia della precedente, solo più lenta, aleggia l’incubo di “And justice for all”, un album ucciso dall’eccessiva lunghezza e complessità dei brani. La strofa è copiaincollata da “Sad but true”. Almeno al sesto minuto c’è un’apertura melodica che spezza un po’ il ritmo. Ulrich vuole a tutti i costi ricordarci che sa ancora suonare e infarcisce il drumming di preziosismi che alla fine appesantiscono il brano. Voto 5
Brocken, beat & scarred: ok, qui i Metallica fanno quello che oggi gli riesce meglio, un granitico mid tempo aggressivo con un divertente riff di chitarra che tiene su il pezzo. Ma sono troppi anche questi 6 minuti. Io lo avrei scelto come primo singolo. Voto 7
The day that never comes: qui siamo al fondo. Un tentativo mal riuscito di riscrivere quei lenti che li hanno resi famosi (One, Sanitarium, Fade to black). Ben otto(!!!) minuti di puro tormento. Voto 3
All nightmare long: una delle migliori dell’album. La linea vocale è quasi pop ma almeno il brano c’è, come la splendida cavalcata sul finale. Peccato che sia… come dite? Esatto, troppo lunga, altri otto minuti. Ragazzi, siamo nell’epoca dei “3 minutes go”, non lo sapete? Voto 7
Cyanide: sarà il prossimo singolo, scelta azzeccata. Vale più o meno quanto detto per la terza traccia. E dura meno di sette minuti, wow! Voto 7
The unforgiven III: basta, basta e ancora basta. Basta trascinare ancora il cadavere di una quella che fu una bella canzone ogni volta che i quattro scrivono un lento. Che questo terzo episodio poi non sarebbe neanche male… se fosse stato scritto da un gruppo esordiente. Inutile, anche se mi pare la traccia più sincera dell’album. Voto 4 1/2
Judas kiss: un noioso riff continuamente interrotto dai siparietti di Ulrich in vena pseudo prog. Non decolla mai veramente, anche se Hetfield osa un po’ con la voce. Di nuovo otto minuti, uff. Voto 4 1/2
Suicide & redemption: il brano strumentale del disco. Ci manca Cliff Burton, ci manca da oltre 20 anni. Perché era un grande musicista. E perché senza di lui gli strumentali dei Metallica fanno cagare. Si salva nel finale, ma è troppo tardi. Voto 4
My apocalipse: per il gran finale le ambizioni volano alte, addirittura verso “Master of puppets”, con una cavalcata speed davvero vecchia scuola di soli – udite – cinque minuti. Un’operazione che piacerà ai vecchi fan nostalgici, ma abbastanza retorica. Comunque io sono un vecchio fan nostalgico, quindi la traccia si merita un bel 7 1/2
Voto totale 6- per l’impegno dimostrato nel voler tornare ai vecchi suoni, a essere un gruppo metal con le palle. Tutto sommato un gradito ritorno e una bella sorpresa, ma ammettiamolo, i Metallica il meglio lo hanno dato tanto, troppo tempo fa e ora gli tocca di vivere della gloria passata, anche arrivando a imitare se stessi. E ora, letta la mia opinione, tocca a voi: lo avete ascoltato? Che ne pensate?