Povia era pro-gay? In Ma tu sei scemo, difendeva gli omosessuali. E dopo, cos’è successo?
La carriera del cantautore milanese, analizzata nei dettagli.
Ciò che voglio fare con questo articolo è analizzare il percorso artistico di un conosciuto cantante italiano, senza soffermarmi sul valore dei testi, sulle canzoni in generale o sullo stile musicale ma dedicandomi esclusivamente alla sua maniera di porsi al pubblico, di presentare i propri prodotti, al suo modo di “vendersi”. D’altronde, l’artista musicale è un venditore, le canzoni sono prodotti, capisco che è un discorso tutt’altro che romantico per chi concepisce la musica come pura arte ma la verità è anche questa e vendere non è affatto un verbo dispregiativo, in questo caso.
Abbiamo dedicato tanto tempo e spazio a Povia, cantautore milanese, non solo su queste pagine ma anche su altri blog, soprattutto “grazie” alle sue mirabolanti avventure visibili sulla sua pagina ufficiale Facebook.
L’idea di quest’analisi mi è giunta improvvisa durante l’ascolto di una canzone di Povia in onda su qualche radio sperduta nell’etere ma non voglio tediarvi con ulteriori particolari. La canzone era Ma tu sei scemo, singolo del 2005 estratto dall’album Evviva i pazzi… che hanno capito cos’è l’amore, e un verso della canzone recita così:
Ma tu sei scemo
quando dici che Ruggero con Simone
non avranno mai una vera relazione
perché non potranno mai avere un figlio.
Cosa?
Notato niente?
Non sono stato il primo ad avere avuto questa facile intuizione. I colleghi di Queerblog ne parlarono addirittura nel 2008, ai tempi della discussa e velatamente omofoba, Luca era gay, canzone giunta al secondo posto del Festival di Sanremo di quell’anno.
Ci sono arrivato con cinque anni di ritardo, direte voi. Sì, l’ho notato anch’io.
Se i colleghi di Queerblog, però, si sono concentrati sul mutamento di pensiero e ideologia di Povia (cambiare opinione è pur sempre lecito), io, come già scritto, vorrei concentrarmi sul modo di presentare le proprie canzoni, scelto da Povia.
Il mio pensiero stringato si può riassumere così: Povia ha smesso di fare l’artista e si è trasformato in un semplice commerciante di canzoni.
Nessuno può sostare nella mente di un’altra persona ma l’impressione maggiore è che Povia, in questi ultimi anni, si sia più preoccupato sul come smerciare le proprie canzoni che sulle canzoni stesse.
Diciamo la verità, tutti gli artisti fanno ragionamenti di questo tipo e non è un male: anche gli artisti devono mangiare e questa non è certo retorica.
Il modus operandi di Povia, però, è risultato talmente esplicito e di bassa lega che la sua credibilità come artista ne è uscita fuori danneggiata.
Riepiloghiamo i tratti salienti della sua carriera: Povia esplode quasi per caso, fuori gara al Festival di Sanremo 2005, con la canzone I bambini fanno ooh, un brano che mette d’accordo tutti al punto che il cantautore vola al primo posto e ci rimane per settimane.
Il successo del singolo è enorme e, di conseguenza, diventa ingombrante: Povia, però, riesce a bissarlo, seppur non con la stessa risonanza, con la canzone Vorrei avere il becco, vincitrice della kermesse sanremese nel 2006.
Da lì, un periodo di silenzio, un album passato quasi inosservato (La storia continua… la tavola rotonda, 2007) e poi il ritorno in pompa magna sui media, “grazie” alla canzone Luca era gay, scelta dal furbissimo Paolo Bonolis per il Sanremo del 2009.
Luca era gay è una canzone sulla quale è stato detto di tutto: molto ambigua, velatamente inneggiante al cambio volontario di orientamento sessuale, Povia cercò di pararsi il deretano con un verso in particolare (“Nessuna malattia, nessuna guarigione”) ma la frittata era ormai fatta.
Per Povia, però, fu tutto grasso colante: il cantautore costruì sul palco di Sanremo un teatrino continuo, mostrando una serie di cartelloni con messaggi scritti non a caso e indirizzati a persone ben precise (“Nessuno in fondo sa com’è fatto un altro” – “Nessuno ha sempre ragione” – “Serenità è meglio che felicità” – “Ognuno difende la sua verità” – “Il percorso è più importante del traguardo”), sfruttando a suo favore l’eco mediatico, ostentando un ego e una sicurezza mai mostrata prima.
Esattamente lì, nacque il Povia odierno: un cantante che sembra essere più interessato alla visibilità e a finire in copertina che a mostrare la propria arte.
Non è un caso che, l’anno dopo, Antonella Clerici, conduttrice del Sanremo 2010, in una vecchia intervista, gridò urbi et orbi “Voglio Povia!”, neanche si trattasse del Papa.
In quel preciso istante, la Clerici non stava richiedendo il Povia artista ma il Povia provocatore: presenza di Povia = polemiche = ascolti. E così effettivamente fu.
Il cantautore si presentò con una canzone ispirata alla vicenda di Eluana Englaro dal titolo La verità. L’iter di Luca era gay fu quasi rispettato con la differenza che Povia, quella volta, optò per delle esibizioni meno enfatiche.
Da lì venne tutto il resto: l’improbabile faida con i rapper, le prediche di stampo “celentanesco” sulla situazione politica ed economica italiana, gli sbeffeggiamenti su Facebook causati da un uso pessimo dei social network, una voglia, quasi una necessità, di polemizzare a prescindere.
Un po’ come quando l’ex concorrente di un Grande Fratello qualsiasi si inventa i flirt più improbabili solo per finire sui giornali. La tecnica è la medesima.
Tra i suggerimenti di Google, inoltre, i primi ad apparire sono “Povia fascista” e “Povia razzista”. Fate le vostre prove e le vostre considerazioni.
Recentemente, Povia è tornato nuovamente a parlare di Luca era gay, canzone che effettivamente l’ha danneggiato: in quel frangente, però, il cantante, invece di farsi qualche domanda, ha scaricato subito la colpa sui media plagiati da associazioni omosessuali e altre cretinate del genere.
Un’altra polemica, come volevasi dimostrare.
Tornando alla domanda del titolo. Povia era pro-gay?
Può darsi pure.
Ciò che è certo è che all’epoca, Povia si faceva meno calcoli e pensava più a cantare.
Foto | © Getty Images