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Rita Pavone: “I discografici non ti permettono di cambiare”

Le parole della Pavone: “A distanza di tempo un artista sente i suoi pezzi in maniera diversa. E accade perché si cresce, ma i discografici non ti permettono di cambiare, e per una femmina è ancora peggio”

pubblicato 30 Novembre 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 01:31

Rita Pavone è tornata a parlare del suo ultimo album intitolato Masters e autoprodotto perché “tanto i discografici non me l’avrebbero fatto fare”. E sono proprio i discografici il bersaglio preferito dalla cantante in un’intervista rilasciata a Il Manifesto:

Per anni sono stata legata a contratti discografici e a imposizioni sul repertorio da scegliere, quindi dovevo fare anche cose che non volevo fare. Io per esempio quando vedevo Dalla cantare Caruso interpretandolo in maniera sempre diversa, non la vedevo come una questione di snobismo da parte sua. Era che a distanza di tempo un artista sente i suoi pezzi in maniera diversa. E accade perché si cresce, ma i discografici non ti permettono di cambiare, e per una femmina è ancora peggio. Se hai avuto successo da ragazzina è difficile che ti lascino maturare. Un cantante è come un attore, non può recitare lo stesso ruolo per sempre. (…) Bisogna permettere alle persone di saper fare altro anche perché – se si ragiona in termini commerciabiili – le generazioni cambiano e non è detto che le cose fatte in passato possano ancora interessare.

A questa volontà di innovarsi, di mutare e di crescere si deve evidentemente l’eterogeneità dei pezzi contenuti nell’album. Nel secondo cd, dove sono riproposti gli stessi brani ma in italiani, grande spazio lo ha Enrico Ruggeri, che ha firmato ben cinque tracce:

Era un sogno avere Enrico nel disco, pensavo non avrebbe accettato di lavorare con me per via dei soliti pregiudizi. Se ci sarà un disco di inediti, mi piacerebbe lavorare ancora con lui. È veloce, ha un’idea e immediatamente compone. Le versioni in italiano mi hanno permesso di incidere e interpretare in maniera differente rispetto al primo cd, perché così costringi chi ti ascolta a non annoiarsi mai.

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