Ntò parla del nuovo disco Nevada: “L’album tratta di un mondo arido fatto di futili divertimenti”
Soundsblog intervista Ntò in occasione dell’uscita di Nevada, il suo nuovo album: ecco tutto quello che ci ha raccontato.
Nel pieno dell’emergenza Coronavirus Soundsblog “incontra”, seppur in via telematica, Ntò. Il rapper campano fondatore insieme a Luché del duo Co’ Sang. Uscirà infatti il prossimo 27 febbraio Nevada, il suo nuovo album.
Il disco, anticipato dal singolo omonimo e da Salut, contiene all’interno un totale di 12 tracce, che spaziano e attraversano diverse influenze musicali e vedono le collaborazioni di artisti come Jake La Furia, Enzo Avitabile, Nina Zilli, Giaime, Gianni Bismarck, Emiliana Cantone e Nico Tesla.
Soundsblog ha avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con il rapper (purtroppo soltanto telematiche, causa Coronavirus!), che ci ha raccontato come è nato il progetto e il percorso che ha portato alla pubblicazione del disco. Qui sotto la nostra intervista.
Ciao Antonio. Parto da una curiosità: hai deciso di far uscire un altro disco a solo un anno di distanza da Rinascimento, è una cosa piuttosto inedita. Hai avuto un guizzo di ispirazione?
Rinascimento era una raccolta di singoli usciti, nel 2016 e 2018. Avevo intenzione di fare uscirli mese per mese, poi alcuni singoli sono usciti un po’ più a distanza gli uni dagli altri. Ma inizialmente era appunto inteso come come un mixtape. Per l’album ufficiale, che io vedo più come un’opera, ho adottato lo stesso approccio attuato da Travis Scott con Astroworld. L’idea era quella di tenere alcuni pezzi da parte, senza però lasciar passare troppo tempo. Avevo una visione, metterci dentro pezzi un po’ più “da album”. Volevo fare un album più importante. Il periodo di riferimento non è dopo tutto così ristretto, perché alcune idee io le avevo conservate tempo prima proprio per il disco.
Il disco ha un filo conduttore? Come è nato? Le canzoni insieme valgono più che altro una playlist? Come l’hai inteso tu?
Si, il filo conduttore del disco più che l’argomento dei pezzi è proprio la loro importanza, sono tutti brani che io vedevo più “da album”, come ti dicevo. Avevo voglia di dargli un’importanza maggiore, pensa anche per esempio alle collaborazioni che sono al suo interno.
Nevada è il primo singolo ed è una ballad dal sapore rnb. Da cosa è emersa questa dolcezza?
C’è un pezzo fratello di questo brano all’interno del, che è il pezzo con Jake la Furia, sono pezzi che fanno parte del mio lato più pop mainstream. Io in passato già ne avevo fatti in passato come Il Coraggio Impossibile e Quando passi, quella parte un po’ più “italiana” ce l’ho sempre avuta. Il pezzo nasce da una mia vena un po’ emo che negli anni ho sviluppato, me la sono trovata addosso quasi senza volerlo. Con emo, mi riferisco al grunge di Kurt Cobain, giusto per farti un esempio.
Perché Clementino nel pezzo canta “Napoli is Nevada”?
In realtà lui ha fatto un parallelismo suo, per me questo concetto nell’album è ancora più allargato, è allargato ai tempi che stiamo vivendo, un deserto di futili divertimenti. Mi sembra che la gente finga di divertirsi, che finga di stare bene, fingiamo tutto che sta andando alla grande, parla di questa cultura “vincente”. Il Nevada è dove c’è Las Vegas, parla un po’ di questa vita, diciamo artificiale. Poi nel pezzo di per sé ci sono mille altri parallelismi. Questo però è un po’ il motivo per cui ho chiamato così il disco.
Nell’album c’è un pezzo dove si canta in francese, Salut, in collaborazione con Speranza. Come mai questa contaminazione?
Lui è cresciuto in Francia e suo padre vive lì. Io dal canto mio l’ho sempre avuto questo rapporto speciale con la Francia, con i Co’ Sang siamo stati spesso a Parigi, mi ascoltavo i Lunatik, noi nel secondo album Vita Bona abbiamo anche fatto un pezzo con dei francesi, con il produttore Akhenaton. La nostra relazione con il francese è stretta, abbiamo tanti amici a Parigi, conosciamo tanti artisti, penso ad uno dei PNL per esempio. Per me è inevitabile che ci sarebbe stata una connessione. Parigi e i francesi, poi, stanno davvero avanti, anche alla luce delle loro stesse radici.
Te l’avranno già chiesto in tanti ma il progetto Co’ Sang è concluso? C’è speranza, in futuro, di una reunion?
Non si sa, non si può sapere. Noi non ne parliamo, non è in programma. Va bene così, alla fine.
L’approccio della musica napoletana è mai stato un limite, per esempio, durante i tuoi live? Oppure hai sempre visto anche i tuoi fan nordici cantare le tue canzoni?
Il napoletano ormai è stato sdoganato tantissimo, soprattutto negli ultimi due o tre anni. Ovviamente devi dare per forza qualcosa anche in italiano ai fan settentrionali, è inevitabile, d’altra parte abbiamo una lingua nazionale. La lingua non è una barriera, dipende a chi vuoi rivolgerti. Ai fan del settentrione serve per il “singalong“, è più facile. L’uso della lingua dipende a che punto sei della tua carriera e che tipo di necessità hai. Ai concerti vedo indiscriminatamente cantare in italiano e in napoletano, chi viene al concerto in ogni caso viene preparato. Certo è che se sei romano o milanese e canti in napoletano capisco che ci possa essere anche un po’ di imbarazzo!
Parliamo di colonne sonore. Hai lavorato a quella di Gomorra. Altre in progrmma? Ti interessa la cosa?
Sì. ho fatto la sigla di tutte le edizioni di Gomorra. La sigla è stata scritta ad hoc, altri pezzi miei vecchi con i Co’Sang per esempio sono stati poi inseriti negli anni nella serie, io e Sollima fra l’altro abbiamo un bellissimo rapporto. Sarò onesto: le colonne sonore mi piacciono tantissimo perché, al di là di tutto, sono estremamente remuneranti.
Ultima domanda doverosa e a bruciapelo, a questo punto: sei tu Liberato?
No!