Rancid 1 – Offspring 0, punk vincente: commenti (e foto) dallo Slam Dunk Festival Italy 2023
Rancid e Offspring sono stati i due headliner dello Salm Dunk Italy Festival 2023: ecco com’è andata!
Lo Slam Dunk Italy è stato un gran successo per tutti: per gli organizzatori che hanno ottenuto grandissi, per il pubblico che si è goduto una mezza vacanza al mare prima di sentire una manciata di band di ottimo livello, per il turismo in Romagna, per le band stesse che erano tutte esaltate dalla location.
Avremo tempo di parlare di tutte le band del day 1 e 2 (il pre-show del Giovedì con i Sum41 purtroppo non lo abbiamo seguito), ma per ora la cosa più interessante è parlare dei due pezzi forti, gli headliner che da soli hanno portato migliaia di fan al festival: Rancid il giorno 1, Offspring il giorno 2.
Sulla carta, con i freddi numeri alla mano, gli Offspring “hanno vinto”: un mese prima del festival, il loro giorno è stato dichiarato soldout. C’è anche da dire che i Rancid ci sono comunque andati vicini il giorno stesso dello show, quindi a livello di pubblico c’è un sostanziale pareggio.
L’effetto-nostalgia, invece, era diviso in maniera filosoficamente diversa: l’ultima volta che i Rancid furono headliner in Italia fu all’Independent Days 2003, e in 20 anni sono passati solo una volta nel 2017 come opener dei Green Day (dell’annullamento nel 2012 è meglio non parlare). La voglia di vederli era enorme, e in queste decadi il desiderio dei fan non si è placato: un pubblico che li amava in gioventù li attendeva con gioia, senza curarsi dei capelli bianchi. Gli Offspring invece si sono fatti un giro in Italia ogni paio d’anni, e nel tempo le loro canzoni hanno superato i confini di una generazione, attirando moltissime nuove leve. Ne consegue che il pubblico era anche differente: non è un caso se per i Rancid c’erano più “punk old school” (molti anche con figli a seguito!), mentre nella giornata degli Offspring c’era una quantità incredibile di gruppi di addio al celibato e nubilato, ad esempio. I Rancid portano avanti una certa filosofia, mentre gli Offspring si preoccupano più di far divertire – e lo fanno bene.
Dopo queste premesse, la domanda principale è: come sono stati i concerti?
In due parole: Rancid ottimo, ben oltre le più rosee aspettative, Offspring medi, con troppo fumo e poco arrosto.
I Rancid sono alla prima data del tour europeo, e questo è una benedizione per noi: la band è carica, ha tantissima voglia di suonare, Tim Armstrong è una palla di energia che non sta mai ferma per i 90 minuti di concerto. Gli Offspring sono in Europa da un mese, suonando ogni sera la stessa scaletta – il concerto, come si dice in maniera formale, “è un rituale ormai rodato”, la band sa cosa fare e lo fa di routine. Però iniziano con 15 minuti di ritardo, e dei 75 rimanenti ne trascorrono quasi 15 a parlare e cazzeggiare.
I Rancid iniziano rendendo omaggio a Tomorrow Never Comes, il nuovo disco uscito proprio oggi, ma poi si lanciano su Root Radicals e Radio, due grandissimi pezzi che potrebbero stare nei bis per mandare tutti a casa – i Rancid invece le usano per iniziare il concerto e fomentare a mille il pubblico. La polvere sollevata nel pogo e il livello di crowdsurfing sono incredibili, e si nota anche qualche lacrime fra chi, nelle prime file, canta con molta passione che “When I got the music I got a place to go”. I suoni sono perfetti, la scaletta procede senza pause, ma è soprattutto vedere la band di ottimo umore che aumenta la qualità dello show. Spesso Tim va a sussurrare qualcosa nell’orecchio di Lars, che sorride e annuisce, e lo stesso Tim gira continuamente per il palco, posizionandosi accanto ai suoi compagni o saltando dalle casse. Forse, la cosa che più mi ha colpito della grinta del signor Armstrong si è toccata durante Timebomb: mentre la folla impazziva, lui era così eccitato nel cantarla che spesso la sua bocca si allontanava dal microfono, mentre saltava sul posto e picchiava sulla sua chitarra. La passione si sente, anche dopo tutti questi anni.
Un concerto quasi perfetto? Sì, possiamo dirlo senza problemi, per la tecnica, la grinta e le emozioni suscitate.
C’è una piccola nota da fare, ma è una cosa che in realtà ai presenti a Igea Marina non importa: siamo stati veramente fortunati ad essere presenti alla prima data del tour, perché non ho idea di come arriverà la voce di Tim fra un paio di settimane. Nonostante moltissimi pezzi li abbia cantanti Lars Frederiksen, la voce di Tim perde sempre più di intensità da metà concerto in poi. Alla fine è decisamente affaticata, ma la finale Ruby Soho, per oggi, non ne risente. Siamo stati benedetti da una band in stato di grazia, godiamocela.
Anche gli Offspring iniziano il concerto con dei pezzi che esaltano il pubblico: Come Out And Play seguita da All I Want fanno urlare e saltare tutti, ma proprio tutti. Le cose procedono bene (anche se Hit That e Hammerhead non ottengono lo stesso livello di coinvolgimento), ma poi Bad Habit viene allungata a dismisura, ringraziando il pubblico prima del ritornello finale. Noodles e Dexter Holland sembrano prender gusto nel parlare, e finito quel pezzo attaccano con un altro siparietto, nel quale il chitarrista vuole dimostrare di essere bravo a suonare cose più complicate del punk, e inizia a proporre i riff di famose canzoni di Black Sabbath, Iron Maiden, Guns N’Roses e King Diamond. Al netto del fatto che probabilmente non tutti avranno indovinato di quali canzoni si trattasse, il modo in cui sono proposte è sicuramente fastidioso: i due continuano a parlare fra un riff e l’altro, e quando iniziano a suonare un famoso ritornello, lo interrompono proprio nel momento in cui il pubblico vorrebbe iniziare a cantare. Insomma, far esaltare tutti con Sweet Child o’ Mine e poi bloccarsi quando tutti ormai stanno per urlare “She’s got a smile that it seems to me / Reminds me of childhood memories” equivale ad un coitus interruptus. E come se tutto questo non bastasse, quando il siparietto delle cover metal si conclude… gli Offspring si lanciano in una cover di Blitzkrieg Bop. Non che sia un dispiacere ascoltare i Ramones, ma avevamo bisogno di questa cover nel mezzo di un concerto già corto?
Gli Offspring poi tornano sui binari, con le attesissime Gotta Get Away e Why Don’t You Get A Job (forse la più cantata e ballata della sera!), ma il ritmo sembra essersi spezzato.
Certo, a fine serata le migliaia di persone, mentre lentamente escono dal Parco Pavese, sono contente – quindi in generale gli Offspring hanno portato a casa il loro compito di intrattenere la gente. Ma da qui a dire che sia stato un concerto memorabile, ce ne passa – soprattutto se paragonato alla passione dimostrata il giorno prima dai Rancid, ma anche solo paragonato al concerto al Carroponte del 2022, che avevo decisamente lodato.
Un’ultima nota, prima di passare alle foto: gli Offspring non hanno concesso ai fotografi preenti di scattare da sotto al palco – con una decisione presa all’ultimo minuto, hanno chiesto di andare a fare foto dal mixer (decine di metri più indietro).
E’ per questo che qui sotto trovate una galleria fotografica dei Rancid, mentre per gli Offspring posso offrire un paio di foto che scattai a Londra nel 1996, quando li vidi in un piccolo club per l’ultima data del tour di Smash, con Social Distortion in apertura.
Rancid allo Slam Dunk Italy: la scaletta
Tomorrow Never Comes
Roots Radicals
Radio
Maxwell Murder
The 11th Hour
Journey to the End of the East Bay
Dead Bodies
Black & Blue
East Bay Night
Side Kick
Salvation
Bloodclot
Ghost of a Chance
Gunshot
Listed M.I.A.
I Wanna Riot
Old Friend
Hoover Street
Rejected
St. Mary
Olympia WA.
The Wars End
Something in the World Today
Fall Back Down
Tenderloin
Time Bomb
Ruby Soho
The Offspring allo Slam Dunk Italy: la scaletta
Come Out and Play
All I Want
Want You Bad
Staring at the Sun
Hit That
Hammerhead
Genocide
Bad Habit
Iron Man / The Trooper / Sweet Child o’ Mine / In the Hall of the Mountain King
Blitzkrieg Bop
Gotta Get Away
Why Don’t You Get a Job?
(Can’t Get My) Head Around You
Pretty Fly (for a White Guy)
The Kids Aren’t Alright
—–
You’re Gonna Go Far, Kid
Self Esteem