Renato Zero, Amo – Capitolo 2: “Ho sempre cantato poco Roma, in questo disco ho voluto fare un omaggio”
Il cantautore romano ha svelato anche qualche anticipazione sul ‘capitolo 3’
Non c’è due senza…tre? Durante la presentazione del secondo capitolo di “Amo”, l’ultima fatica discografica di Renato Zero, il cantautore ha già presentato i suoi progetti per il futuro.
Insieme al tour, che sta avendo un ottimo successo, dopo l’uscita di “Amo – Capitolo II” (29 ottobre), il 26 novembre uscirà infatti anche “Amo – Capitolo III”, che trasformerà quindi “Amo” in un trilogia: il cofanetto racchiuderà i primi due dischi, un puzzle/poster più, come bonus, la spiegazione della realizzazione di entrambi a cura di Zero stesso (“Renato racconta”).
“Sono due dischi spaventosamente belli, lo dico con una convinzione totale”, ha spiegato Zero durante la conferenza stampa, “Bisogna investire seriamente, bisogna fare prodotti all’altezza di essere promossi. La gente sa già chi siamo, noi e gli altri della mia generazione”.
Renato non sapeva, quando ha iniziato a lavorare ai dischi, che sarebbero stati due: “Abbiamo lavorato su quattro fronti su tutte le canzoni dell’albuum. Mi sono assunto l’onere che questi lavori fossero compatibili. Prima abbiamo steso la parte primaria, ovvero le ritmiche. Una volta che il tutto era omogeneo mi sono chiuso in studio per chiudere il capitolo uno. Dopo averlo pubblicato mi sono richiuso in studio per il capitolo due”
Sul secondo capitolo di “Amo” hanno lavorato tre grandi produttori artistici: Trevor Horn, Danilo Madonia e Celso Valli. “E’ stato bello potermi mettere alla prova con questa convivenza. Stimo molto Trevor, il mio prossimo lavoro vorrei farlo con lui”.
Nella sala della conferenza stampa era presente un’immagine di Renato insieme a Mimì e Loredana Bertè. Un ricordo di quando tutti e tre soggiornavano insieme a Milano, alla ricerca di un contatto discografico. Non si poteva quindi non parlare dei grandi cantanti della musica italiana: “Nella mia generazione qualcuno si è perso, la commistione tra politica e musica ha inquinato un po’le acque, ma poi si è andati dove si doveva andare. Oggi basterebbe un’attenzione maggiore da parte di tutti”.
C’è un grosso problema legato alle nuove generazioni: “Non trovo giusto che l’artista oggi deve cantare quello che vuole il produttore. Gente come Lucio Dalla non ne vedremo più. Oggi c’è il desiderio di snaturalizzare la gente, di incanalarla. Ma se non c’è chi scrive agli artisti una canzone decente…Gli artisti italiani devono anche avere la possibilità di sbagliare per crescere. A chi è cresciuto ieri è stata data quella possibilità”. Oggi insomma si guarda troppo all’esteriorità: “Una volta si diceva, facci sentire cosa sai fare, e basta”.
Mancano ‘i luoghi della musica’, per favorire l’incontro tra i giovani: “Se tu prendi un ragazzo, lo metti da solo davanti al Pro Tools (software per produrre musica ndr.), alla fine la musica diventa un soliloquio triste. Noi suonavamo in una cantina, mettevamo i cartoni delle uova sui muri per non far passare il suono…sentire il basso e trovare sul giro del basso la batteria…quella era linfa. Sette note riescono a fare delle cose imbarazzanti. Date spazi ai giovani, create un palazzo della musica. Questo sarebbe un grande passo, i giovani devono incontrarsi e suonare. La musica da sola non suona”.
Nel disco infine c’è un omaggio a Roma, la città eterna, nel brano “amoR”: “Ho voluto fare questo omaggio. Non ho mai cantato granchè Roma, la mia Roma l’ho tenuta sempre un po’ lì. Dovendo parlare di questi miei anni di militanza della musica e di quello che questa citta mi ha dato – io cantavo in piazza quando i teatri non mi volevano -, Roma non si è mai negata”.