Ron: “Il successo dei talent show c’è anche perché i ragazzi cantano brani conosciuti”
Il cantautore ha presentato la sua autobiografia “Chissà se lo sai”.
Dopo aver scritto tante canzoni (per sé e per altri artisti), per Ron è arrivato il momento di scrivere qualcosa di diverso. Un libro. Sì, perché Rosalino Cellamare ha scritto Chissà se lo sai, la sua autobiografia.
Come ha raccontato il cantautore in un’intervista all’Ansa questo libro nasce “per raccontare se stessi, andando oltre la musica per tirare le somme di 45 anni di carriera e far emergere il personaggio Ron, un uomo in continuo movimento che ormai ha fatto pace con l’uomo Rosalino“. Ad ogni capitolo è associato un vino e non mancano aneddoti su altri artisti: il suo punto fermo Lucio Dalla (“Negli ultimi anni non lavoravamo più insieme, ma eravamo comunque un riferimento l’uno per l’altro. E’ questo quello che manca di lui: l’essere un riferimento musicale. Lui era quello a cui facevi sentire un brano quando lo scrivevi. Ora non c’è nessuno. E poi, oltre a essere un grande artista, era una persone grande dentro. Aveva un’apertura incredibile“), Biagio Antonacci che faceva il carabiniere e Ivana Spagna che disse no al duetto con lui in “Vorrei incontrarti fra cent’anni“, pentendosene.
Nell’intervista Ron spiega anche come – a suo parere – la musica sia cambiata con l’avvento dei talent show verso i quali sembra essere abbastanza critico:
Si è “televisionata” e gli artisti vengono scelti per le loro potenzialità di portare a casa una serata in termini di share. Il successo dei talent show c’è anche perché i ragazzi cantano brani conosciuti. Non avrebbero lo stesso successo con brani nuovi. Diciamo che manca quella libertà che avevamo un tempo, ora le regole si sono fate stringenti: lunghezza e ritmo devono essere quelli giusti se vuoi passare in radio e far sapere che hai scritto qualcosa.
A proposito del Festival di Sanremo (che pure vinse nel 1996) di oggi parla di evento come in cui si rischia:
Ci vollero 18 anni prima che tornassi su quel palco dopo la prima esibizione nel 1970. Oggi andare a Sanremo vuol dire rischiare e molto, ma per non rischiare bisognerebbe smettere di giocare.