Home Interviste I Musica da ripostiglio a Blogo: “Con l’album “Zan Zarà” ci siamo tolti i nostri sfizi musicali. Un sogno futuro? Il cinema”

I Musica da ripostiglio a Blogo: “Con l’album “Zan Zarà” ci siamo tolti i nostri sfizi musicali. Un sogno futuro? Il cinema”

Musica da ripostiglio, leggi l’intervista su Soundsblog.it

pubblicato 4 Giugno 2019 aggiornato 27 Agosto 2020 13:08

La band Musica da ripostiglio ha pubblicato, poche settimane fa, il nuovo disco “Zan Zarà“.

Undici brani dove si racchiude tutto il mondo artistico della band, dallo swing al latin, dalla leggerezza di alcuni brani passando ad argomenti più profondi e riconoscibili. Un disco che fotografa perfettamente l’attuale natura artistica dei Musica da Ripostiglio, sempre in equilibrio tra il teatro e la musica.

In “Zan Zarà” oltre all’aspetto musicale si percepisce il loro amore per la teatralità e le gags in genere e proprio per questo motivo sono stati coinvolti due grandi attori del teatro e del cinema italiano: ROCCO PAPALEO (“Vado male in latino”) e GIORGIO TIRABASSI (chitarrista e cantante nel brano “Zan Zarà”).

«È stato un lavoro che ci ha stimolato molto e ci ha fatto scoprire nuove sonorità che sono andate ad arricchire il nostro bagaglio di esperienza musicale, una delle parti più soddisfacenti della registrazione è stata la possibilità di arricchire il nostro suono con ospiti musicali come il sopranista Stefano Cocco Cantini e incursioni amiche di attori come Giorgio Tirabassi alla chitarra e alla voce in “Zan Zarà” e Rocco Papaleo, che si è prestato a giocare con noi sulla canzone “Vado male in latino”. Per la realizzazione del disco ci siamo affidati all’esperienza del produttore artistico Alex Marton, con il quale abbiamo sviscerato e approfondito tutte le varie strade musicali per far sì che il disco suonasse davvero alla Ripostiglio…anche perché da camera ci sarebbe sembrato eccessivo!».

Abbiamo intervistato Luca, membro della band. Ecco cosa ci ha raccontato:

Fino al 16 giugno siete in scena a Milano con lo spettacolo Trattoria Menotti. Mi racconti il progetto e come è nato?

E’ una produzione originale del teatro Menotti. La trama è molto semplice: il teatro è trasformato in una trattoria dove si mangia davvero, con un catering, e ci sono sei attori e una band -noi- a riproporre quello che è stato il mondo delle trattorie anni ’60: Gaber, Iannacci, poeti, prostitute, tutte quel mondo fantastico che ha segnato anche le epoche future con i cantautori. L’operazione interessante è che questa idea racconta la chiusura di questo teatro negli anni 60, per farci un parcheggio. Ma oggi, davvero, questo teatro è a rischio di chiusura dopo 50 anni di rappresentazioni. Dal 3 giugno ci sarà anche l’iniziativa “Salviamo il teatro Menotti”, con finanziamenti, crowdfounding. La città di Milano sta rispondendo molto bene, uno spazio al quale i milanesi sono affezionati. Noi siamo grossetani ma diamo il nostro contributo nell’unico modo che sappiamo fare: suonando. E quindi siamo in scena fino al 16 giugno…

Mi accennavi che si mangia, c’è musica… il massimo senso di condivisione tra pubblico e il palco…

Assolutamente sì, la quarta parete è completamente abbattuta. Gli attori hanno il tavolo come gli spettatori. Parte della scena è proprio al tavolo, chiacchiera nei personaggi degli anni 60, con orchestrina dal vivo, ricordi, aneddoti e battute… Molto divertente e malinconico, anche. Racconta un’epoca che non c’è più…

Mi aggancio a questo. Come è nata questa vostra passione, questo amore per gli anni ’60, di questo periodo storico…

Un po’ la passione per tutte quelle musiche sono state le origini di qualcos’altro. Penso a Buscaglione a Carosone, i cantautori… E’ un po’ andare alle origini delle cose, entrare nelle menti di questi geni: Jannacci, Gaber. In questo caso siamo negli anni 60. Facendo spettacoli teatrali ci ritroviamo anche con repertori diversi. Ad esempio la musica napoletana: abbiamo fatto spettacoli in napoletano. Due mesi fa eravamo in questo teatro con Mariangela D’Abbraccio in uno spettacolo su Pino Daniele ed Eduardo de Filippo. Per noi è una grande opportunità, sono tutte influenze che ci rimangono addosso. Fa parte della formazione professionale.

Ci sono anche molti altri attori coinvolti con voi, nel passato e nel presente. Tra i nomi Leo Gullotta, Isabella Ferrari…

Succede che magari fai uno spettacolo importante che ti dà della visibilità, ti permette di conoscere personaggi importanti e alcuni di loro ci coinvolgono in spettacoli dove la musica è parte integrante. Come è successo con Piefrancesco Favino per uno spettacolo ambientato negli anni ’30. Leo Gullotta l’abbiamo accompagnato in una rassegna che si chiamava “Una favola campana” che faceva parte del Napoli Teatro Festival. Si musicavano delle favole. Con alcuni di loro le cose sono andati avanti. Ad esempio Giorgio Tirabassi e Rocco Papaleo sono presenti nel nostro ultimo album, Zan Zarà. Hanno proprio una passione parallela per la musica. Rocco è sempre stato un cantautore, ha sempre scritto e usato la musica nei suoi spettacoli: nasce una affinità naturale. Con Giorgio uguale, lui fa un brano in cui duetta e suona la chitarra in “Zan Zarà”.

Quanto è durata la lavorazione del disco “Zan Zarà”?

Non pochissimo, dopo tanti anni di dischi live, siamo tornati in studio, ci siamo levati sfizi musicali, anche coinvolgendo ospiti. Abbiamo anche noi le voglie del quartetto d’archi, di fiati… Siamo stati in studio un paio di mesi, abbiamo fatto un lavoro certosino. Credo che, musicalmente sia fatto bene, anche grazie alla Irma Records che ci ha sostenuto in tutto e ad Alex Marton, il produttore.

Ultima domanda: siete stati candidati ai Grammy Awards 2018 con l’album Live in Capalbio 3.0, avete partecipato a Tu si que vales, avete fatto spettacoli teatrali e collaboratori con grandi attori… Il prossimo step quale sarà?

Un film? (ride) Perché no. E’ un’arte che racchiude tutto! In effetti sognavamo sempre il teatro in passato… Io la butto lì, il cinema. Esageriamo, intanto è gratis! (ride)

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