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Paradise Lost a Trezzo: foto-report dal concerto al Live Club, Novembre 2015

Serata dalle forti tinte gotiche a Trezzo, fra godimento e malinconia. Ecco com’è andata.

pubblicato 4 Dicembre 2015 aggiornato 28 Agosto 2020 23:31

Il nostro inviato Eugenio Crippa è stato a Trezzo per il concerto di Paradise Lost e Lucifer: ecco il suo report e le sue foto.

Serata dalle forti tinte gotiche quella dello scorso 2 novembre presso il Live Club di Trezzo D’Adda, guarda caso coincidente con il giorno della commemorazione dei defunti; osservazione questa che, considerati i recenti e sconvolgenti attentati parigini di metà mese, risulta forse ancora più macabra. Ma il compito di certa musica ‘del diavolo’, in ogni sua forma e genere, non è invocare, quanto piuttosto esorcizzare lo spettro della morte e i lati più oscuri e deprimenti di questa nostra esistenza terrena.

Il rito è aperto dai Lucifer, band con un solo disco all’attivo – “Lucifer I”, non a caso pubblicato dalla Rise Above di Lee Dorrian – che si distingue in particolare per la presenza alla chitarra dello storico chitarrista dei Cathedral, Gaz Jennings, e dell’appariscente Johanna Sadonis al microfono, già in forza nel ‘female doom duo’ The Oath. A un esordio discografico molto buono è stata accompagnata un’esibizione non sempre all’altezza delle aspettative. Senza dubbio si tratta di una formazione che soffre parecchio del clima dispersivo del locale di Trezzo, e che risulterebbe estremamente più godibile nel contesto di un piccolo club underground; in secondo luogo, le litanie invocate dalla sacerdotessa Sadonis risultano alla lunga monotone e monocorde, un lamento a cui le grazie e le movenze della fanciulla sul palco possono rimediare fino a un certo punto. Vi sono decisamente ampi margini di miglioramento e se, come si prevede, l’avventura dei Lucifer proseguirà dando alle stampe almeno un successore del loro LP d’esordio, allora potremo valutare dove è posto il confine tra la pura immagine e il contenuto.

Dei cari vecchi Paradise Lost abbiamo discusso più di una volta da queste parti, e per qualche strana ragione le metafore sentimental-sessuali si sono sempre rivelate perfette per sintetizzare in una manciata di parole la loro prestazione concertistica. Diciamolo fin da subito: questa volta il responso è decisamente positivo, anche in rapporto a precedenti esibizioni da cui si rincasava con un discreto senso di amarezza e incompiutezza. Ma veniamo al dunque: assistere oggi a uno show dei Paradise Lost è come finire a letto, per una qualsivoglia ragione o circostanza particolare, con un ex-partner che si credeva ormai perduto: il godimento non manca, ma è accompagnato da un velo di malinconia, legato a certi difetti del passato che, ahimé, non sono per nulla stati appianati. E il difetto principale è, ancora una volta, legato alla brevità dell’esibizione – un’ora e venti circa – che non pare vera per un gruppo che già due anni fa celebrò il proprio 25° anniversario e che conta ad oggi, con l’ultimo “The Plague Within”, quattordici full-length. Quattordici.
Il bicchiere mezzo pieno è invece rappresentato da una prestazione finalmente solida e d’impatto, decisamente superiore a quanto visto negli anni scorsi. A questa piccola rinascita contribuisce senza alcun dubbio il ritrovato timbro cavernoso del singer Nick Holmes, qualcosa che da almeno un paio di decenni probabilmente teneva in sordina e che è riaffiorata sì nei Paradise Lost, ma ancor prima con i Bloodbath, supergruppo death metal svedese nella cui line-up Holmes è andato a sostituire nientemeno che Mikael Åkerfeldt degli Opeth.

Discograficamente parlando tutto pare perfetto. Tornano i suoni di un tempo, le atmosfere plumbee dei vecchi capolavori (comunque aggiornati alla decade in corso), e la felicità dei fan è sostanzialmente assicurata. Dal vivo le cose cambiano, e se il processo di ringiovanimento influisce positivamente anche sul palco, resta quel fondamentale difetto di cui sopra a impedire che un’ottima serata possa diventare memorabile. E oltre ai sette estratti dall’ultima release e due pezzi da “Gothic” – secondo album datato 1991, che verrà suonato per intero il prossimo aprile 2016 al Roadburn Festival a Tilburg – resta solo una manciata di brani sentiti ormai fin troppe volte…

Paradise Lost @ Trezzo – setlist

No Hope in Sight (The Plague Within)
Widow (Gothic)
The Painless (Gothic)
Terminal (The Plague Within)
Erased (Symbol of Life)
Praise Lamented Shade (In requiem)
Victim of the Past (The Plague Within)
Enchantment (Draconian Times)
Flesh from Bone (The Plague Within)
Beneath Broken Earth (The Plague Within)
As I Die (Shades of God)
Requiem (In Requiem)

Return to the Sun (The Plague Within)
Faith Divides Us – Death Unites Us (Faith Divides Us – Death Unites Us)
An Eternity of Lies (The Plague Within)
Say Just Words (One Second)

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